Stati Uniti a Vancouver, Germania a Edmonton. Le americane si giocheranno la finalissima mondiale il 5 luglio, le campionesse d’Europa in carica si dovranno accontentare della “finalina” contro la perdente di Giappone-Inghilterra. Questo il verdetto della notte (italiana), dopo quello che è stato un vero e proprio spot per il calcio femminile. Non tanto (o non solo) per lo spettacolo ma per il contorno, il livello, la cornice: tensione alle stelle, per ogni giocata un indescrivibile peso specifico, oltre 50 mila spettatori sugli spalti dell’Olimpico di Montreal.
Prevalenza di tifo a stelle e strisce, va da sé: questione di geografia, vicinanza. Ma non sono mancati, siamo sicuri, i nottambuli tedeschi: gli ascolti registrati dalle altre partite della Germania restano importanti e quando cresce la posta in palio, cresce anche l’interesse. Squadre contratte, in avvio: Jill Ellis non si smentisce e lascia in panchina Abby Wambach, pezzo da novanta e carta da giocarsi nella ripresa. Dall’altra parte Célia Šašić, campione continentale a livello di club e nazionale, è chiamata a fare la differenza, con l’aiuto delle solite Mittag, Goeßling e le altre “top player”, per usare un termine che va di moda. Ma nel primo tempo la Germania è soprattutto Nadine Angerer, di professione capitano, portiere e pallone d’oro: suoi gli interventi decisivi (in particolare su Morgan) e le tedesche ci sono, restano in partita. In generale la manovra statunitense è più fluida, e specialmente Rapinoe a sinistra va via che è una bellezza (ammonita Maier per fallo tattico), ma in qualche modo Morgan manca sempre sul più bello. Totale equilibrio e polveri bagnate all’intervallo, con gli USA superiori ma incapaci di sfondare.
Nella ripresa, la Germania ha l’occasione di cambiare l’inerzia: è il 54′ quando Julie Johnston pecca d’inesperienza e affossa Popp in area. La rumena Teodora Albon non ha dubbi e assegna la massima punizione ed è qui che Šašić, capocannoniere di Canada 2015, mantiene la calma. Persino troppa: portiere spiazzato ma palla che sfila, inesorabile, alla sinistra del palo. Quanto pesa sbagliare un rigore, in una semifinale iridata? Le tedesche ora lo provano sulla loro pelle, e poco dopo cedono: ancora Albon decreta un rigore (dubbio, per la posizione) ma dall’altra parte e Carli Lloyd, a differenza della collega del FFC Frankfurt, è freddissima: Angerer battuta e sguardo su Vancouver. Anche perché le tedesche accusano il doppio colpo (rigore sbagliato, gol subito) e crollano anche mentalmente: Stati Uniti in controllo, belli da vedere, solidi difensivamente (non prendono gol dalla prima giornata, 3-1 all’Australia). E cinici nel chiuderla: Lloyd ancora decisiva, con l’assist a O’Hara, per il 2-0 definitivo.
Rinvia l’appuntamento col ritorno in finale la Germania di Silvia Neid, padrona del Vecchio Continente ma costretta ora a inchinarsi davanti alle campionesse olimpiche. Che, chiunque passi domani notte, tra l’orgoglio del Giappone detentore e la spensieratezza della sorpresa Inghilterra, giocheranno da favorite la finalissima del 5 luglio. Resta solo da vedere contro chi.
USA-GERMANIA 2-0 (0-0).
Germania (4-4-2): Solo; Krieger, Johnston, Sauerbrunn, Klingenberg; Heath (75′ O’Hara), Holiday, Brian, Rapinoe (80′ Wambach); Lloyd (93′ Leroux), Morgan. All. Jill Ellis
Germania (4-2-3-1): Angerer; Maier, Krahn, Bartusiak, Kemme; Goeßling, Leupolz; Laudehr, Mittag (77′ Marozsán), Popp; Šašić. All. Silvia Neid
Arbitro: Teodora Albon (Romania)
Marcatrici: 69′ rig. Lloyd, 84′ O’Hara
Note – Ammonite: Johnston, Sauerbrunn (U), Maier, Krahn (G). Spettatori: 51.176