Tutto in un anno: “Il calcio è strano Beppe”
Che strano sport è il calcio. Chissà quanti articoli hanno attaccato così e quanti ancora si apriranno con le medesime parole. Più si cerca di sfuggire alla banalità e più ti si ripresenta in testa: la frase fatta per eccellenza. Scusateci, per questa volta non possiamo farne a meno.
I paragoni sono sempre difficili da fare. Alcuni calzano a pennello, altri offendono e altri ancora illudono. Se diamo un occhio alla classifica di quest’anno rispetto a quella della passata stagione, non possiamo che trovare un minimo comune denominatore insieme a tante, tantissime variabili. Il primo posto in classifica ha gli stessi colori da quattro anni a questa parte e da lì non si sfugge. Ma nel caso vi foste persi le ultime 36 giornate di Serie A, non potrete che meravigliarvi di vedere il Parma in coda alla classifica.
Una squadra che approda in Europa League l’anno dopo scende fino in B? Ma che è successo? Beh, è vero che la palla è rotonda ma qui erano i conti a non quadrare. Gli emiliani non sono fortunati in tema presidenti: il cognome Tanzi potrebbe andare a braccetto con quello di Ghirardi e l’unica certezza che sono riusciti a dare al futuro del Parma è stato un grosso punto di domanda. Sì, storie diverse in anni diversi, ma la parte offesa rimane la stessa: i tifosi. Ingannati e delusi da una vicenda che ha dell’incredibile, hanno dovuto cancellare aerei e sogni per ritrovarsi a lottare contro una retrocessione più che inaspettata.
Scombussolati dal nome in fondo alla lista, ci riassestiamo nel vedere la crescita di Lazio, Genoa e Sampdoria che stanno disputando una grandissima annata, molto al di sopra delle aspettative estive. Eppure manca qualcosa. Scorriamo il dito per cercare due squadre che, in Italia e in Europa, hanno vinto. Inter e Milan, eccole lì, a metà del menù, con i nerazzurri ancora indecisi se finire tra i primi o i secondi rispetto ai cugini rossoneri, ormai alla frutta.
Cinque anni fa, nello stesso mese Mourinho portava tre trofei ad Appiano Gentile; Mancini, oggi, sta pazientemente ricostruendo una squadra mattone per mattone cercando di ridarle un’anima prima ancora di un gioco. Arrivato in corsa col consenso della piazza, ha condotto una campagna acquisti importante più per il marketing che per i risultati. A Milanello invece, Inzaghi ha più di un diavolo per capello, con un annus horribilis quasi alle spalle e la voglia di ricominciare da zero, magari in un ambiente diverso, chissà.
Quella che non cambia, è la voglia di Berardi di segnare al Milan: tre gol lo scorso week-end più quattro poco più di un anno addietro, fa sette scalpi in due campionati. Bestia nera? Sì, soprattutto per Max Allegri, visto che lo condannò a un esonero scontato e alle ferie pagate fino allo scorso luglio. Ma come avrete sentito dire, il calcio non è una scienza esatta. Perchè se un giorno sei un allenatore che con cento euro in saccòccia si siede di fronte a un piatto di cacciucco, da lì a qualche mese potresti trovarti a mangiare all’Olympiastadion di Berlino con una manciata di spiccioli in tasca.
L’esempio, trito e ritrito, della tavola imbandita con tanto da mangiare è un’altra delle banalità che si adatta alla perfezione al momento della Juventus. Si pensava che tre anni di Conte stancassero chiunque e che una squadra italiana non fosse abbastanza grande da sedersi al tavolo buono senza seggiolone. Invece no. La Coppa Italia appena conquistata mancava addirittura dal ’95, come il derby al Toro. Ricorrenze? Leciti gli scongiuri.
Tutto questo in circa dodici mesi. Nemmeno nelle trame più ingarbugliate ci si sarebbe aspettato un finale così. Ora manca solo il colpo di scena, che di tutti gli epiloghi, è quello che lascia maggior gusto nella bocca dello spettatore. “Il calcio è strano Beppe”. “Sì Fabio, il calcio è strano” rispose Marotta.