La voce del padrone
Ancora lunedì mattina, chi girava online alla ricerca di notizie sul futuro della panchina viola, poteva imbattersi in opinioni ingenue che sbilanciavano la percentuale di permanenza di Montella alla corte dei Della Valle fino a un pilatesco 50%. Ma chiunque abbia seguito la vicenda storica dei Della Valle alla Fiorentina, sa che a contorno di un’opinione simile serviva una discreta spruzzata di credulità e una sprovveduta attitudine ad ascoltare la voce del padrone.
Che i Della Valle avessero già deciso era chiaro fin dall’indomani del tracollo casalingo della Fiorentina, nel ritorno di Coppa Italia contro la Juventus. Fu quella la sera in cui si dilatò lo iato tra la concretezza eterea del tecnico viola e la presunzione d’investimento padronale. Era solo questione di arrivare a fine stagione, tentando l’impresa in Europa League – come si sa, finita contro il muro del Siviglia – e concludendo il campionato con un piazzamento rispettabile.
Tre anni e tre quarti posti, una finale di Coppa Italia nella scorsa stagione, due semifinali quest’anno, in fondo non sono altro che “zero tituli” secondo la metrica delle rendite sportive cara a Mourinho. Una frequentazione apprezzata del parterre nobiliare, secondo controparti più disincantate.
Il comunicato che accompagna l’esonero è durissimo: senza giri di parole Montella è accusato di essere venuto meno ai vincoli contrattuali, tentando di rinegoziare la clausola di rescissione, dimostrando scarso attaccamento verso la maglia, i tifosi e la città. Alto tradimento della causa e manifesta ingratitudine verso i mecenati che lo avevano nutrito, accudito e ospitato, nell’incanto nobiliare di corte. La congiura dei pazzi, all’ombra della Signoria.
Niente di nuovo, la rottura traumatica è storia già vista. Nemmeno Prandelli andò via da Firenze con un orologio placcato in oro e una pacca sulle spalle, bensì con le stigmati del complottista, già d’accordo con la Juve. La distanza che separa l’applauso dalla gogna è quanto mai breve. Né andò meglio ad altri giocatori, da Di Livio a Montolivo, fino a Neto, vuoi per un contratto non rinnovato, vuoi per aspettative deluse. Non tutti sullo stesso piano, certo, i tifosi sapranno operare i dovuti distinguo, ma comunque un certo standard di comportamento, dopo oltre dieci anni di gestione viola da parte della famiglia marchigiana, può dirsi ricorrente. Al netto delle foto sorridenti in balconata, nei momenti di bel tempo.
Eppure è difficile ravvisare comportamenti poco in linea con lo spirito aziendale da parte di Montella, durante la sua permanenza. Prima Ljajić, poi Cuadrado, le ali che slanciavano il gioco viola e che offrivano lo spettacolo ardito del dribbling, sono stati ceduti senza opposizione dell’allenatore. Che invece ha dovuto ingegnarsi non poco per fare a meno lì davanti di quei finalizzatori di gioco che avrebbero dovuto colmare il gap tra la Fiorentina e le prime tre forze del campionato. Solo a distanza di tempo sarà possibile dire quanto ha pesato sul rendimento della Fiorentina la monumentale vacuità di Gómez, così spesso in infermeria, così imballato e a tratti persino grottesco, durante le sue presenze in campo. Un ex campione da coccolare e tenere su di morale, capace però di prendersi la ribalta da solo nelle – poche – giornate di vena. E che dire dello sfortunato Pepito Rossi? Da principio per lui erano previsti un paio di mesi di stop, poi il ritorno a Natale, posticipato a febbraio, annunciato per il gran finale di stagione e infine rinviato con la formula “le faremo sapere”. Non sarà certo tutta colpa dell’allenatore se una società decide di investire così le proprie scommesse di mercato, confidando nel miraggio di faraonici futuri surplus di valore capitale.
A breve in viola potrebbe arrivare Paulo Sousa, allenatore attuale del Basilea, di cui si dice un gran bene. Con lui, arriva dalla parte delle scrivanie il giovanissimo Pedro Pereira, prossimo uomo mercato dei viola e fortemente legato al famigerato Jorge Mendes, agente di Mourinho e Cristiano Ronaldo, uno dei procuratori più chiacchierati dello scacchiere internazionale. Una mossa che sa di cambio di direzione da parte della proprietà viola, che d’altra parte non ha mai disdegnato eventuali occasioni di lucro. A Pedro Pereira e ai suoi agganci spetterà innanzitutto smollare altrove l’oneroso Mario Gómez, che tanto ha inciso sui destini dell’allenatore uscente.
Firenze e i tifosi viola sperano che non ricominci quell’odissea già vissuta ai tempi di Mihajlović e Delio Rossi. Anni di bassifondi di classifica e noia esistenziale. Che Montella, pur senza riuscire a vincere il tanto atteso primo trofeo dell’era Della Valle, era riuscito quanto meno ad allontanare.
In un calcio che usa offendere per dimenticare più in fretta, vadano al verace e intelligente Vincenzino Montella gli auguri per una rapida ripartenza.