La sagra della retorica insopportabile.
Ecco cos’è stato il post di Juventus-Barcellona, finale di Champions League 2015 e finita con il risultato, ricordiamolo, di tre a uno per i blaugrana.
Con il solito malcostume italiano nel non saper accettare le sconfitte nemmeno nella loro più profonda giustezza, dal momento del triplice fischio dell’arbitro Çakır — la cui gestione della gara, va detto, è stata alquanto rivedibile da ambo le parti, soprattutto sulla parsimonia nell’utilizzo dei cartellini — su tutti i giornali (sia nelle versioni online e sia in quelle cartacee uscite nella nottata) e su tutti i social network si è scatenata la corsa a chi faceva i complimenti migliori alla Juventus, meritevole — a quanto si è letto — di aver combattuto ad armi pari contro una squadra stellare e di essere stata a una decisione dell’arbitro dal vincere la coppa dalle grandi orecchie. Come se il punto di svolta, il bivio decisivo, fosse stato la decisione del direttore di gara turco di non assegnare il rigore ai bianconeri sul punteggio di uno a uno per il presunto fallo di Dani Alves su Pogba.
Ci permettiamo di dire che non è andata esattamente così, andando controcorrente alla linea di pensiero comune che sta attraversando il nostro stivale in queste ore. Anche perché ridurre novantasei minuti a un singolo episodio ci sembra davvero riduttivo e poco onorevole nei confronti dei — giusti — vincitori di questa competizione.
Provando a guardare la partita con gli occhi imparziali di chi non è tifoso né di una e né dell’altra squadra, la sensazione che abbiamo provato è stata quella di un Barcellona dominante per ottantasei minuti e impaurito per i dieci successivi al pareggio juventino. Unico vero momento in cui la Juventus ha dato la sensazione di poter girare a suo favore la partita. Unico, però.
Non c’è nessun merito nella sua organizzazione di gioco o nel suo approccio tattico alla gara per essere arrivati fino a metà secondo tempo ancora con il risultato in bilico. I meriti per un risultato del genere vanno divisi tra Buffon, che ha compiuto una parata irreale su Dani Alves nel primo tempo, Barzagli e Bonucci, che più di una volta hanno salvato situazioni pericolosissime in area bianconera, anche in inferiorità numerica. E, perché no, anche alla sufficienza con cui il Barcellona ha fallito delle occasioni da gol con cui avrebbe potuto chiudere la gara già alla fine del primo tempo.
La Juventus è venuta a mancare, proprio nel giorno decisivo, nei suoi giocatori fondamentali come Tévez, Pirlo e Vidal, che ha flirtato con il cartellino rosso per tutto il tempo in cui è stato in campo. Probabilmente è stata la tensione, la prima finale importante per molti dei titolari, ma non è peccato mortale dire che i bianconeri hanno complessivamente giocato una partita sottotono.
Il Barcellona, come ampiamente detto alla vigilia, non è perfetto e non lo è stato nemmeno sabato sera. Ha rischiato dietro sulle ripartenze juventine e a volte è andato in difficoltà sul giropalla tra il portiere e difensori centrali. Ma queste imperfezioni — migliorabili, e sperate che questo non accada mai — non tolgono meriti al fatto che siano stati i blaugrana a condurre la partita e il gioco per gli ottantasei minuti citati prima. Una squadra che dal centrocampo in su ha una qualità tecnica che non si è mai vista su un campo da gioco. Giocatori che dispongono di un’intelligenza calcistica (nel sapere quali movimenti fare senza palla, quali passaggi fare e quando farli) fuori dal comune. Giocatori che sono andati al tiro come e quando hanno voluto e che nel corso di tutta la competizione hanno eliminato i campioni d’Inghilterra, quelli di Francia, quelli di Germania e quelli d’Italia.
Sono i campioni dei campioni, i giusti vincitori di un trofeo nato proprio per mettere a confronto i primi dei vari tornei nazionali.
E loro l’hanno fatto, dominando ogni avversario che gli è posto di fronte.
Dominando, è giusto dirlo, anche la Juventus.