Cos’hanno in comune uno dei più forti giocatori di basket del pianeta, recentemente incoronato campione NBA e MVP della stagione regolare, e la pessima – sportivamente parlando – Catholic University of America, college che “vanta” un programma sportivo di terza divisione?
A Catholic University ha studiato e imparato basket un allenatore di origini ellenico-irlandesi che, a oggi, è l’unico ad aver fermato Stephen Curry: Jimmy Patsos.
Patsos, che in quel periodo stava guidando i Greyhounds di Loyola Maryland, aveva concesso 90 punti a Boston College, 82 a Mount St. Mary’s e 82 a Cornell University. Nel corso di quella stagione (2008) Loyola perderà di 40 con Duke e di 25 con Drexel, scuola che il torneo NCAA non lo vede dal 1995.
E allora come è possibile che quest’uomo abbia tenuto a 0-3 dal campo e 0 punti il grande Stephen Curry, campione NBA e tiratore da record nella lega più importante del Mondo?
Curry arrivava da 39 punti contro Florida Atlantic la sera precedente e da 42 contro la Oklahoma di Blake Griffin. Soprattutto aveva portato Davidson a una insperata Elite Eight l’anno prima; insomma, stava iniziando a dominare sul parquet come abbiamo visto fare in questi ultimi mesi di NBA.
Ma Patsos, con invidiabile coraggio e un senso della modernità tattica pari a zero, triplicò Curry per tutto il tempo. Un trattamento riservato davvero a pochissimi, che il coach figlio di un emigrante greco produttore teatrale, non si vergogna di difendere ancora oggi: “Pensavo Curry prendesse più tiri, li sbagliasse, e anche che i suoi compagni ne sbagliassero di più!”
Appena la palla partiva dalle mani del play per l’assist, due dei marcatori correvano verso il suo compagno, ovviamente liberissimo. Forse i ragazzi di Patsos non erano così veloci, o forse gli assist erano troppo belli: vittoria per Davidson, di trenta punti.
Jimmy ripete ancora oggi: “Tanto avremmo perso di venti comunque”. Si consoli, rimarrà il primo ad aver capito, a sue spese, che Stephen Curry era molto di più di un incredibile tiratore.
Forse la vita del figlio di Dell (autore di 16 stagioni in NBA negli anni ‘80 e ‘90) è proprio una rincorsa a smentire chi dubita di lui.
Una vecchia pagina su Yahoo Sports è addirittura raggelante. Sette squadre proposero a Steph una borsa di studio. Tra queste troviamo molte delle rivali di Loyola sopra menzionata: Winthrop, Wofford, William & Mary, High Point. Virginia Tech, alma mater del padre, lo vuole ma non può garantirgli nulla di più che un posto in panchina. Nonostante sia il 2005, Curry decide di non aspettare le offerte che sarebbero giunte da lì a un anno di distanza quando avrebbe chiuso il percorso al liceo e firma per Davidson, ateneo di tutto rispetto accademico ma certo non una big del panorama cestistico collegiale.
Superiore, da sempre, alle scarse attenzioni riservategli.
E se questa storia di successo non potrebbe esistere senza i molti che non hanno creduto in una delle guardie più forti di questo decennio, ne basta uno solo con un minimo di fiducia per chiudere la descrizione del suddetto fenomeno.
E-mail del 30 gennaio 2006, mittente Bob McKillop, destinatario Stephen Curry. “Ciao Stephen, ti ho visto agli allenamenti il mese scorso, credo che faremo grandi cose assieme a Davidson. Non ho mai visto nessuno della tua età allenarsi con tale sacrificio”. L’allenatore era davvero trepidante di mettere Steph a giocare il suo run&gun, approccio offensivo che avete visto dominare anche la stagione 2014-2015.
Alla fine, come in tutte le cose, ci è voluta un po’ di fortuna nell’avere il giusto allenatore al momento giusto, che impiegasse la giusta tattica per far esplodere il talento del neo-MVP ai tempi dell’università.
E, con un po’ di buona sorte, questi Golden State Warriors potranno imporsi come una dinastia nei prossimi anni. A quel punto, la distanza tra Stephen Curry e Catholic University si amplierà fino a raggiungere proporzioni imbarazzanti. I Cardinals (questo il nome di battaglia dei giocatori di quel college) continueranno a giocare nella loro Division III, mentre Steph andrà a prendersi molti altri allori individuali e di squadra. Ma rimarrà sempre quel legame, quel piccolo filo di nome Jimmy Patsos che metterà per sempre a confronto la guardia dei Warriors e quell’ateneo.
Che ricorderà a tutti le umili origini del figlio di Dell Curry, la miseria del suo processo di reclutamento NCAA; che ci racconterà dell’unico uomo che riuscì ad annullare il secondo più celebre nativo di Akron, Ohio.