Era il luglio di un paio d’anni fa, mi trovavo a Barcellona in vacanza ed ero mentalmente pronto a vedere, in zona stadio e non, decine e decine di maglie di Messi, Iniesta, Xavi e tutti gli altri campioni della rosa blaugrana. Invece no, perché la maglia più gettonata era un’altra, di un giocatore che ancora doveva salire sul prato del Camp Nou per la prima volta: turisti o no, tifosi del Barcellona o meno, averla sembrava quasi un dovere, un cimelio da mostrare fieri dopo qualche anno, quando la star si sarebbe sicuramente affermata. 56 mila alla presentazione di Neymar, ma ancora non era stato comunicato il suo numero: poco importa, si sarebbe fatto stampare dopo.
Il momento della consacrazione definitiva è arrivato, dopo una prima stagione in chiaro scuro che lo aveva già messo nella lista dei cattivi, specie per quella sua brutta attitudine ad accentuare ogni minimo contatto fisico: caratteristica che, secondo molti, non lo rendeva compatibile con il calcio europeo. Se a tutto questo aggiungiamo le 15 reti in 41 partite, considerando le aspettative che si erano create all’inizio per la cifra spesa dal Barcellona – 57 milioni di euro – è facile immaginare come più di un dirigente blaugrana si sia chiesto se, effettivamente, quell’operazione avesse portato davvero benefici alla squadra.
La risposta, seppur con qualche mese di ritardo, è arrivata forte e chiaro. 37 reti in 47 partite, di cui 21 in campionato e ben 9 in Champions League, sono una media stratosferica persino per un giocatore affermato, figuriamoci per chi deve condividere il posto con Suarez e Messi (due che tendono a segnare, per usare un eufemismo) e ha compiuto 23 anni soltanto nello scorso febbraio. A tutto questo dobbiamo anche aggiungere che lo stesso 23enne, tra l’altro, ha già realizzato 43 reti in 62 partite con la nazionale maggiore, trainando sulle spalle un’intera nazione durante gli ultimi mondiali brasiliani. Probabilmente non sarebbe bastato nemmeno lui contro quella Germania, ma nella storica disfatta per 1-7 contro i tedeschi, lui non era in campo per infortunio.
La perfetta macchina guidata da Luis Enrique è così in finale di Champions League, in finale di Copa del Rey e, inoltre, è a un passo dal vincere la Liga. In pochi lo avrebbero detto all’inizio, quando il tecnico ex Roma sembrava non fosse nelle grazie di Messi, mentre Suarez faticava a ingranare. Oggi sono sicuramente la squadra favorita per vincere la Champions, qualunque sia il risultato di Real Madrid-Juventus, e hanno in rosa probabilmente uno dei tridenti più forti degli ultimi vent’anni. Paradossalmente, per caratteristiche tecniche, al Barcellona converrebbe tifare Real Madrid perché i rivali storici, oltre al tridente delle meraviglie, hanno dimostrato di avere ben poco: poca qualità a centrocampo – in assenza di Modric – e soprattutto una solidità difensiva lontanissima dai più alti standard europei. La Juventus, invece, ha già dimostrato di essere un problema per quelle squadre che vogliono creare gioco, sfruttando la velocità del duo Tevez-Morata in ripartenza e, soprattutto, la grande abilità dei centrocampisti bianconeri nell’inserirsi in area. Il problema più grande, per chi dovrà affrontare il Barcellona, sta però nella fase difensiva: chi li ferma quei tre davanti?