Viviamo nell’era del Web 2.0, dei social network, degli Emoji, dei podcast, di Whatsapp, dei blog e dei collegamenti wireless a velocità supersonica. Viviamo in un mondo fatto di tecnologia, e che pian piano sta diventando, forse, perfino succube di tanta beltà futuristica. Ma tant’è, oramai siamo immersi in tutto ciò che attorno a noi è costituito da microchip e memorie di archiviazione magnetiche o solide, e per tal motivo, godiamocele pure, e utilizziamole come meglio crediamo. Per esempio? Nello sport.
Nel Tennis, così come nel Football Americano, già c’è tanta tecnologia a supporto dei direttori di gara: il cosiddetto “challenge”, ovvero la possibilità di affidarsi al replay, al virtuale, al computer, per determinare l’esistenza di un fallo, o di un’irregolarità. Nel calcio, si sta pian piano considerando possibile l’inserimento dell’occhio di falco, per evitare dubbi negli spinosi casi di “gol-non gol”. Una sorta di moviola in campo-versione limitata, da utilizzare solo nella ristretta area tra la linea della porta e la rete, esattamente laddove il riflesso umano non è sempre in grado di captare la realtà delle cose. Beh mi direte – meglio quella che niente, no? (“No”, secondo qualcuno. Ma è un altro discorso).
Dunque, abbiamo detto di challenge, moviola in campo, occhi di falco, simulazioni al computer e tante altre cose prodigiose forniteci da questa modernità che avanza e non ammette – anche giustamente – che qualcuno non stia al passo. Modernità che ultimamente sembra essersi addirittura superata, consentendo all’uomo godere di tre occhi. Due appiccicati sulla fronte, e uno… che vola.
I “droni”. Robottini che fluttuano, dotati di telecamere ad alta definizione, utilizzata per:
– puro divertimento (filmare dall’alto i bimbi che giocano in giardino col cane);
– passione (realizzare riprese dall’alto di panorami mozzafiato);
– gestire gli allenamenti della propria squadra. Già.
Ne avrete letto tutti, suvvia. Il nuovo tecnico del Napoli si aiuta con un drone per le sue sessioni di allenamento. Soluzione curiosa, diciamolo: a metà tra il simpatico e il nerd. Non è una novità per lui, sia chiaro: Sarri era solito servirsi dei droni anche quando allenava l’Empoli, e magari anche questi robottini avranno i loro meriti se i toscani hanno fatto un grande campionato, nella scorsa stagione. Certamente, ora che veste l’azzurro partenopeo, tutto ha più risalto, dato sia il blasone diverso tra la piazza napoletana e quella empolese, calcisticamente parlando, sia quel folklore che fa apparire le cose più particolari, belle, diverse, e anche un po’ paradossali, se fatte a Napoli.
Ah, questa modernità. Io me lo immagino Sarri, che durante una lezione sui meccanismi difensivi riprende tutto dall’alto per poi, nel pomeriggio, chiamare la squadra a rapporto e delucidarla sui movimenti errati e quelli, invece, giusti, effettuati in allenamento. Mica c’è qualcosa di sbagliato, dopotutto: abbiamo questi aggeggi, usiamoli, in fin dei conti la tecnologia è al servizio dell’uomo, e lo è anche nello sport.
Poi, ti sovviene l’Enac. L’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile. Che in un capitolo dedicato esattamente agli aggeggi telecomandati che volano, spiega che… è severamente vietato farli volare sulla testa delle persone. Cosa che capita sui campi di allenamento, perché quelli che si allenano, è vero, sembrano essere bionici a volte, ma… sono organismi in carne e ossa. E se un giorno dovesse cascare a uno di questi un drone in testa, già: sarebbero comunque dolori.
Ma via, non siamo catastrofici. Pensiamola in maniera positiva, innovativa. Sarri? Un precursore, perché ha dato l’esempio e ora c’è qualcuno che lo copia. Saprete, infatti, che da poco, questi droni, ha iniziato a usarli anche Mancini, per la sua Inter. E non è escluso che ben presto altri lo faranno, se la cosa risulterà utile (e sembra che lo sia). In fin dei conti, questi robot non sono nient’altro che telecamere con le ali. Geniali. E anche un po’ pesantucce, ma chi se ne importa, è solo un dettaglio. Alla fine, ciò che conta è il risultato, e sono secoli che…. exitus acta probat. No?