Higuaín, accanimento ingiustificato

Un calcio di rigore può essere molte cose.
Quel singolo gesto tecnico, che dura davvero pochi secondi tra preparazione e realizzazione, ha molteplici significati e conseguenze. Ieri abbiamo visto la parte “bella”, ossia cosa possa significare un calcio di rigore decisivo realizzato, come nel caso di Alexis Sánchez; oggi parliamo invece dell’altra faccia della medaglia, quella che ha le sembianze del Pipita Gonzalo Higuaín, numero 9 argentino che ha fallito l’ennesimo rigore decisivo della sua stagione.

Prima punta moderna d’alta scuola, rapace dell’area di rigore, capace di dialogare con i compagni sulla trequarti e dotato di una visione di gioco fuori dal comune, Higuaín è globalmente riconosciuto come uno degli attaccanti più forti nel panorama calcistico mondiale. Eppure negli ultimi mesi, complici alcuni errori decisivi commessi con le maglie di Napoli e Argentina, la sua forza è stata messa in discussione. Oggi, dopo la sconfitta ai rigori patita in finale di Copa América contro il Cile — anche a causa del suo errore dal dischetto — è il primo dei crocifissi in casa argentina.

Ma ha davvero senso mettere sul banco degli imputati una punta come El Pipita? Non è un bravo rigorista, si è visto, ma se questo sillogismo fosse davvero valido allora Balotelli sarebbe una delle punte più forti del mondo. E non ci pare sia esattamente così, al momento.
Gli si può imputare, forse, solo l’ostinazione con cui ogni volta di presenta sul dischetto del rigore: hai sbagliato tanti rigori in questa stagione, prima di calciare il tuo cervello ovviamente ripasserà velocemente tutti gli errori fatti fin qui, la possibilità che tu possa sbagliare di nuovo è altissima. Lascia tirare qualcuno che ha la mente più sgombra.
Critica pacifica, giusta. Dovuta, se vogliamo.

Ma mettere in dubbio le sue qualità, la sua forza, il suo essere determinante per il gioco offensivo di una squadra di calcio (che sia il Napoli, l’Argentina o qualsiasi altra compagine che abbia bisogno di una punta come lui) ci sembra veramente eccessivo.
Ad avercene, come Higuaín.
I tifosi napoletani che rimpiangono Cavani si dimenticano (o sottovalutano) quanto fosse accentratore il Matador, quanto oscurasse i compagni di reparto, quanto fosse — sì — un giocatore totale capace di fare entrambe le fasi, ma altresì non particolarmente affine all’ultimo passaggio e quanto, invece, Higuaín abbia fatto — anche lui — un numero comunque elevato di gol, ma al tempo stesso l’abbia condito con una quantità enorme di assist per i vari Callejón, Mertens, Hamšík e compagnia.
Una prima punta moderna con un carattere vincente, desideroso di vincere e di raggiungere sempre il traguardo massimo. L’ultimo ad arrendersi nel preliminare di Champions contro l’Athletic Club e l’ultimo ancora a credere a un’insperata qualificazione alla prossima Champions nel campionato di quest’anno.
Va bene, non ha segnato contro il Dnipro in semifinale di Europa League, ma è innegabile che il portiere degli ucraini abbia compiuto miracoli senza sapere bene come; va bene, ha sbagliato il rigore forse decisivo contro la Lazio, ma è altrettanto innegabile che sul risultato di pareggio ce l’aveva portato lui, il Napoli.

Il punto è: si può cambiare idea su un attacante solamente per degli errori dal dischetto o per miracoli del portiere avversario? Secondo noi no. Non può passare sotto traccia il lavoro enorme fatto per la squadra e le qualità dimostrate sul campo.
Avrà sbagliato un (qualcuno in più, forse) rigore, ma non è da questi particolari che si giudica un giocatore.

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Francesco Mariani