Allegri e felici
Il vero vincitore della la sfida contro la Fiorentina è stato Massimiliano Allegri. La scelta dell’ex tecnico rossonero come successore di Antonio Conte, sino ad allora intoccabile condottiero bianconero, aveva fatto storcere il naso un po’ a tutti in estate: ai media, al sottoscritto e anche ai tifosi stessi. Invece sta avendo ragione lui, e siamo solo ad aprile: quarti di Champions League conquistati (obiettivo minimo fissato all’inizio della stagione), scudetto in cassaforte già da almeno cinque o sei giornate – complice una Roma neanche lontanamente paragonabile a quella dello scorso anno – e finale di Coppa Italia già aggiudicata. Effettivamente ancora non ha vinto nulla e, anzi, ha già fallito dove il CT della Nazionale aveva vinto in passato, cioè in Supercoppa italiana contro il Napoli; tuttavia in quel caso c’è stata tanta sfortuna – e ingenuità – da parte dei suoi giocatori, (in)capaci di farsi rimontare per ben due volte.
Bonucci non doveva essere adatto alla difesa a quattro, Tevez non avrebbe mai trascinato la squadra in Champions League e anche alcuni esperimenti all’inizio apparentemente falliti – come l’impiego continuativo di Morata o Marchisio mediano davanti alla difesa – adesso sembrano imprescindibili. Buffon continua a dimostrare di essere tra i più costanti in questo ruolo nonostante l’età, Pogba ha compiuto il salto di qualità definitivo proprio sotto la guida del tecnico toscano e forse, a meno che non si svegli contro il Monaco, l’unica vera delusione della gestione Allegri è stato Arturo Vidal: trequartista o non trequartista, è innegabile che il cileno abbia subito un’involuzione che non è solamente tattica ma soprattutto fisica e mentale, come se si fosse rotto qualcosa nella testa del centrocampista il quale (insieme a Yaya Tourè) è stato per un paio d’anni tra i migliori mediani a tutto campo del mondo. Vogliamo poi parlare di Pirlo? Con l’arrivo di Allegri in molti avevano pronosticato un finale di carriera in netta discesa per il centrocampista ex Inter e Milan, tuttavia le sue prodezze balistiche si sono rivelate ancora una volta decisive in casa bianconera.
Qualora Allegri dovesse davvero approdare in semifinale, perdendo poi contro una big come Bayern Monaco, Barcellona o Real Madrid, difficilmente gli si potrebbe appuntare qualcosa. E’ pur vero che, al momento, in Europa non ha praticamente affrontato corazzate e quello tra Juventus e Monaco è probabilmente il quarto più povero tecnicamente della competizione: però la fortuna è una componente importante in questi casi e, seppur il Malmoe o l’Olympiakos non siano esattamente le squadre più forti nel panorama calcistico europeo, Allegri è riuscito dove Conte aveva fallito: ossia contro le piccole in campo internazionale, almeno nell’ultima stagione. La Juventus adesso è meno costante a livello di gioco e di intensità, però nella partita secca è diventata più forte e imprevedibile di prima: infatti i punti raccolti da Allegri sono meno rispetto a quelli collezionati da Conte – ma il campionato è stato chiuso ancor prima del previsto per via della crisi in casa Roma – ma nelle competizioni brevi o a eliminazione diretta il confronto non regge nemmeno.
Ancora in corsa su tre fronti, Allegri dovrà adesso gestire le energie soprattutto a centrocampo, dove mancherà il gioiello Pogba. Con Marchisio e Pirlo reduci da infortunio e un Vidal non in forma strepitosa, è facile intuire che sarà Pereyra l’uomo chiave per i prossimi incontri: perché se il campionato è ormai solo una formalità, nonostante l’aritmetica ancora non abbia decretato una vincitrice, in Champions League c’è un Monaco da battere anche in chiave ranking Uefa. Una doppietta Serie A-Coppa Italia, forse, basterebbe per cancellare da Allegri l’etichetta di “colui il quale è riuscito a perdere uno scudetto con Ibrahimovic in squadra”. Un dato di fatto oggettivo, uno spettro che al momento sembra essere molto lontano, come i dubbi e le perplessità che attanagliavano la Juve prima della trasferta di Firenze.