L’idea di un campionato europeo per nazioni riservato alle formazioni giovanili inizia a prendere forma a metà degli anni 60’ e nel 1967 viene inaugurata la Challenge Cup, riservata agli atleti Under 23, con un regolamento molto semplice che prende spunto dal pugilato: gara secca tra i detentori del titolo e la formazione sfidante, i vincitori prendono possesso del trofeo.
Tra il 1967 e il 1970 ne vengono disputate otto edizioni (non vi è una cadenza fissa) e a spartirsi i successi sono Bulgaria e Jugoslavia, vincitrici di quattro edizioni a testa. Nel 1972 l’UEFA decide di dare una cadenza fissa alla competizione, trasformandola in un vero e proprio torneo: vengono disputate tre edizioni (1972, 1974, 1976) che premiano nell’ordine Cecoslovacchia, Ungheria e Unione Sovietica.
Passa poco tempo e le regole cambiano ancora, il torneo diviene ufficialmente il Campionato Europeo Under 21 nel 1978: alla prima vera edizione partecipano 24 squadre, divise in otto gironi di qualificazione. Le vincenti approdano alla fase finale che si disputa con semplici gare di andata e ritorno.
C’è anche l’Italia tra le migliori otto della prima edizione, ma gli azzurrini guidati da Azeglio Vicini vengono battuti 2-1 dall’Inghilterra nell’andata dei quarti di finale e al ritorno non vanno oltre lo 0-0. In finale si trovano di fronte Jugoslavia e Germania Est: gli slavi vincono 1-0 ad Halle e nel ritorno di Mostar pareggiano 4-4 con una grande prova di Vahid Halilhodžić, ct dell’Algeria ai Mondiali di Brasile 2014, che sarà anche nominato miglior giocatore del torneo.
La DDR avrà un’altra occasione per riscattarsi appena due anni dopo, ma la finale sarà ancora amara perché nel doppio confronto di Rostock-Mosca cedono 1-0 all’Unione Sovietica di Anatoliy Demyanenko, votato Golden Player di quell’edizione. Il quadriennio successivo è tutto di marca inglese: i britannici vincono sia nel 1982 che nel 1984.
La prima finale è contro la Germania Ovest di Völler e Littbarski; gli inglesi vincono 3-1 la gara di andata a Sheffield, al ritorno vengono battuti 3-2 (tripletta di Littbarski) ma è una sconfitta che non fa male. Due anni dopo la formazione di Dave Sexton fa il bis trascinata da un grande Mark Hateley, autore di 6 reti nella fase finale, di cui 4 segnate nell’umiliante 6-1 rifilato alla Francia nei quarti di finale.
Nell’ultimo atto si trovano di fronte la Spagna che viene superata 1-0 a domicilio, di fronte ai 30.000 del Ramón Sánchez-Pizjuán, e 2-0 nella fortunata Sheffield. Gli iberici si rifaranno nell’edizione successiva, a spese dell’Italia di Vicini. Dopo aver superato Svezia e Inghilterra, gli azzurri ospitano a Roma le Furie Rosse (capaci di ribaltare il 3-1 subito nella semifinale di andata in Ungheria): è un’Italia ricca di talenti, da Walter Zenga a Gianluca Vialli, passando per Roberto Mancini e Roberto Donadoni.
Da quella squadra si formerà l’ossatura che quattro anni dopo si fermerà soltanto ai rigori nella semifinale del nostro Mondiale. I rigori sono fatali anche nella finale contro la Spagna: all’andata Vialli e Giannini rimontano il gol di Calderé, ma a Valladolid i padroni di casa pareggiano i conti e dal dischetto l’Italia non riesce a realizzare neanche una rete.
Nel 1988 il trofeo finisce in terra francese: i galletti, guidati da Laurent Blanc ed Éric Cantona, battono in finale la rivelazione Grecia, per la prima volta alla fase finale e capaci di travolgere 5-0 l’Olanda in semifinale. Nella doppia finale i greci pareggiano 0-0 ad Atene, ma a Besançon cedono 3-0 agli avversari, decisamente più forti.
Nel 1990 è di nuovo Unione Sovietica, che un anno prima della dissoluzione fa in tempo a conquistare il secondo titolo europeo giovanile. E’ una squadra interessante, con giocatori del calibro di Kolyvanov e Mostovoi, ma la vera copertina di quell’edizione la prende l’altra finalista: la Jugoslavia.
Gli slavi perdono nettamente il doppio confronto finale, 2-4 a Sarajevo e 3-1 a Simferopol, ma mettono in mostra dei giocatori eccezionali, molti dei quali otto anni dopo saranno assoluti protagonisti del Mondiale di Francia. Solo che non vestiranno la maglia azzurra della “Jugo”, ma quella a scacchi biancorossa dell’indipendente Croazia: Šuker, Jarni, Boban, Bokšić, Prosinečki. Tutti in campo nella finale Under 21 del ’90.
1992: inizia il dominio azzurro. Dopo la sconfitta nella finale del 1986 Azeglio Vicini ha lasciato la panchina a Cesare Maldini, che guiderà la nazionale per 10 anni. Nel 1992 l’Italia supera facilmente Cecoslovacchia e Danimarca, in finale batte 2-0 la Svezia a Ferrara (reti di Buso e Sordo) e al ritorno resiste al tentativo di rimonta svedese, perdendo soltanto 1-0 a Växjö.
Nell’edizione successiva la formula del torneo cambia nuovamente: semifinali e finale vengono disputati in sede unica, nel 1994 tocca alla Francia che sceglie Montpellier e Nîmes. Gli azzurri sono ancora favoriti, ma per battere i padroni di casa servono i calci di rigore: l’Italia fa cinque su cinque, per i francesi è decisivo l’errore di Makélélé.
In finale c’è un fortissimo Portogallo, che conta tra la sue file Luís Figo, Manuel Rui Costa e João Pinto. L’Italia conferma però la sua grande forza in fase difensiva grazie a giocatori del calibro di Francesco Toldo, Fabio Cannavaro e Christian Panucci e vince la partita nei supplementari grazie al Golden Gol di Pierluigi Orlandini, subentrato poco prima a Filippo Inzaghi.
Il tris arriva due anni dopo, contro la Spagna di Raúl: l’Italia si ritrova in nove a causa delle espulsioni di Amoruso e Ametrano, riesce comunque a difendere l’1-1 e ai rigori Angelo Pagotto para le conclusioni di de la Peña e dello stesso Raúl. La Spagna avrà la sua rivincita nell’edizione successiva, battendo 1-0 la Grecia che qualche anno dopo si sarebbe riscattata nell’Europeo portoghese del 2004.
Negli anni 2000 viene introdotta la formula utilizzata tutt’oggi: fase finale sempre a otto squadre, ma divise in due gironi, con le prime due classificate che accedono alle semifinali. Nell’edizione di Slovacchia 2000 trionfa nuovamente l’Italia, guidata da uno strepitoso Andrea Pirlo, capocannoniere e miglior giocatore del torneo: è una sua punizione a nove minuti dallo scadere a piegare la Repubblica Ceca per il 2-1 definitivo.
Per i cechi la vendetta arriverà due anni dopo: in semifinale battono 3-2 al l’Italia grazie al Golden Gol e in finale, contro la Francia, a far la differenza sono le parate di Petr Čech, che blinda lo 0-0 e ai rigori si oppone ai tiri di Frau, Escudé e Boumsong.
Quinto sigillo italiano nel 2004: Claudio Gentile può contare su elementi quali Andrea Barzagli, Daniele De Rossi e Alberto Giardino, ma l’avventura in Germania inizia con un’inaspettata sconfitta contro la Bielorussia; un incidente di percorso che non rovina i piani degli azzurri, trionfatori in finale contro Serbia & Montenegro con un netto 3-0 grazie alla reti di De Rossi, Bovo e Gilardino.
È l’Olanda di Foppe De Haan l’assoluta protagonista delle edizioni ravvicinate 2006 e 2007: disputate a un solo anno di distanza in modo da programmare l’europeo negli anni dispari. Gli Orange, guidati da Klaas-Jan Huntelaar, battono l’Ucraina nella finale del 2006 dopo aver rischiato l’eliminazione nel girone; nel 2007 alza bandiera bianca la Serbia, superata per 4-1, ma la partita che resta nella memoria è la semifinale contro l’Inghilterra, terminata 13-12 ai calci di rigore dopo ben 32 tentativi dal dischetto.
Il 2009 è l’anno della Germania, che dopo svariati tentativi riesce a conquistare il suo primo titolo: in Svezia è 4-0 in finale all’Inghilterra, con Özil, Neuer e Jérôme Boateng tra i protagonisti. Arriviamo alle due edizioni più recenti e al dominio della Spagna: Danimarca 2011 e Israele 2013 confermano infatti lo straordinario momento del calcio spagnolo.
I vari Thiago Alcântara, Juan Mata, Álvaro Morata, Isco sono alcuni dei protagonisti delle cavalcate trionfanti degli iberici. A farne le spese la Svizzera (arrivata in finale senza aver subito reti), battuta 2-0 nel 2011, e l’Italia nell’edizione più recente, sconfitta 4-2 dalla Rojita.