Esistono nomi che evocano una mescolanza di ricordi e di emozioni in tutti gli appassionati di Formula 1. Montecarlo è uno di questi. Il circuito monegasco, su cui domenica si disputerà la sesta gara del Campionato, rappresenta una continuità fra il passato più eroico e il presente sempre più tecnologico degli sport motoristici.
Il circuito cittadino per eccellenza nacque nel 1929, a opera del fondatore dell’Automobile Club de Monaco, Antony Noghes. Sulla prima pagina dell’albo d’oro spicca il nome di William Grover-Williams, pilota inglese cresciuto proprio a Montecarlo, il cui temperamento coraggioso lo condusse a rischiare la vita dentro e, soprattutto, fuori dalle piste. Durante la Seconda Guerra Mondiale svolse infatti un ruolo di spicco nella Resistenza francese e fu durante una manovra di sabotaggio che venne arrestato dai soldati nazisti che occupavano la Francia. Secondo i documenti ufficiali, venne giustiziato nel marzo del 1945 in un campo di concentramento tedesco, ma sulla sua morte aleggia un’aura di mistero e leggenda.
Alcune indiscrezioni sostengono che sarebbe scampato alla condanna per poi, una volta terminato il secondo conflitto mondiale, raggiungere la moglie in Aquitania. Proprio questa regione a Sud della Francia, all’inizio degli anni ’80, sarebbe stata teatro della sua “Vera” morte, nei cui tratti paiono risuonare echi della leggenda di Samarcanda e della saga cinematografica di Final Destination. Secondo alcuni testimoni, venne infatti travolto da un turista tedesco alla guida di una Mercedes, marchio tristemente famoso per aver sfruttato, durante la guerra, la manodopera proveniente dai campi di concentramento.
Fu nel 1950 che Montecarlo ospitò per la prima volta un Gran Premio valido per il Mondiale e a vincerlo fu il leggendario Juan Manuel Fangio, su Alfa Romeo. L’edizione successiva, datata 1952, vide per la prima volta una Ferrari sul podio, grazie a Vittorio Marzotto. Il circuito tornò a ospitare una gara del campionato tre anni dopo, nel 1955, incoronando nuovamente la casa di Maranello, con Maurice Trintignant, zio del celebre attore Jean-Louis. Questi primi successi parvero il preludio di un lieto legame fra la Rossa e il circuito monegasco; al contrario, negli anni a seguire, il Principato si sarebbe dimostrato avaro di gioie per i tifosi ferraristi.
Il digiuno di vittorie si protrasse per un ventennio, disseminato di delusioni e funestato, nel 1967, dal tragico incidente di Lorenzo Bandini, causato anche dalle scarsissime misure di sicurezza dell’autodromo. Bandini morì per le ustioni riportate nell’incendio della sua Ferrari: le immagini richiamano involontariamente quanto accaduto a Niky Lauda al Nürburgring nel 1976, ma con un diverso epilogo. Fu proprio l’austriaco, nel 1975, a porre fine al digiuno ferrarista sull’asfalto di Monaco, distanziando per pochi secondi il rivale Emerson Fittipaldi. La gara non terminò con il raggiungimento dei giri designati, bensì, come da decisione dei giudici, allo scoccare delle due ore dalla partenza. Sul traguardo un entusiasta Luca Cordero di Montezemolo, all’epoca manager della scuderia, prese a pugni l’altro pilota ferrarista Clay Regazzoni, reo di averlo trattenuto con troppa foga.
Gli ultimi anni, per la casa del Cavallino Rampante, sembrano rispecchiare il famoso ventennio senza vittorie. L’ultimo successo risale infatti al 2001, quando Michael Schumacher e Rubens Barrichello piazzarono un’entusiasmante doppietta, seguiti dall’ex ferrarista Eddie Irvine su Jaguar. Gli appassionati della Rossa si augurano che Sebastian Vettel possa contribuire a sfatare il taboo monegasco, bissando la vittoria ottenuta nel 2011 sulla Red Bull. Nico Rosberg, trionfatore delle ultime due edizioni, partirà da favorito, ma le curve lente e veloci del circuito hanno mostrato, fin dagli albori, come le sorprese, a Montecarlo, siano molto frequenti.