Sembra incredibile e probabilmente lo è soprattutto per gli avversari. Nemmeno il tifoso più positivo e fantasioso ad inizio stagione avrebbe pensato a un’annata simile. Juventus Campione d’Italia, finalista in Coppa Italia e in Champion’s League, con la possibilità di eguagliare i nemici nerazzurri in un Triplete storico e inaspettato.
Pochi mesi fa Conte lasciava i bianconeri a piedi e i tifosi nella disperazione. Digerire l’arrivo del milanista Allegri è stato tutt’altro che semplice per il popolo bianconero, che sul nuovo tecnico avanzava mille perplessità. Se ciò non bastasse, un mercato avaro di soddisfazioni – ma che in realtà aveva conservato una rosa già buona – non era certo la premessa di una stagione esaltante.
Già, il mercato. Curioso ripensarci oggi. Doveva essere l’estate di Iturbe a Torino, ma non se ne fece nulla, con lo scippo giallorosso e la disapprovazione di Conte. Meglio così, penserete oggi. Dovevano arrivare: Falcao , Jackson Martinez, Guarin, Alexis Sanchez, Lulic o Darmian; ma arrivarono invece solo Morata, Evra e Pereyra. Un mercato al risparmio e forse anonimo per una società che voleva crescere, che però ha permesso alla Juve di risparmiare sacrifici eccellenti e rinforzarsi in maniera mirata.
Così in silenzio, lavorando a testa bassa in sinergia tra scrivania e campo, il club torinese ha trasformato quella che poteva essere una pessima annata in una stagione da incorniciare. Protagonista in Italia e finalmente anche in Europa, dove da outsider centra la finale della coppa più ambita, 12 anni dopo l’ultima volta.
Una favola quella juventina che si ripete da qualche anno in Champions. Già nelle recenti edizioni infatti ad approdare in finale è stata una cenerentola della manifestazione, basti pensare all’ Atletico Madrid di Simeone, al Borussia D. di Klopp oppure al Chelsea di Di Matteo.
Squadre queste che a inizio competizione non erano certo tra le favorite alla vittoria finale, ma che grazie a tecnici giovani ed emergenti insieme all’esplosione dei propri talenti hanno saputo arrivare fino in fondo.
Di Matteo ereditò un Chelsea traballante da Villas-Boas, pieno di giocatori come Drogba, Cech, Lampard che molti avevano dato per finiti. Tuttavia l’entrare in punta di piedi nello spogliatoio blues, dando fiducia ai senior e caricandogli la squadra sulle spalle, ha permesso al club di Abramovic di vincere per la prima volta nella sua storia il titolo di Campioni d’Europa.
Simile, ma allo stesso tempo diversa la strada percorsa dalle “api” di Klopp e dai “colchoneros” di Simeone. Squadre ricche di talenti giovani come: Reus, Lewandowski, Hummels, Diego Costa e Curtois; hanno trovato nei rispettivi allenatori idee calcistiche e filosofia adatte per esaltare e far esplodere nel palcoscenico internazionale i propri calciatori.
Ora tocca alla Juve provare a dare il lieto fine a questa favola insperata quanto magnifica. Il segreto di queste squadre è stato quello di riuscire a creare un gruppo di buona qualità, con in panchina un leader carismatico, senza cedere alle lusinghe di mercato arrivate dalle big europee, tenendo in organico quindi i propri campioni, senza inoltre ricercarne altri che potessero rompere determinati equilibri.
Organizzazione, determinazione e gruppo hanno limato il gap tecnico di questi team con le rose fantacalcistiche delle rivali conseguendo risultati meritati. La storia ci insegna che ripetersi e non perdere pezzi importanti da luglio in poi risulterà difficilissimo, ma la Juve oggi deve vivere il presente e cogliere l’occasione. Davanti il Barcellona, una squadra di alieni, ma nelle fiabe può accadere di tutto.