Cominciamo col dire che no, non è un problema del sistema calcio; è un fatto della società intera, nel senso più lato del termine. Per quanto lo scandalo si fermi ai confini nazionali (ma solo per stavolta: tu quoque, Blatter?), è comunque un problema più generale, ben più ampio. Un problema di cultura, di educazione, ancora prima che di valori sportivi, e di legalità. Un problema che riguarda la forma e lo scopo della nostra società.
Buona parte della nostra redazione, con le dovute eccezioni, non era neppure nata quando si fece strada il primo scandalo-scommesse: gli anni Ottanta erano appena iniziati, e ne ricavammo presto un titolo di campioni del mondo (sul campo, dico). Parabola non dissimile per Calciopoli, nel 2006 (nove anni fa, eppure sembra ieri). Siamo l’unico paese a vivere di calcio 12 mesi su 12: 9 per la stagione regolare, 1 per le nazionali, altri due per i processi.
Partite aggiustate, partite truccate: e ci scandalizziamo ancora se Svezia e Portogallo scelgono la via del «meglio due feriti che un morto» (© Buffon 2012)? Non ci siamo fatti mancare niente: inchieste al Nord (Cremona) e al Sud (Catania), vicecampioni del mondo arrestati (Beppe Signori), persino portieri che drogano i compagni (Marco Paoloni, il diretto interessato, ha da poco dato alle stampe Over. La scommessa della verità, con la propria versione dei fatti).
Onestamente, sulle almeno cinque partite che il Catania avrebbe comprato sono curioso di conoscere la versione di un Daniele Delli Carri («Il treno delle 33», cit.), che già nel 2002 fu al centro di un primo caso (a uso degli smemorati: questo). E mentre attendo il libro-verità di Ghirardi e Leonardi (già vedo il titolo: Under. Come affossare una squadra sotto il peso di 250 giocatori), mi consolo pensando al bel gesto del Cesena, che per riscattare Defrel ha simbolicamente versato una cifra per chi col fallimento del Parma ha perso il lavoro.
Comunque: da 35 anni a questa parte, per frodi sportive di vario genere vengono arrestati giocatori, allenatori, agenti, dirigenti, presidenti. E ogni volta, dal 1980 a oggi, è sempre stato un susseguirsi di vesti stracciate e «Mai più» scritti e gridati ovunque. Nel 1980, dentro finirono 13 giocatori e il presidente del Milan; oggi, volendo tenere il conto dei fermati, perderemmo il sonno. E se da 35 anni abbiamo scandali a ripetizione, questo vuol dire soltanto che giocatori e dirigenti non sono davvero preoccupati del destino che li aspetta. Anzi.
È proprio un fatto di educazione: essere abituati a comportarsi in modo rispettoso, nei confronti di tutti. Nello sport, ancora di più nei confronti dei valori sportivi, che troppo spesso vengono confusi con quelli contabili (e ciò vale anche in molti altri ambiti: lavoro, società, e così via). Sapere che qualcuno dice «Comunque viva lo sport» pensando a come “coprire” la frode grazie agli incassi delle scommesse (se sai il risultato in anticipo, è molto più facile, no?) è una coltellata a segno. Più che lo sport, ferisce chiunque voglia ancora avere diritto alla propria ingenuità. Siamo assuefatti agli scandali, al punto che è tutto truccato è un luogo comune; ma malgrado gli scandali c’è ancora chi è disposto a crederci.
«Siamo in contatto con la Federazione […] Serve una risposta del sistema nel suo complesso, da soli non si va da nessuna parte» ha dichiarato con fare decisionista il presidente della Lega di Serie B, Andrea Abodi, a Radio24. Conoscendo chi la “abita”, quella Federazione, ci sentiamo di essere preoccupati il giusto; e cominciamo a pensarci da subito: non passerà molto tempo prima che venga fuori il prossimo scandalo. Perché? Perché siamo maleducati. Perché prevaricare gli altri per il nostro interesse in questa società (non solo in Italia) resta un valore. Perché fare soldi, trovare soldi, mantenere soldi resta l’unico obiettivo (dalla FIFA in giù).
Quindi addio, siamo adulti e vaccinati e sappiamo come va il mondo: ci si indigna quando si viene colpiti, si chiude un occhio quando la sorte decide di premiare proprio noi. E poco conta se, da 35 anni in qua, campionati e classifiche vengono regolarmente riscritti in estate. Io, da ingenuo che sono, educatamente vorrei solo che, nell’arco dei prossimi trentacinque anni, almeno per una volta la notizia fosse che i campionati finiscono esattamente come finiscono.