Formula 1 – Quando si pensa di essere intelligenti, ci si dimentica di essere furbi
A volte anche i migliori sbagliano. Partendo da questo assunto, valido nella vita come nello sport, ciò che è successo nel GP di Monaco ha davvero dell’incredibile: al 65° giro Lewis Hamilton, capoclassifica indiscusso del Mondiale di F1 e dominatore – fino a quel momento – anche del Gran Premio monegasco, è incappato in un errore che definire mastodontico sarebbe un eufemismo. Non una semplice “buccia di banana”, ma un errore di valutazione enorme ed evidente. Non sappiamo cosa abbia portato il box Mercedes a far rientrare il suo pilota principe quando, seppur con lo spauracchio safety-car in pista, la corsa sembrava incanalata verso un’altra vittoria di prestigio per l’inglese.
Il team principal della Ferrari Maurizio Arrivabene non ha usato mezzi termini e ha accusato la casa tedesca di essere arrogante: “Quando si pensa di essere intelligenti, ci si dimentica di essere furbi”. E probabilmente, questa frase racchiude tutto il significato di questo errore: a volte l’evidente superiorità fa sì che chi ne gode perda di vista, anche solo per un istante, la realtà. Un po’ come nella favola della lepre e della tartaruga, la velocissima Mercedes di Hamilton ha buttato a mare tutto il vantaggio ottenuto fino a quel momento e ha fatto rinvenire il suo avversario diretto, che altrimenti non sarebbe stato al suo passo.
A godere di questa situazione è stato un Nico Rosberg coriaceo e sempre al passo con il compagno, ma che in qualifica non riesce a centrare (quasi mai) la pole: questa stagione gli è riuscito solo una volta e, in gare di questo tipo, in cui i sorpassi sono più rari di un quadrifoglio, partire davanti è praticamente tutto. Per il tedesco è il terzo sigillo consecutivo nella gara di Montecarlo, evento che lo fa entrare nel gotha del plurivincitori del GP (con tre vittorie ha raggiunto Moss e Stewart).
Ma anche la Ferrari può dirsi soddisfatta: certo, solo in parte, visto il piazzamento non di primo piano di Räikkönen. Sebastian Vettel ha dimostrato ancora una volta di essere l’unico in grado di stare al passo delle Mercedes, seppur con le difficoltà di sorta che sembrano impedire, almeno per ora, di primeggiare. Il campione tedesco ha da subito trovato il feeling giusto con la sua monoposto e la sensazione è che, con il lavoro maniacale al quale ci ha abituati, possa contribuire in maniera decisiva a riportare la Rossa a lottare per il titolo.
Cosa che invece non sembra valere per un Fernando Alonso ancora alle prese coi problemi alla sua McLaren-Honda, che lo ha costretto mestamente al ritiro. Una débâcle forse prevedibile, viste le prove disastrose della scuderia inglese nelle prime cinque prove del Mondiale, ma che fanno sempre specie se si pensa al talento del pilota e alla sua bravura in pista (doti che negli ultimi anni hanno di fatto tenuto a galla la Ferrari).
Il fine settimana motoristico non ci aveva regalato grandi sorprese, tutto sembrava scivolare nella monotonia e nell’abitudine di vedere Hamilton tagliare per primo la linea del traguardo: invece è bastata una decisione avventata a rimescolare tutto, a far tornare Rosberg in lizza per il Mondiale e a far rinvigorire una Ferrari sì in progresso ma rassegnata ad ambire, al massimo, al terzo gradino del podio. A volte, dove non possono i sorpassi, ci pensano certe (in)decisioni dai box a rendere più elettrizzante la corsa: un mero contentino, certo – soprattutto per chi si lamenta dello scarso spettacolo in pista – ma i Mondiali si vincono anche così.
La superiorità può essere netta e certificata, ma il sangue freddo e l’umiltà sono spesso più importanti e decisivi.