La Russian Premier League e la tragicomica situazione delle infrastrutture
Nell’ultima giornata di Russian Premier League ben quattro gare su otto non si sono disputate negli impianti nei quali erano inizialmente previste. Il culmine di un’annosa questione che va avanti da molto tempo e che non ha ancora avuto una soluzione concreta, nonostante l’assegnazione del Mondiale che dovrebbe agevolare la costruzione di nuovi stadi all’avanguardia.
Prima di analizzare questa pesante problematica del calcio russo, attraverso varie argomentazioni sui vari casi che si possono manifestare in un paese così grande e diverso, bisogna partire dal presupposto che la Russia, gioco forza, è uno stato differente rispetto a quelli dell’Europa occidentale, ed è quindi poco corretto, oltre che fuorviante, comparare il suo torneo con quello delle altre nazioni del continente. Il clima è molto rigido in inverno mentre in estate è decisamente torrido, le distanze sono un fattore tutt’altro che trascurabile e la stagione calcistica fatica a inserirsi in un periodo dell’anno ben preciso. Non a caso in molti tutt’ora polemizzano sulla scelta operano nel 2011 dai massimi vertici del calcio russo, quando una maxi stagione di un 18 mesi portò la Russian Premier League ad equipararsi agli altri tornei europei, lasciando lo schema che seguiva l’anno solare per utilizzare quello che definisce il campione del torneo in primavera. Una decisione che a conti fatti si è rivelata sbagliata: i club non ne hanno tratto grossi benefici nelle competizioni europee, il campionato non è salito di livello e i tifosi sono stati meno incentivati a raggiungere impianti obsoleti, o meglio, inadeguati per le condizioni della Russian Premier League (che chiameremo, per comodità, d’ora in poi RPL). E la folle idea di Capello di chiedere una settimana in più per la nazionale (che ha portato in dote uno splendido pareggio casalingo con la Moldavia) ha costretto la disputa di tre giornate a dicembre. Uno scempio in campo, per chi non poteva mettere in mostra la propria tecnica, ma soprattutto per i tifosi, o meglio, per quei pochi temerari che hanno deciso di raggiungere il luogo della partita.
L’ambiguo caso dell’Ural-La situazione più rocambolesca e per certi versi grottesca riguarda sicuramente Ekaterinenburg, con la squadra locale che sta disputando nelle ultime stagioni alcune gare nel suo manezh, un impianto indoor ai limiti del regolamento. Quando ha giocato lì l’Ural ha sempre vinto e gli avversari si sono puntualmente lamentati delle condizioni di gioco; ultimo in ordine cronologico Gadzhi Gadzhiev, allenatore dell’Amkar, che già con l’Anzhi era uscito con le osse rotta da quella “palestra per bambini“, come l’ha definita. Oltre a una capienza abbastanza esigua e a vie di fuga molto scarse, il problema maggiore, a detta di chi ha giocato lì dentro, sembra essere di ventilazione, con una cattiva aerazione dell’impianto. In casa arancionera ci tengono a precisare che il manezh vanta una certificazione ufficiale ma pare abbastanza evidente che giocare in tali condizioni porti dei minimi vantaggi contro avversari impreparati.
Il terreno di Tula-Della polemica di Alenychev ne abbiamo già trattato ampiamente, con l’Arsenal costretto a giocare in un campo adiacente allo stadio della Lokomotiv, privando quindi il suo stadio di un tutto esaurito. Con la squadra riserve in campo a Tula tifosi e giocatori si sono dati appuntamento assieme per seguire l’evento e Alenychev ha avuto l’appoggio di tutti gli addetti ai lavori. Una provocazione: fosse stato un match decisivo per la salvezza e non una sfida probante come col CSKA, avrebbe fatto la stessa scelta? Rimane il fatto che il segnale lanciato dall’Arsenal è stato importante e motivato. Non ha gradito però Villas Boas, che ha definito la Russian Premier League come un serial messicano, dove accadono cose che in nessun altra parte succedono, e ha minacciato: “sarebbe giusto se a fine campionato, quando magari noi abbiamo già raggiunto i nostri obiettivi, andiamo a Perm con le riserve, regalando tre punti all’Amkar diretta avversaria dell’Arsenal?”
Le grane Rubin e Ufa-Entrambi in attesa del nuovo stadio (anche se il Rubin ha già giocato nell’impianto che ospiterà anche i mondiali) i tartari hanno ospitato il Rostov addirittura nella propria base d’allenamento mentre quelli dell’Ufa hanno adottato come campo amico quello di Saransk, dopo aver giocato alcuni incontri nella non lontana Perm. Ma se per i secondi il problema può essere comprensibile data il loro recente ingresso tra le magnifiche sedici, per il Rubin la situazione è abbastanza imbarazzante.
Spartak, Terek, Krasnodar: le eccezioni che confermano la regola-In definitiva soltanto lo Spartak fino ad ora ha messo a punto il suo stadio di proprietà che aprirà tra l’altro il mondiale del 2018; se Lokomotiv e Kuban possiedono già da tempo impianti di un certo livello, oltre ai biancorossi da lodare sono il Terek, che da qualche anno ormai gioca nella moderna Akhmat Arena, e il Krasnodar, che in quindici mesi ha già praticamente completato il suo nuovo stadio. Rimangono molte nubi invece sulla Gazprom Arena, vittima di astronomici gonfiamenti dei prezzi che ne hanno rinviato l’apertura, e su alcuni stadi moscoviti: il caso esemplare è stato quello del match Torpedo-Zenit, con il manto dello stadio Saturn in condizioni decisamente complicate.
Spesso i club si lamentano di non ricevere adeguati compensi dai diritti tv. Ma è giusto che le televisioni paghino per vedere questo spettacolo?