Italia a testa alta
L’italiana c’è, ai quarti di finale di questa Champions League. La Juventus sta facendo ciò che tutti speravano facesse: riportare in alto il blasone del calcio italiano, e farlo in un periodo in cui tutti guardano dalla nostra parte e sghignazzano. Il calcio non vive un felicissimo momento qui da noi, e su questo siamo tutti d’accordo. Al giorno d’oggi, però, spesso si esagera, e dal limitarsi a sottolineare le mancanze e i limiti di un sistema mal gestito (vedere il caos in casa Parma, ultimo di una lunga lista di situazioni purtroppo spesso affini al nostro calcio) si finisce al guardare all’estero perché “fuori dai nostri confini tutto è più bello”.
Ok, è risaputo che in Germania, in Inghilterra o in Spagna il calcio inteso come “architettura” funziona, come insieme di cose messe “al posto giusto e al punto giusto”. Volgendo lo sguardo a questi campionati, ci accorgiamo che queste cose, semplicemente, funzionano perché si è scoperta quella formula magica fatta di impianti di proprietà, merchandising intelligente, sicurezza sugli stadi e tante altre cose che, tracciando una linea e traendo una conclusione, ti fanno pensare: “Però! Magari in Italia si riuscisse a fare uguale”.
Ecco. In Italia non si riesce a fare uguale, e l’eccezione che conferma la regola lo dimostra. Eccezione che si chiama Juventus – che il suo stadio se l’è costruito, i campioni in squadra li ha presi, ha messo in piedi un sistema che in Italia non ha paragoni e che in Europa sta tornando a far urlare il suo nome – e che si merita ora come ora solo elogi. Già: per una volta, via le critiche, via i colori e i pregiudizi, e spelliamoci le mani a suon di applausi. Perché la Vecchia Signora sta dimostrando di essere superiore in Italia, paese che vive di calcio. Perché la Vecchia Signora sta dimostrando di eccellere in un campionato che avrà mille problemi, ma è sempre e comunque difficile da giocare. Perché la Vecchia Signora, vestita con un bell’abito elegante, è tornata da Dortmund facendoci fare una gran bella figura.
Parlavamo di Juve, inoltre, come “eccezione che conferma la regola”. Bene, capiamo che è così dalla differenza che sussiste tra lei e tutte le altre, in Serie A. La Roma, che doveva contenderle il titolo, quest’anno è in preda a crisi esistenziali; il Napoli non trova la quadratura del cerchio, Inter e Milan giocano al “ciapa-no“. Quattro squadre prese come esempio, quattro squadre che anche a livello gestionale sono completamente distanti da quella bianconera. Perché stavolta nessuno può negare alla Juventus – che nella Grande Europa c’è, e vuole provare a restarci fino alla fine – la capacità di essere riuscita a rialzarsi (dopo i guai del 2006) e tornare a essere matura, solida, tenace, europea. Guidata da un tecnico paziente, bravo a smorzare le voci negative sul suo conto e portare avanti la sua filosofia di gioco. Gestita intelligentemente da una dirigenza che punta sui giovani e sui calciatori giusti (pochissimi gli sprechi sul mercato). Soprattutto, intenzionata a ridare nuovo lustro a un calcio italiano che, finalmente, sta provando a rialzare la testa.