ESCLUSIVA MP – Massimiliano Sellini: ciclismo e Group Cycling
Massimiliano Sellini, cultore delle materie “Valutazione Funzionale” e “Indoor Cycling e Cardiofitness” in Scienze Motorie presso l’Università di Tor Vergata a Roma, Direttore Sportivo della squadra Mountain Bike Kento Racing Team, preparatore/allenatore ciclistico e Group Cycling Master Instructor, affronta con noi numerosi argomenti riguardanti il mondo del ciclismo e quello dell’Indoor Cycling.
Peter Sagan (tre volte maglia verde al Tour de France) e Ryder Hesjedal (vincitore del Giro 2012) sono gli esempi più famosi di atleti che hanno mosso i primi passi nella MTB e poi sono passati alla bici da corsa. Quali sono le principali difficoltà che incontra un ex biker nel cimentarsi sulla strada? Ritieni più facile il passaggio dalla MTB alla BDC l’inverso?
“Peter Sagan, Ryder Hesjedal, ma prima ancora Cadel Evans, per non parlare dei nostri Vincenzo Nibali e Fabio Aru (solo per elencarne alcuni tra i più conosciuti), sono tutti atleti passati dalla MTB alla BDC.
Difficoltà non ce n’è, purché il passaggio avvenga nei tempi di maturazione fisica dell’atleta. Bisogna acquisire un assetto diverso in bicicletta e sviluppare schemi motori simili, ma tuttavia diversi tra loro, con allenamenti mirati a un modello di prestazione molto differente tra le due specialità ciclistiche in esame.
Un atleta talentuoso nella specialità fuoristrada potrà avvalersi della sua buona capacità di guida per fare bene nella strada, ma viceversa sarà sicuramente più difficile, soprattutto se per MTB intendiamo gare di XC, dove la componente tecnica è prevalente rispetto alla lunga distanza sempre in MTB, come nelle gare Marathon”.
Nel ciclismo ci si è adoperati molto, negli ultimi anni, per garantire la sicurezza degli atleti. Tutti ricordiamo la tragica morte di Casartelli al Tour de France. Ora nelle gare agonistiche il casco è diventato obbligatorio, e in caso di condizioni climatiche avverse si arriva anche alla modifica del tracciato iniziale. Lo stesso discorso vale per la MTB che quest’anno, però, è stata colpita dalla scomparsa della giovane olandese Kalvenhaar. Un tuo parere personale: il livello attuale di sicurezza è buono, oppure ci sono aspetti su cui bisogna ancora migliorare?
“La morte di Fabio Casartelli al Tour de France del 1995 fu sicuramente il primo caso che aprì il dibattito sull’uso durante le competizioni del casco rigido, che venne introdotto solo nel 2003 dopo la morte di un altro ciclista, Andrei Kivilev, alla Parigi-Nizza. Purtroppo anche con questa precauzione abbiamo assistito all’ennesima tragedia al Giro del 2011, con la scomparsa di Wouter Weylandt, a dimostrazione dell’inefficacia dei caschetti rigidi che su alcuni tipi d’impatto, soprattutto frontale, non sono protettivi.
La stessa cosa è accaduta alla giovane biker olandese Annefleur Kalvenhaar nella prova di Coppa del Mondo di MTB di Méribel in Francia nel 2014. Il mio parere è che la tecnologia ha fatto in modo che il ciclismo su strada si velocizzasse, con il supporto di nuovi materiali per telai e gomme. La stessa tecnologia dovrebbe migliorare anche la sicurezza, solo che le risorse economiche destinate a tale scopo sono inferiori. Oltre questo c’è la disattenzione degli organizzatori, i quali spesso non mettono in sicurezza punti dei tracciati che, soprattutto in condizioni meteo pessime, potrebbero essere fatali e purtroppo ciò ci fa assistere inermi a tragedie simili.
Per quanto riguarda invece il settore MTB, c’è da dire che negli ultimi anni le prove di Coppa del Mondo e Mondiali di Cross Country sono cambiate, con l’inserimento di tratti ipertecnici, che a volte neanche il primo corridore in testa alla gara riesce a percorrere senza cadere. La spettacolarizzazione estrema di uno sport, per esigenze televisive, ovviamente non è sinonimo di sicurezza e forse bisognerebbe fare un passo indietro se non si vuole assistere ad altre tragedie”.
Che suggerimenti ti senti di dare a un ragazzo che si avvicina per la prima volta al mondo della MTB? Qual è il costo iniziale da affrontare tra bici, casco e attrezzatura? Prima di montare in bici che tipo di riscaldamento muscolare suggerisci?
“Esistono ormai sul territorio nazionale numerose scuole di ciclismo. Il consiglio è che appena capiamo che il ciclismo piace al ‘nostro’ ragazzo, è opportuno indirizzarlo verso una di queste. Troveremo sicuramente dei direttori sportivi o maestri di MTB pronti a impartire i primi insegnamenti. Per l’attrezzatura possiamo rivolgerci alle stesse scuole di ciclismo, che sapranno orientarci verso negozianti fidati, oppure metterci in contatto con privati che vendono attrezzatura usata in buono stato. Per il riscaldamento generale e specifico, consiglio almeno 15/20 minuti”.
Fontana, medaglia di bronzo a Londra 2012, nonostante la perdita del sellino nella parte finale di gara. Qual è lo stato attuale della MTB italiana e quali nazionali primeggiano in questo momento?
“Attualmente possiamo vantare una rosa di atleti di tutto rispetto e giovani bikers che, nei prossimi anni, con il salto nella categoria Elite, potranno ben figurare in ambito internazionale. Abbiamo vinto l’oro nelle ultime edizioni del Team Relay ai Campionati Europei e Mondiali, e questo la dice lunga sulla qualità della nostra squadra nazionale. Volendo fare due nomi su tutti, dico Gioele Bertolini ed Eva Lechner, già vincitori in Coppa del Mondo”.
Quali località italiane ti senti di suggerire per poter andare in MTB?
“Risposta scontata … l’Italia è tutta bella da girare in bicicletta”.
Cosa ne pensi dell’introduzione dei freni a disco nelle bici?
“Credo che le innovazioni tecnologiche, nei materiali e nella componentistica, siano sempre da valutare e testare. L’introduzione dei freni a disco nel settore strada, nello specifico, migliorerà la sicurezza. Penso all’affaticamento delle mani sulle lunghe discese per azionare i freni meccanici e penso ai casi di scollaggio dei tubolari, con le alte temperature raggiunte dai cerchi e causate dall’attrito con i pattini dei freni tradizionali. Sono dunque pienamente favorevole”.
Attualmente, tra i tuoi incarichi, ricopri anche quello di Master Instructor di ICYFF (Indoor Cycling and Fitness); puoi dirci sinteticamente cos’è l’Indoor Cycling?
“Esattamente, faccio parte del gruppo di Master Instructor, che insieme ai Master Trainer si occupano della formazione degli istruttori nel programma Group Cycling. L’Indoor Cycling in generale, e nello specifico Group Cycling, rappresenta la libertà di pedalare in un contesto indoor, con tutti i benefici dei moderni centri sportivi e con carichi allenanti individuali. Ogni allievo è libero di scegliere la propria resistenza (forza resistente che si contrappone alla pedalata); questo fa sì che ogni allenamento sia percepito in modo gratificante da ogni allievo neofita, avanzato o ciclista. Potete trovare informazioni sul sito ufficiale, www.icyff.com, e sul sito www.riminiwellness.com/events/262-group-cycling/”.
Come si può coniugare, per un atleta outdoor a livello agonistico, l’attività fitness dell’Indoor Cycling?
“L’atleta evoluto ha la possibilità di allenarsi al coperto e al caldo nei periodi invernali, soprattutto nelle regioni con clima rigido. In più gli allenamenti di qualità, specifici della forza, possono essere eseguiti in sala attrezzi e immediatamente ‘trasformati’ nel gesto specifico con una seduta di Group Cycling. Interval Training aerobici o aerobici/anaerobici, specifici del ciclismo, si ritrovano adattati in una sala Group Cycling. L’unica cosa che non si potrà fare, per ovvie ragioni, è la “distanza”, ma è possibile rimediare in bici un paio di volte a settimana”.
In particolare come si inquadrano ICYFF e Group Cycling nel panorama internazionale dell’Indoor Cycling, e quali sono i progetti di sviluppo futuri?
“Possiamo dire che sul territorio nazionale Group Cycling sia ormai la disciplina fitness dell’Indoor Cycling più seguita in assoluto. Lo dicono i numeri relativi ai centri fitness a noi affiliati, il numero di tesserati e il numero d’istruttori. ICYFF organizza oltre 100 eventi l’anno in tutta Italia, vantando oltre 3.500 istruttori e 10.000 praticanti in oltre 600 palestre e club. Abbiamo ogni settimana corsi di formazione capillarizzati sulla penisola. Per l’estero, grazie anche al traino che un nome importante come TechnoGym può dare, ci stiamo facendo conoscere, e parteciperemo alle fiere e agli eventi fitness più importanti sia negli Stati Uniti, sia in Brasile, sia in Oriente oltre che in Europa”.
Si ringrazia Massimiliano Sellini per la disponibilità e la gentilezza dimostrate e per la fattiva collaborazione nella realizzazione dell’intervista.
Si ringraziano i colleghi Elia Modugno e Giuseppe Pucciarelli per il supporto prestato nella predisposizione delle domande.