Prende il via nella notte (italiana) il Mondiale Under 20. Un’edizione interessante, ricca di temi e spunti, a partire dal paese organizzatore. Per la terza volta infatti la rassegna iridata fa capolino in Oceania: dopo le edizioni australiane del 1981 1993, sarà la Nuova Zelanda a ospitare le gesta di alcuni tra i più promettenti giovani del panorama internazionale, dal 30 maggio al 20 giugno.
Tra Coppa America, Mondiale femminile ed Europeo Under 21 è un’estate già di suo intrigante, e darà all’appassionato di calcio l’occasione non solo di intrattenersi e dissetare la sua sete di calcio dopo la conclusione del football di club, ma anche di scoprire talenti interessanti, provare a immaginare le nazionali del domani, scoprire storie e personaggi intriganti, con cui normalmente non sarebbe entrato in contatto.
I nomi sono sempre quelli: la Francia è campione del Mondo ma non è riuscita a qualificarsi, come successo ai tre precedenti detentori del titolo iridato. Tanti gli addetti ai lavori che negli stadi neozelandesi andranno alla caccia del talento di domani, o magari dell’occasione; non che ci sia nulla da scoprire – al giorno d’oggi i migliori Under 20 li devi conoscere, se lavori a certi livelli – ma appena sotto i migliori c’è tutta una fascia di calciatori da studiare e cercare di inquadrare, per un eventuale futuro acquisto. Occhio anche a un aspetto non prettamente calcistico: quando ricapita di osservare nazionali come il Myanmar o le Isole Figi?
Proprio i colori figiani, la cui presenza è anche figlia dell’uscita dell’Australia dalla OFC e della qualificazione d’ufficio della Nuova Zelanda in quanto paese organizzatore, siamo abituati a vederli con una palla ovale. E anche qui sta lo sfizio: Auckland, Christchurch, Dunedin, Hamilton, New Plymouth, Wellington e Whangarei sono cornici da test match, da rugby, da All Blacks. Ma la location non è casuale: pure in luoghi storicamente dominati da altri “codici” (come si dice da queste parti) del football il calcio è in ascesa, migliora come numeri giorno dopo giorno, brucia le tappe. Come vivrà una manifestazione simile una terra abituata più che altro al Super Rugby, agli All Blacks, o al limite al rugby league? Proprio loro, i “cugini” degli australiani – quelli che spesso per potersi permettere franchigie professionistiche devono agganciarsi alle leghe dell’ingombrante vicino di casa – sapranno godersi appieno una vetrina così importante?
La mia sensazione è che lo faranno, anche perché la crescita è costante: si parla da anni di un secondo club neozelandese nella A-League, e l’exploit dell’Auckland City all’ultimo Mondiale per Club – con la semifinale persa ai supplementari contro il San Lorenzo – racconta di un movimento voglioso di mettersi in mostra, di prendersi la ribalta in uno sport giocato in tutto il mondo, non solo nelle nazioni del Commonwealth.
D’altronde è soprattutto internazionale il cuore della felce argentata, sia nelle sue espressioni più classiche, sia nella Haka davanti alle stelle americane della NBA: auguriamoci che anche il calcio sfondi, con l’aiuto proprio di questo Mondiale Under 20. Che noi abbiamo seguito e seguiremo, su queste colonne: è anche questo il mondiale dei mondiali. Solo, è più giovane.