Non che ci fossero molti dubbi anche prima, ma dopo la notizia del ritiro della candidatura di Luís Figo per l’elezione del prossimo presidente FIFA — e, soprattutto, avendone lette le motivazioni — possiamo asserire che avremo un Blatter V, ossia il quinto mandato consecutivo dell’attuale presidente, eletto nel 1998 e rieletto nel 2002, 2007 e 2011.
Se al momento della sua candidatura, arrivata all’ultimo giorno disponibile, le possibilità di elezioni dei suoi tre avversari sono crollate sensibilmente, le dichiarazioni di Figo hanno semplicemente esplicato ciò che tutti sapevano o sospettavano.
Ma andiamo con ordine: senza entrare nel merito degli altri due candidati, il Principe Alì (vice-presidente FIFA dal 2011) e Micheal van Praag (presidente della Federcalcio olandese e vice-presidente UEFA), Luís Figo era quello che, nell’immaginario collettivo europeo — più di van Praag, che è un classe ‘47 — rappresentava il simbolo di innovazione e rinnovamento proprio nell’organo calcistico più importante e più al centro dei riflettori degli scandali degli ultimi anni. L’ex calciatore di Sporting Lisbona, Barcellona, Real Madrid e Inter in questo contesto, pur conscio delle sue poche possibilità, era l’uomo giusto per puntare alle elezioni del 2019, quelle del definitivo distacco da una determinata tipologia di dirigenza e da un modo di fare e di pensare. Era il “nuovo che avanza”, un uomo cresciuto nel mondo del calcio, che lo ha vissuto da dentro e che avrebbe potuto mettere a disposizione il suo bagaglio di esperienza a un organo che appare sempre più obsoleto. Per fare un paragone con la nostra Federcalcio, per capirci meglio, era come Albertini, il volto nuovo e fresco, contro Tavecchio, esponente della vecchia classe dirigenziale e di tutte le “alleanze di convenienza” che la caratterizzano.
Eppure, nonostante il suo entusiasmo e l’intenzione dell’Europa di appoggiarlo (seppur non in via ufficiale) dopo i dissidi tra Platini e Blatter, Figo ha deciso di ritirare la sua candidatura con un comunicato che lascia poco spazio alle interpretazioni: “Non è una normale competizione, ho visto cose che dovrebbero far vergognare chi vuole un calcio libero e democratico; credo che a Zurigo non avverrà una normale elezione. Pertanto, non vi prenderò parte”, questo il sunto delle sue dichiarazioni.
Il portoghese si è reso conto di cosa – ma soprattutto chi – si è messo contro, ossia personaggi con intere federazioni alle spalle e con nessun interesse nel perdere la poltrona. Dal suo comunicato traspare amarezza e un po’ di disillusione, soprattutto quando dice “Entrare in corsa per questa carica era stata una mia decisione personale, presa dopo aver ascoltato molte persone nel mondo del calcio internazionale. La Fifa ha bisogno di un cambiamento urgente, ma ho visto coi miei occhi presidenti di Federazioni che, dopo aver comparato i dirigenti Fifa al diavolo, vanno sul palco e li paragonano a Gesù Cristo. Non mi è stato riferito, l’ho visto io come testimone oculare. Ai candidati presidenti è stato impedito di parlare ad alcune federazioni e congressi, mentre uno dei candidati ha potuto farlo. Non c’è stato un singolo confronto pubblico”.
La situazione descritta da Figo non sorprende nessuno, sia chiaro, perché come operi Blatter e che potere abbia all’interno di alcune federazioni (ha l’appoggio totale delle Americhe, dell’Asia e dell’Africa) è risaputo, ma averne la conferma di uno dei diretti interessati lascia sempre un po’ perplessi. È un peccato, perché poteva essere davvero il primo mattone per un cambiamento futuro, per ripulire un sistema coinvolto negli scandali delle assegnazioni dei Mondiali in Russia (2018) e in Qatar (2022). Purtroppo anche se l’Europa tutta dovesse ora appoggiare van Praag non basterebbe: il vecchio continente pesa solo 54 voti su 209 e tra quattro anni l’olandese, già avanzato con gli anni ora, sarebbe ancora più vecchio.
Ci sarebbe stato bisogno di uno come Luís Figo ed è un peccato che sia andata così. Vorrà dire che continueremo a guardare le partite con quella strana sensazione che si prova quando non ci si fida per nulla di ciò che c’è dietro al sipario.