Ai piedi del Gallo

Per chi negli ultimi anni ha spesso fatto le notti per seguire l’NBA e, in particolare, gli italiani coinvolti nella più importante lega di pallacanestro al mondo, sapere di aver perso il career high di Danilo Gallinari è stato un colpo al cuore. Tra di essi io che, onestamente, mai mi sarei immaginato un Gallo così dominante contro gli Orlando Magic: un solo punto in meno di Andrea Bargnani che, qualche anno fa, ne mise 41 al Madison Square Garden contro i Knicks, quella che adesso è la sua casa. Non voglio salire sul carro del vincitore, io ho sempre stravisto per il Mago ed è per lui che ho perso la maggior parte delle mie ore di sonno dovute al basket; 213 centimetri di talento che, purtroppo, non sempre sono stati accompagnati dalla testa e dal fisico.

Colui che mi ha regalato più emozioni, invece, è stato Marco Belinelli: la storia di colui che riesce a farcela e a realizzare i propri sogni dopo anni e anni di panchina e sacrifici è sempre bella, e l’anno perfetto del ragazzo di San Giovanni in Persiceto è di quelli difficili da dimenticare. Quelle lacrime dopo gara 5 mi hanno fatto emozionare come pochissimi altri avvenimenti sportivi nella mia vita. Bargnani il braccio, Belinelli il cuore, Datome al momento non è giudicabile per ciò che ha dimostrato oltreoceano. Cos’è Gallinari? La mente. Semplicemente un giocatore infinitamente più intelligente degli altri nove sul parquet, 208 centimetri di sapienza e saggezza sul parquet; il suo più grande limite? Sicuramente il fatto di essere, come direbbero negli Stati Uniti, injury prone. La propensione all’infortunio ha di fatto portato via due anni di carriera al Gallo, proprio quando stava dimostrando di poter essere il leader tecnico – e non solo – di una squadra come i Nuggets, allora lanciati nella corsa per i playoff.

Due anni di sofferenza, di operazioni sbagliate e una costante lontananza con il mondo del basket giocato. 40 punti in NBA li hanno segnati in tanti, mi viene in mente per esempio Linas Kleiza che, proprio con i Nuggets, ne mise a referto 41 salvo poi ritagliarsi una mediocre carriera in NBA. Il pregio del Gallo è che la sua prestazione non va osservata guardando il tabellino, perchè il numero #8 aiuta la squadra in moltissimi modi che non finiscono a referto. La stagione resta, al momento, sotto le aspettative (almeno a livello numerico), ma sapere che mentalmente e fisicamente sta recuperando non può che essere un bene per i Nuggets e la Nazionale Italiana, con la quale sarà impegnato agli Europei del prossimo settembre. Arrivarci con tutti gli NBA al massimo della forma – e le prestazioni di Bargnani, Belinelli e Datome in questo senso fanno ben sperare – può fare la differenza tra passare un girone a dir poco duro o lasciarsi travolgere dalla forza di superpotenze come Germania, Francia, Spagna e Turchia.

Dare continuità a prestazioni come quella contro gli Orlando Magic, completa sotto ogni punto di vista, può essere importante per convincere la dirigenza dei Nuggets a ripartire proprio da Danilo Gallinari. E’ chiaro che altri giocatori come Ty Lawson e Kenneth Faried, al momento, hanno un altro peso all’interno della squadra, ma entrambi hanno dimostrato di non poter essere prime punte di una squadra da playoff ad ovest; il Gallo, prima di infortunarsi, invece ha già trascinato questa squadra nelle vette della Western Conference. Sarà la tenuta fisica delle ginocchia a dirci quale sarà il futuro del ragazzo di Sant’Angelo Lodigiano: semplice comprimario o nuovamente borderline all-star?

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Alessandro Lelli