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Il GP del Canada nella storia: il cuore e il destino

Al principio degli anni ’60 il Canada assistette al repentino sviluppo degli sport motoristici. La prima competizione, inserita nel Canadian Sports Car Championship, si svolse in Ontario, sul circuito di Mosport Park. A distanza di un lustro, la Formula 1 decise di aggiungere questa tappa al suo calendario. Il circuito entrò così a far parte del Mondiale, ospitando contemporaneamente, fino al 1974, alcune gare del Canadian American Challenge Cup, riservato alle vetture sport.

Dopo un’alternanza con l’autodromo di Mont-Tremblant, nel Quebec, nel 1978 il Gran Premio del Canada si spostò sull’Isola Notre-Dame, nel Parc Jean-Drapeau dove è sito l’impianto di Montréal.
Il Destino, quando crea le sue sceneggiature, osa spesso soluzioni che gli umani troverebbero azzardate: il pilota che inaugurò l’albo d’oro fu infatti colui che tutti aspettavano, ma pochi avrebbero indicato come vincitore alla vigilia. Gilles Villeneuve, il piccolo canadese della Ferrari, da mesi sotto accusa per il suo stile di guida troppo arrembante, salì per la prima volta in carriera sul gradino più alto del podio proprio davanti ai connazionali festanti.

Il ferrarista, celebre per il suo coraggio e per il suo voler osare oltre i limiti consentiti dalla meccanica e dalla balistica, incredibilmente si comportò come un ragioniere, badando soprattutto al risultato. In una gara in cui molte vetture furono costrette al ritiro, alcune per incidente e altre, come la Lotus di Jean-Pierre Jarier, in testa fino a una ventina di giri dal termine, per un guasto tecnico, parve paradossale vedere transitare sotto alla bandiera a scacchi chi, sovente, non aveva potuto concludere le gare proprio per l’incapacità di mantenere freddezza e controllo.

A distanza di 17 anni, un altro numero 27 al volante di una Ferrari conquistò il primato a Montréal, intitolato nel frattempo proprio a Gilles Villeneuve. De Gregori incitava il protagonista di una celebre canzone a “Non aver paura di tirare un calcio di rigore” poiché “Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”. Azzardando una parafrasi motoristica, la storia ha spesso dimostrato che non è dal numero delle vittorie che si giudica un pilota. Per Jean Alesi quella in Canada rimase l’unica della sua carriera in Formula 1, ma questo non gli impedì di raggiungere i cuori dei tifosi della Rossa. Il franco-italiano divenne infatti uno dei protagonisti più amati della casa di Maranello, ricordato con un misto di affetto, per il suo entusiasmo quasi fanciullesco, e rimpianto per ciò che avrebbe potuto ottenere con una vettura maggiormente competitiva.

La sesta prova del Mondiale del 1995 si aprì con la pole position di Michael Schumacher, il tedesco della Benetton dominatore del Circus, seguito dalle due Williams di Damon Hill e David Coulthard.
Alla partenza il tedesco, sfruttando appieno le potenzialità della sua monoposto, distanziò tutti: l’esito della gara pareva scontato, ma un problema al cambio costrinse il campione del mondo a un’ulteriore sosta ai box. Alesi, secondo dopo il sorpasso ai danni di Damon Hill, agguantò la prima posizione e non la cedette per tutti i dodici giri restanti. Al traguardo la folla esplose in un festeggiamento spontaneo: i tifosi invasero l’autodromo, affiancando il ferrarista ben prima che gli altri piloti avessero terminato la gara.

A coronamento di una giornata indimenticabile, il francese dovette parcheggiare la vettura, rimasta senza benzina, in prossimità del tornante del Casino, proprio mentre transitava Michael Schumacher, giunto quinto. Il tedesco, da vero gentiluomo, offrì un passaggio all’automobilista in panne e il ferrarista terminò il suo giro d’onore a cavalcioni della Benetton, a conclusione del compleanno più incredibile di tutta la sua vita.
Nelle immagini catturate in quegli attimi, si intravedono i contorni di un’amicizia, così rara fra i piloti, destinata a resistere negli anni. Oggi Alesi è uno dei pochi ammessi al capezzale di Michael Schumacher, alle prese con una difficilissima riabilitazione dopo una caduta sugli sci. Forse, quando sono soli, accenna a quel giro d’onore così originale, in cui il presente e il futuro della Ferrari parvero sfiorarsi in una simbolica staffetta. Oppure gli riferisce le imprese di Giuliano e Mick in Formula 4, scherzando sul fatto che, fra qualche anno, la Formula 1 potrebbe accogliere un nuovo Schumacher e un nuovo Alesi.