Dalla capitale europea che fa sognare per storia e romanticismo la Diamond League riparte da Parigi dopo circa un mese di pausa. I Trials americani hanno lasciato un forte dubbio: come sta Usain Bolt? La preoccupazione regna sovrana giacché il fenomeno giamaicano non vi ha preso parte e, addirittura, ha dato forfait per due tappe del circuito. Bolt resterà per un breve periodo a Monaco di Baviera monitorato dal luminare Hans-Wilhelm Müller-Wohlfahrt, l’ex dottore del Bayern recentemente licenziato che gli ha diagnosticato un blocco dell’articolazione sacro-iliaca che crea pressione su ginocchio e caviglia e limita i movimenti.
Partiamo con il giavellotto femminile vinto dalla solita Barbora Špotáková con un 64.42 (al secondo dei tre tentativi) che sbaraglia la concorrenza di Mickle e Viljoen e corrisponde al suo primato stagionale. Nel getto del peso femminile, invece, vince la tedesca Schwanitz con 20.31, misura cui le altre non si avvicinano. Il disco maschile conferma il dominio del polacco Malachowski con 65.57: secondo l’ungherese Zoltán Kővágó (65.23), terzo Gerd Kanter con il SB di 64.11.
Passiamo ai salti, stranamente deludenti in questo meeting di Diamond League a dir poco spettacolare. Nell’alto maschile il russo Tsyplakov si aggiudica, per ragioni di precedenza nel conseguimento dell’altezza finale, la posta in palio con un 2.32 che condivide con Thomas: malissimo Barshim che stecca tre volte a 2.32 e chiude mestamente a 2.29 (ottavo Fassinotti a 2.24). Nel salto con l’asta sorprendente vittoria del greco Filippidis (5.91) e ancor più sbalorditiva prova negativa del maestro Lavillenie, sesto. Sventola la bandiera americana nel salto in lungo grazie all’8.19 di Hartfield con un -0.9 di vento, secondo il francese Gomis a 8.13, terzo l’8.07 dell’aussie Lapierre. Le donne hanno gareggiato nel triplo e la vittoria è stata conseguita dalla colombiana Ibargüen con 14.87 al quarto tentativo.
Nelle corse di fondo, i 5000 femminili hanno avuto una sola regina: ha stravinto l’etiope Genzebe Dibaba su Ayana con un ultimo giro mostruoso da 61”17, un tempo quasi maschile che le permetterebbe l’accesso a un gradino del podio in un Europeo. Poi tre nuovi record mondiali dell’anno, riscritti tutti in questa magica serata, aventi firma keniota: alludiamo al 7’58″83 di Birech nei 3000 siepi maschili, al 3’30″12 di Kiplagat nei 1500 e all’1’56″99 di Eunice Sum negli 800m.
Nello sprint Wayde van Niekerk vince nei 400 piani col tempo di 43”96 (superato il tanto contestato 44”01 di Makwala), mai un atleta del Sud Africa è riuscito a correre così forte su questa distanza e mai un africano è sceso sotto la soglia dei 44”; gradito ritorno della campionessa mondiale Zuzana Hejnová che trionfa nei 400 ostacoli con un season best pari a 53”76 davanti a Pedersen (53”99 in ottava corsia, nuovo record di Danimarca) e Adeyoka (54”12).
La grande sorpresa dei 110 ostacoli maschili è il cubano Orlando Ortega che con un 12”94 da primato del mondo della stagione straccia, in settima corsia, la concorrenza di David Oliver (12”98) e di Shubenkov (13”06 che equivale al record di Russia). Delude l’idolo di casa Martinot-Lagarde. I 100 metri sono solo giamaicani: tra le donne vince Shelly-Ann Fraser con 10”74 mentre tra i maschi Powell abbassa di tre centesimi il season best con un 9”81 che corrisponde alla risposta della Giamaica alle bordate degli statunitensi. Per l’ottantasettesima volta Asafa scende sotto il muro dei dieci secondi. Nota di merito per il francese Vicaut, secondo al traguardo ma vincitore morale avendo stabilito il primato di Francia ed eguagliato il record europeo con 9”86.