Formula 1 – Alonso conquistador dove non c’è oro, Ferrari in un limbo senza emozioni
I due volti alternativi del Gp di Spagna, dominato manco a dirlo dalle frecce d’argento, sono accomunabili come due facce della stessa medaglia, una certamente più sbiadita dell’altra, ma entrambe destinate ad una sorte comune: poche, pochissime emozioni e una dose crescente di frustrazione.
La prima, che vive sotto una patina di grigiume pari a quella che ricopre la monoposto, è quella della Mclaren-Honda, un binomio che Gp dopo Gp fa sempre più ombra sulla propria storia con delle prestazioni al limite dell’imbarazzante, costringendo i piloti a navigare nel pantano delle retrovie o a guardare gran parte della gara comodamente seduti ai box.
Nonostante le dichiarazioni bellicose prodotte ad hoc il sabato post qualifiche, che auspicavano la possibilità concreta di concludere la gara in zona punti, la realtà dei fatti è stata ancora una volta disarmante per Button ma soprattutto per Alonso, un pilota che ha incantato i tifosi della Ferrari per cinque anni, prima di avventurarsi in un’avventura da mettere tristezza anche al più ottimista sul globo. Nando è stato costretto ancora una volta al ritiro, dopo aver quasi investito un meccanico ai box per la rottura dei freni anteriori, e anche nella gara di casa non è riuscito a portare a casa nemmeno le briciole cosi come il suo compagno di squadra Button, sedicesimo alla bandiera a scacchi.
Gara dopo gara diventa dunque sempre più incomprensibile la scelta dell’asturiano di imbarcarsi su una nave che imbarca acqua da tutte le parti e le solite dichiarazioni da disco rotto, riproposte ancora una volta al termine della gara, su come la macchina stia facendo passi avanti da gigante lasciano ancora più perplessi: Nando insomma ha assunto le sembianze di un conquistador in una terra come quella britannica dove, metaforicamente e letteralmente parlando, di oro non ce n’è manco l’ombra, chissà quando comincerà a smetterla di far finta di non essersene accorto ancora.
Il risvolto della medaglia ha invece il colore rosso della Ferrari, nettamente più forte della McLaren e di tutto il resto della concorrenza intrappolata in una dimensione di mediocrità cronica da spavento, ma ancora ampiamente inferiore alla Mercedes, e per questo costretta in un limbo senza possibilità di lottare con i più forti nè di divertirsi nella bagarre con tutti gli altri. La rossa è sospesa in una dimensione tutta sua, un’incompiuta in grado di sbaragliare tutti tranne i più forti, disputando gare che se non fosse per la tenacia saltuaria di Bottas, bravo ad infilarsi ogni tanto tra la coppia di Maranello, sarebbero da sbadigli a 300 km/h, troppo lente per quelli che scappano, troppo veloci per chi insegue.
Anche a Barcellona è bastato che Hamilton riuscisse a smarcarsi da Vettel per solcare un abisso incolmabile, chiudendo con più di quaranta secondi di vantaggio; tutti gli altri, ad eccezione del finlandese sulla Williams, non pervenuti e addirittura doppiati, ad evidenziare ancora una volta la poca attrattività di una Formula 1 che non permette di riequilibrare, causa assenza test, le forze in campo.
La strada per il titolo è già segnata dopo soli cinque Gp e non si capisce come questo spettacolo, che di spettacolo ha davvero ben poco, possa andare bene a chi gestisce il circus. Restano quindi tutte le prospettive di una stagione da vorrei ma non posso per la scuderia di Maranello, sicuramente soddisfatta per i passi avanti fatti rispetto allo scorso anno, ma con il passare del tempo sempre più in preda ad una frustrazione inevitabile per quel gap che non gli permette un duello alla pari, e accontentarsi del secondo posto non è insito nel DNA Ferrari: d’altra parte, come diceva proprio il fondatore della scuderia, i secondi sono i primi degli sconfitti.