Quando un bluff è meglio di un all-in
Yaya Touré all’Inter, cosa fatta: in vendita già la numero 42 nerazzurra, per il contratto siamo ai dettagli. Quante volte l’avevamo sentito nelle ultime settimane? Spesso e sinché a farlo sono le testate giornalistiche, questo può starci considerando che il mercato, con l’avvento di internet, si è trasformato in un tam tam continuo alla spasmodica ricerca dello scoop. Difficile credere, però, che a esporsi così tanto possano essere allenatore e dirigenti di una delle più importanti società italiane.
Già, perché va bene tenere conto dell’idilliaco rapporto tra Yaya Touré e Roberto Mancini, ok che l’ivoriano è nella fase calante della carriera e quindi il Manchester City, almeno sulla carta, potrebbe anche non sdegnare la cessione sinché il suo cartellino ha ancora valore. Però ogni tanto bluffare, agire sotto traccia e non far innervosire la controparte, è una tattica molto più efficace del coraggioso e sfacciato all-in. Perché iniziare pubblicamente una trattativa ai microfoni dell’emittente televisiva di turno avrà sicuramente fatto spazientire i colleghi del Manchester City, che puntano ancora sulla classe, il fisico e l’esperienza di un campione vero come Touré. Provarci, nel calcio moderno, non basta: l’inghippo ormai è stato fatto e, giustamente, sfumato il centrocampista africano adesso i tifosi nerazzurri si aspettano un colpo di quella caratura tecnica: non necessariamente un qualcosa che Erick Thohir, così come Massimo Moratti, può essere in grado di portare ad Appiano Gentile.
Per giorni si è parlato, inoltre, di un possibile svincolo dal Manchester City, il quale avrebbe tenuto prigioniero Yaya Touré. Incatenato quindi dal contratto con la società inglese, in molti hanno girato nella propria testa un film nel quale l’attore protagonista, Yaya, avrebbe lasciato uno dei club attualmente più forti al mondo intentando una causa – dall’esito tutt’altro che scontato – per approdare in una delle formazioni più in crisi del calcio italiano, con un progetto sino a questo momento da rivedere, senza alcuna garanzia di Europa né per l’anno prossimo né, soprattutto, per quello successivo. Tutto questo per un ragazzo di 32 anni che, per ovvi motivi, ha ancora da donare al calcio un paio di stagioni a livello altissimo, prima di arrendersi al lento declino che colpisce chiunque decida di intraprendere questa professione. Fatte queste premesse, quindi, non era meglio tenere per sé questo infervoramento (peraltro giustificato) nei confronti di Touré?
Le notizie non sono soltanto negative, però, per i tifosi interisti. Certo Yaya Touré è uno di quei calciatori che, da soli, possono cambiare il volto di una squadra. Sia per il carisma, sia per le qualità tecniche di livello assoluto che, ancora oggi, ne fanno uno dei centrocampisti box-to-box più forti al mondo; ma a quest’Inter, così bisognosa di talento e freschezza in mezzo al campo, sarebbe servito davvero un giocatore dal chilometraggio così avanzato? Perché in questa Serie A, per agganciare il terzo posto – che si presume essere l’obiettivo massimo raggiungibile nella prossima stagione – può bastare anche meno, considerando la pochezza di squadre in grado di garantire un rendimento costante dietro la Juventus. E allora non è meglio, forse, investire quei pochi soldi disponibili in giovani di talento che, almeno, nel giro di un paio d’anni possano raddoppiare il proprio valore di mercato? Un’operazione alla Kovačić, il quale nonostante le tante incognite al momento non si muoverebbe per meno di 25 milioni, ossia il doppio (o quasi) di quello che i nerazzurri hanno sborsato per prelevarlo dalla Dinamo Zagabria; per certi versi anche un’operazione alla Icardi, ossia un giocatore acerbo ma con potenzialità enormi e, soprattutto, per il quale non serve sborsare fuori trenta milioni.
Roberto Mancini, in campo e fuori, non ama le vie di mezzo: contro la Roma, in un incontro di campionato nemmeno troppo lontano, concluse la partita praticamente con sei punte in campo pur di portarsi a casa la vittoria. E ci riuscì, ma sul mercato però funziona diversamente. Era davvero necessario metterci così tanto la faccia, Roberto?