Mondo Pallone Racconta… 22 maggio 1963: la finale di Coppa Campioni in un ufficio di Milano

Milano, mercoledì 22 maggio 1963, via Washington 70, sede della Borletti Spa. L’azienda, fondata nel secolo precedente, produce macchine per cucire, ed è anche attiva in un settore in espansione: gli strumenti per auto. In quel palazzo si trova anche la Divisione Progettazione. Ragazzi giovani, dinamici, ambiziosi, guidati da persone esperte, ma severe quando serve. Molti sono appassionati di calcio, ed essendo milanesi, sono divisi equamente nel tifo tra MilanInter.

Pino, disegnatore, lavora nella progettazione. Sta pensando al matrimonio con Giancarla, ma con il Milan è ormai sposato da lustri. Nel reparto Campionatura, dove nascono i prototipi e gli operai fanno parte di quella che verrà definita, anni dopo, “aristocrazia operaia” anche per la particolare abilità manuale, c’è invece Sandrino, interista per la pelle. Come tutti i suoi compagni di fede, si sta godendo la cavalcata della sua Inter verso il primo scudetto dell’era Moratti. Ma oggi è la giornata di Pino, che attende questo mercoledì dal 28 maggio 1958, giorno della sconfitta nella finale di Coppa Campioni con il Real Madrid dopo i supplementari.

Oggi può sembrare impossibile, ma a quei tempi, chiedere ferie in periodi non canonici, era come bestemmiare in Duomo. Impensabile anche ascoltare la radio in ufficio. Troppo difficile però aspettare l’uscita alle 17 per avere il risultato, non contemplabile l’attesa fino a sera, quando la partita verrà trasmessa in differita, perché in diretta avrebbe disturbato la giornata lavorativa. Bisogna inventarsi qualcosa. Appuntamento in mensa per le 12.

Al tavolo di Pino sono seduti i milanisti più accesi. Arriva l’intuizione: al laboratorio fotografico, in camera oscura, è consentito tenere accesa la radio, e i colleghi sono d’accordo ad ascoltare la partita. Ma come fare circolare le informazioni? Guai ad allontanarsi troppo spesso dal tavolo da disegno! È Pino ad avere l’idea: “Si scende in camera oscura ogni quarto d’ora, a turno. Si bussa alla porta, aggiornamento risultato e si torna in ufficio a riferire”.  “Porca miseria, siamo troppo pochi”. “Chiediamo agli operai della Campionatura?”. “A chi?  A Sandrino o al ‘Mago’, che sono uno interista e l’altro juventino? Gli vuoi mettere la ‘gufata’ su un piatto d’argento?”. Si fa. È Pino a chiedere, in milanese stretto, a Sandrino di fargli il piacere. L’altro sorride e ovviamente si presta: la passione per il calcio è la stessa, sono le domeniche allo stadio a essere alterne. Ci si accorda sugli orari. A chiedere il risultato finale sarà Pino. A turno, gli altri scenderanno in laboratorio fotografico per avere i parziali“Mi raccomando, teniamo conto che a Londra sono un’ora indietro rispetto a noi…”.

Milan-Benfica, all’Empire Stadium di Wembley, è iniziata. Primo giro in camera oscura: zero a zero. Sarà Sandrino a portare, con un sorriso, al passaggio successivo, la notizia del gol di Eusébio: il destino sa essere beffardo, a volte…  Fine primo tempo, Milan sotto uno a zero. Alla radio dicono che i rossoneri stanno faticando, e del resto “loro” sono fortissimi. Pino è tranquillo, e fuma una sigaretta vicino alla sua postazione di lavoro: “I morti si portano via quando sono freddi…” dice in dialetto a uno sconsolato collega. Secondo tempo, riprende la spola. Arriva la notizia prima del pareggio al 13′, seguita da quella del vantaggio segnato al 21′ da “Mazzola” Altafini. Manca il risultato finale. Pino scende, bussa alla porta del laboratorio. È fatta! Ma prima di andare in ufficio, un passaggio in Campionatura a sfottere i due colleghi di fede diversa è d’obbligo. Per Sandrino, ci sarà tempo per rifarsi l’anno successivo: andrà, di persona, al Prater di Vienna a godersi la vittoria della sua Inter contro il Real Madrid.

Pino e Sandrino andranno avanti a prendersi bonariamente in giro per il calcio fino alla pensione di entrambi. La vita, incrociata a quella dei figli, li farà diventare addirittura, da pensionati, vicini di casa. Sandrino è partito per l’ultima trasferta in un freddo e grigio giorno d’inverno di quest’anno. E, a salutarlo, assieme a mezza Cornaredo, c’era il suo collega e amico per tanti anni.