C’è vita oltre Milano?

Passerella milanese verso il titolo, o lotta vera? Da stasera le prime risposte: con le palle a due di Milano e Trento apriranno i battenti i playoff del campionato di basket 2014-2015. Quarti di finale al meglio delle cinque, giusto per scaldare i motori in vista di semifinali e finale; tanti temi, tante ruggini, qualche malinconia – pensando ai tempi andati, e alla distanza tra l’alta Eurolega e la Serie A – ma soprattutto voglia di esserci: a casa davanti alla tv come a palazzo, a distanza come dal vivo.

Considerati budget e valori della rosa, Milano rischia davvero di vincere in scioltezza: è una squadra che occupa una zona intermedia tra il meglio della pallacanestro europea e la nostra, lontana parente di quella degli anni ’90 e del primo lustro del 2000, quando le potenze parlavano bolognese o trevigiano, magari anche senese. Crisi, fallimenti, rinascite a metà, ibridi, cambi di nome e fusioni: non ci ha fatto bene, non ci fa bene. Anche perché poi, se da noi il soldo è venuto a mancare, fuori confine s’è creata un’Eurolega che guarda la NBA con meno soggezione di un ventennio fa, e che forse una sorta di “Intercontinentale” seria e su regole FIBA se la meriterebbe.

Tra i tanti e atavici problemi che attanagliano il nostro basket, spicca la mancanza delle polisportive: vedi le grandi di Spagna, o le turche o le greche. Per non parlare della novità Bayern Monaco, per tenersi sul recente. Da noi è prevalso, storicamente, un altro modello e gli effetti li stiamo ancora pagando. Naturalmente non tutti i mali vengono per nuocere e, in certi contesti, la crisi delle grandi storiche ha promosso piccole realtà, alimentato sogni stagionali di realtà storiche recentemente schiacciate dall’egemonia delle Benetton e Virtus di turno, premiato progetti razionali, seri e di crescita progressiva: Sassari ha messo in bacheca 2 Coppe Italia e soltanto pochi anni fa ha sfiorato il fallimento, Trento ha chiuso al quarto posto la regular season, da neopromossa.

Qualcuno obietterà, facendo riferimento al crollo (talvolta sparizione) delle grandi di un tempo, che scalare le gerarchie di questa Italia è più facile di una volta, ma si gioca sempre contro chi ci si trova di fronte, ci si può misurare solo con l’hic et nunc: è a Trento che toccherà sfruttare, magari, la bella casalinga contro Sassari, è a Reggio che conviene non sottovalutare Brindisi, è Venezia che ospiterà Cantù con la sua stella Ron Artest (pardon: Metta World Peace). In tutto questo, Milano il suo compito già lo sa: dimenticarsi le immagini della Final Four di Madrid (ciò che poteva essere e non è stato), quelle della Coppa Italia, e pensare a cucirsi lo scudetto sul petto per il secondo anno di fila.

Perché l’Olimpia sa di essere la più forte, ma sa anche di trovarsi sempre di fronte avversari che danno il 120%, e che a partire battuti non ci vogliono stare: benvenuti ai playoff, per scoprire se c’è vita oltre Milano.

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Matteo Portoghese