Leggerezza, dettagli che mancano, o mancanza di fortuna? La storia della nazionale inglese vive di bivi: si parla spesso e volentieri di un mondiale 1966 vinto in casa, con episodi dubbi e ancora oggi capaci di far storcere il naso, ma ci si dimentica tutto il resto: gol di mano subiti e, soprattutto, tante uscite ai calci di rigore, sino al gol non dato a Lampard nel 2010. Una dopo l’altra, altro che la maledizione italiana (splendidamente smentita a Berlino ma anche ad Amsterdam, prima), e se è vero che un’uscita ai supplementari o ai rigori equivale pur sempre a una non vittoria, un po’ di fattore C è mancato dalle parti della FA. In mezzo, ovviamente, tanta mediocrità, come negli anonimi mondiali maschili brasiliani, problemi atavici e un calcio tatticamente indietro rispetto alla sfida internazionale. È in questo contesto che la nazionale inglese femminile ha raccolto la sfida: appassionare una nazione disillusa (dove non ci si mettevano i rigori, ci si metteva l’impreparazione) ai colori dei Tre Leoni, diventati Lionesses nel soprannome della squadra. Movimento in crescita, vicino alla vetta europea (secondo posto a Finlandia 2009), campione con l’Arsenal nel 2006-2007; crescita rallentata e interrotta con la fine del ciclo di Hope Powell, e il crollo a Euro 2013. In controtendenza adesso, sotto la direzione di Mark Sampson: semifinale mondiale, e quando mai era successo?
La ripresa è lenta, timorosa, di attesa. Più passano i minuti, più cresce il timore. La paura che l’attaccante trovi la zampata vincente da un tuo errore, che un fuorigioco sbagliato lasci la porta spalancata, che quell’attimo di distrazione ti costi 4 anni di lavoro. Succede che il Giappone è un po’ stanco e il miglior momento le inglesi lo vivono attorno all’ora di gioco: traversa di Duggan al 62′, un’occasione poco dopo e quasi quasi pensano di farcela. Quasi è la parola chiave: quando tutto sembra apparecchiato per i supplementari (vuoi mettere spezzare la maledizione dei calci di rigore?), Laura Bassett sporca un lancio lungo giapponese, cercando di salvare in corner. Ma la palla colpisce la traversa, batte oltre la linea di porta e manda il Giappone in finale: è il 92′ e l’Inghilterra non c’è più.
A Vancouver ci sarà la riproposizione dell’ultima finale iridata e le ragazze di Saori Ariyoshi passano con merito, per il cammino fatto (6 vittorie su sei), la tenuta di nervi e difesa (tutti successi di misura) e quella fortuna che ti gira le partite. Che è mancata all’Inghilterra, sorpresa di questa Coppa del Mondo: la finale per il 3° posto è l’occasione non solo di rifarsi, ma anche di fare meglio dei ragazzi di Italia 90. A Wembley e dintorni si parla ancora di Gascoigne, Lineker e compagnia: le Leonesse chiedono che si parli di loro ancora per un po’, Germania permettendo.
GIAPPONE-INGHILTERRA 2-1 (1-1)
Giappone (4-4-2): Kaihori; Ariyoshi, Iwashimizu, Kumagai, Sameshima; Kawasumi, Sakaguchi, Utsugi, Miyama; Ōgimi, Ohno (70′ Iwabuch). All. Norio Sasaki
Inghilterra (4-3-3): Bardsley; Bronze (75′ Scott A.), Houghton, Bassett, Rafferty; Moore, Williams (86′ Carney), Chapman; Scott J., Taylor (60′ White), Duggan. All. Mark Sampson
Arbitro: Anna-Marie Keighley (Nuova Zelanda)
Marcatrici: 33′ rig. Miyama, 92′ aut. Bassett (G), 40′ rig. Williams
Note – Ammonite: Ōgimi (G), Rafferty (I). Spettatori: 31.467