Il ballo dei debuttanti

Alla fine il vero vincitore è stato Antonio Conte. Criticato aspramente dal mondo juventino prima della partita, in realtà si è preso l’applauso del suo ex pubblico che, in tre anni, lo ha visto conquistare altrettanti scudetti. Per essere un’Italia sperimentale, poi, non è andata nemmeno così male: i dubbi erano tanti, dalla posizione di Florenzi al carattere di Ranocchia, dal debutto di Eder e Valdifiori dal primo minuto passando per Pellè, molto sottovalutato in zona gol. Il regista dell’Empoli incarna esattamente lo spirito di questa squadra: pochi nomi di livello, ma questo non è un problema per Antonio Conte, perché quando c’è il sacrificio e la voglia di migliorare con il proprio club, non importa dove giochi. Lo dimostrano i tanti rappresentanti provenienti da squadre come Sampdoria, Palermo, Empoli, Sassuolo, Genoa e club non propriamente di livello internazionale: e non potrebbe essere altrimenti, vista la crisi profonda delle milanesi.

L’impressione è che il progetto tecnico e tattico legato al 352 sia a un bivio. Conte considera questo modulo imprescindibile, ma ha davvero senso schierare molti giocatori fuori ruolo (Candreva su tutti) per amore nei confronti di uno schieramento tattico difficilmente efficace a livello europeo? Sia chiaro che si sono viste belle combinazioni, soprattutto quella che ha portato Antonelli sfiorare il gol col sinistro dopo una bella percussione sulla fascia: ma è pur vero che gli inglesi schieravano anche loro una formazione sperimentale, con lo spauracchio Harry Kane fermato da Ranocchia e compagni, almeno a livello di realizzazione.

Se a centrocampo effettivamente la scelta inizia a essere molto varia, considerando i vari Pirlo, Verratti e Valdifiori (soltanto nel ruolo di regista) oltre ai soliti Marchisio, Candreva, De Rossi e Parolo, sempre più certezza con la maglia azzurra, lo stesso non si può dire in attacco. La varietà è sicuramente apprezzabile, ma manca quel giocatore in grado di cambiare la squadra, come faceva Tevez quando Conte ancora sedeva sulla panchina bianconera. Balotelli è stato protagonista all’ultimo Mondiale e non propriamente in positivo, Rossi è più in infermeria che in campo, Immobile sta faticando moltissimo a Dortmund mentre i vari Zaza, Insigne, Eder, Osvaldo e Cerci, per motivi diversi, non hanno esattamente nel DNA quello di essere leader naturali di una formazione come quella italiana: o almeno questo è quello che è emerso sino a questo momento della stagione. Discorso diverso, invece, per Manolo Gabbiadini; tanto talento ma ancora una grande difficoltà a capire dove rende di più, visto che nel Napoli viene schierato esterno nel 4-2-3-1 ma ha le qualità tecniche e mentali per giocare anche seconda punta, soprattutto al fianco di uno forte fisicamente e dominante sulle palle alte. L’identikit di Graziano Pellè, due gol in tre presenze con gli azzurri: è lui il futuro centravanti dell’Italia?

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Alessandro Lelli