Il mondiale delle donne

Iniziano nella notte tra sabato e domenica i Mondiali femminili (a mezzanotte c’è Canada-Cina): 24 squadre al via e i numeri più grandi di sempre. Ci siamo avvicinati al torneo andando per gradi, girone per girone: ecco corazzate, ecco possibili outsider, ecco nazionali di movimenti piccoli ma con grande voglia di esserci.

Utile la nostra recente panoramica sugli stadi: capienze alte, esagerate per il calcio femminile? Numeri alla mano no, almeno se pensiamo alle proporzioni del movimento nell’America del Nord, o a quelli di Germania 2011, l’ultima edizione. Oltre 26 mila spettatori di media, con picchi di 45, 48 e 73 mila nelle gare delle padrone di casa, che forse andando oltre i quarti avrebbero accresciuto il dato complessivo. Quando vai in certe zone del mondo (il Nord Europa, gli Stati Uniti, il Canada) l’attenzione c’è: chi segue il calcio è attratto anche da quello delle donne, un po’ come accade agli appassionati di tennis o di pallavolo.

Noi? Non ci siamo, non ce l’abbiamo fatta. Ci avevamo creduto, col doppio spareggio con l’Olanda: la cronaca racconta di un avversario reduce da investimenti importanti nelle strutture e nel settore, e di un movimento italiano ancora fermo al palo.  Tra dibattiti, snobismi, prese in giro e anche parole imperdonabili. Il colmo anche su cose innocue, come l’inserimento delle migliori nazionali femminili in un videogioco: ironie che non fanno ridere, beceri luoghi comuni, ribellione di leoni da tastiera contro un’innovazione che aggiunge solo delle squadre, mica ti obbliga a giocarci.

Il percorso da fare è tutto culturale, ed è la necessità di affermare cose diverse da quelle che troppo spesso leggiamo sui social network: aiutare questo calcio è aiutare lo sport, è creare società, è dare alle donne un’opportunità. Non significa paragonare il gesto tecnico o atletico a quello dei maschi, né è possibile inseguirne la dimensione: vuol dire solo rispettare le bambine che calciano il pallone sognando di vestire la maglia della Nazionale, di vincere lo scudetto, o la Coppa del Mondo.

Noi non ci saremo ma possiamo approfittarne per guardare. Studiare, capire cosa ci manca, cosa hanno fatto gli altri; dobbiamo fare così, per fare le cose per bene, per fare le persone serie: per lo spettatore, l’occasione di vedere (senza pregiudizi) all’opera tante campionesse, per gli addetti ai lavori un luogo per aggiornarsi.

In Canada, dal 6 giugno al 5 luglio: a Vancouver, Edmonton, Winnipeg, Ottawa, Montreal e Moncton. O in televisione su Eurosport. Il mio pronostico dice Germania, ma prendetelo come pinze: all’Europeo avevo detto Francia, e sappiamo com’è finita. Buon mondiale, a tutti: che la mancata qualificazione dell’Italia serva a capire cosa ancora non va e cosa si può e si deve migliorare.