Terza città della Scozia dopo la capitale Edimburgo e Glasgow, Aberdeen è una popolosa città che affaccia sul Mare del Nord, caratterizzata dalla lavorazione del granito e a partire dagli anni ’70, dal petrolio del Mare del Nord. Dal 1903, a rappresentare calcisticamente la città, fu l’ Aberdeen F.C., nata dalla fusione di club precedenti.
Negli anni ’70, mentre la città del granito scopriva l’oro nero, qui cominciò la preclara carriera di Sir Alex Ferguson, che proprio negli spogliatoi dell’ultracentenario Pittodrie Stadium lanciò i primi scarpini in faccia ai locali Beckham di turno, prima di andare a conquistare il mondo con il Manchester United. Con i “Reds” dell’Aberdeen (altresì noti come “The Dons”, dal nome del fiume cittadino) Ferguson diede vita ad un lungo ciclo durato otto stagioni – dal 1978 al 1986 – in cui la squadra raccolse i massimi allori della propria storia calcistica.
La squadra che riuscì a plasmare in quegli anni era improntata sul suo carattere: coriacea, volitiva e poco incline ad accettare le sconfitte. Per tre volte l’Aberdeen riuscì a mettere in fila le due squadre di Glasgow, Celtic e Rangers e a conquistare lo scudetto e per quattro volte l’Aberdeen vinse la Coppa di Scozia, per una la Coppa di Lega. Ma soprattutto esportò la matrice della vittoria sul palcoscenico europeo.
Squadra ben equilibrata, contava su difensori di buon livello, quali il portiere Leighton, e i difensori Willie Miller e Alex McLeish, oltre che sulla tecnica del “rosso” Gordon Strachan, centrocampista che per diversi anni poi militò nel Barcellona. Tutti e quattro fecero parte della Nazionale scozzese che partecipò ai Mondiali dell’82 e dell’86, mentre Leighton e McLeish parteciparono anche a Italia ’90.
La storia dell’Aberdeen in Europa era stata fino a quel momento abbastanza modesta. Gli scozzesi furono tra le quattro squadre che per la partecipazione alla Coppa delle Coppe 192-’83 partirono da un turno preliminare, che si trasformò in un profluvio di reti, rifilate agli svizzeri del Sion: 7-0 e 4-0. Più duro, fu il successivo scontro contro gli albanesi della Dinamo Tirana, squadra non certo eccelsa ma che, per caratteristiche ambientali, era ostica a chiunque. Con un pareggio a reti bianche e una vittoria per 1-0, l’Aberdeen comunque passò.
Il secondo turno portò l’Aberdeen a confrontarsi con il calcio dell’Est, in opposizione ai polacchi del Lech Poznán. Gli scozzesi vinsero sia all’andata che al ritorno, per 1-0 e 2-0. In tre turni, l’Aberdeen aveva vinto 5 partite su 6 senza mai perdere né subire una rete. Credenziali che tuttavia non bastavano a incutere timore all’avversario dei quarti: il Bayern Monaco di Rummenigge e Breitner. Nella partita di andata disputata in Germania, l’Aberdeen confermò l’ottima tenuta difensiva e bloccò i bavaresi sullo 0-0. Al ritorno, arrivarono i primi gol subìti. Dopo dieci minuti, segnò il tedesco Augenthaler, pareggiò di Simpson ma di nuovo ci fu il vantaggio tedesco di Pflügler, nella ripresa. Ma in due minuti, prima McLeish al 77’ e poi al 78’ l’attaccante Hewitt, nato e cresciuto ad Aberdeen, fissarono il risultato sul 3-2 finale.
La semifinale fu una partita abbastanza inedita. Si trovarono di fronte infatti l’Aberdeen e i sorprendenti belgi del KSV Waterschei THOR di Genk (oltre al calcio scozzese, anche il calcio belga stava conoscendo un decennio di ribalta calcistica). La pratica fu archiviata all’andata con un netto 5-1 e poco importò che nella partita di ritorno per gli uomini di Ferguson arrivò la prima sconfitta (1-0).
Nella partita decisiva per l’assegnazione dl titolo, di fronte all’outsider Aberdeen, si stagliava ora il monumento più blasonato del calcio mondiale: il Real Madrid. La squadra di Juanito e Santillana, Camacho e Stielike, era arrivata in finale superando nei quarti l’Inter – rivale ricorrente di quegli anni.
La finale si disputò a Goteborg, l’11 maggio 1983. Ed è probabilmente in questa notte che nacque la leggenda di Alex Ferguson. Se infatti quanto espresso sino a quel momento era degno della massima stima ed attenzione, stavolta l’Aberdeen realizzò un’autentica impresa. Per nulla intimorito, l’Aberdeen riuscì ad andare in vantaggio con una rete di Black, ma un rigore di Juanito riportò la situazione in parità. Furono necessari i tempi supplementari per assegnare il trofeo. E ancora una volta, fu decisiva una rete di John Hewitt, di testa, nel secondo tempo supplementare.
L’Aberdeen di Alex Ferguson aveva battuto il Real Madrid di Alfredo Di Stefano, conquistando una storica Coppa delle Coppe. Ma non finì qui, perché la vittoria generò un ulteriore impegno, che in quell’ inverno oppose l’Aberdeen del giovane Ferguson all’Amburgo del maestro Ernst Happel (vincitore della Coppa dei Campioni, ai danni della Juventus), per la disputa della Supercoppa UEFA. Ancora una volta, l’Aberdeen riuscì a passare indenne sul campo avversario, pareggiando a reti bianche, per poi vincere nella sfida di ritorno per 2-0. Stavolta Ferguson avrebbe alzato il trofeo nel Pittodrie Stadium, dinanzi ai propri tifosi. L’ultimo per l’Aberdeen, ma non certo per Ferguson.
Di seguito, il tabellino della finale di Goteborg.
Aberdeen: Leighton, Rougvie, McMaster, Cooper, McLeish, Miller, Strachan, Simpson, McGhee, Black (Hewitt, 87), Weir. Allenatore A. Ferguson.
Real Madrid: Agustín, Juan José, Metgod, Bonet, Camacho (Isidoro San Jose, 91), Stielike, Gallego, Ángel, Juanito, Carlos Santillana, Isidro (Salguero, 103). Allenatore A. Di Stefano.
Marcatori: Black 7’, Juanito 14’,Hewitt 112’.
Spettatori: 17,804
Arbitro: Gianfranco Menegali (Italia)