Nba – Personaggi: Pistol Pete Maravich e il suo erede

Quando vedremo un ragazzino con i capelli arruffati e i calzettoni che gli calano, che tira un pallone su un campetto avvolto nella semioscurità o nel cortile di casa quando tutti gli altri saranno già andati via, ci ricorderemo di Pete”. 

Mi ricorda tanto… è l’erede di… Il nuovo… Ecco: quante volte nel basket, nel calcio, nel tennis e in qualsiasi altro sport avete letto o sentito paragonare un giocatore a un campione del passato, centomila? Beh è nella natura umana cercare e trovare dei confronti ma, ognuno ha la sua unicità e non sarà mai uguale al campione del passato pur somigliandogli per caratteristiche tecniche o fisiche, ma questa storia è l’eccezione che dimostra il contrario.

Il basket ci ha insegnato che bisogna aspettarsi di tutto, soprattutto se parliamo di Nba dove “the amazing happens”. Ci scuserete se ci siamo permessi di omaggiare e ripercorrere la vita di Pistol Pete Maravich e del suo erede a trent’anni dalla sua scomparsa: tale Stephen Wardell Curry.

Altre epoche, un’altra era tra Steph e il giocatore di origine serbe che ha incantato i college americani chiudendo l’ultima stagione in NCAA con 44.2 punti di media a LSU quando ancora non esisteva il tiro da tre. Scelto al draft dagli Hawks chiude con 23 punti di media il suo primo anno in Nba. Un predestinato che però a causa di continui problemi al ginocchio e di una carriera poco fortunata non è mai riuscito a vincere l’anello.

Pistol, già, perchè rispetto a tutti gli altri giocatori delle lega aveva creato un’innovazione: faceva partire il movimento di tiro dall’anca, proprio come se stesse tirando fuori una pistola, vuoi che il periodo dei film western di Leone andava all’impazzata ma il ragazzotto americano aveva davvero portato il piano americano dal cinema alla pallacanestro.

Un ragazzo che nonostante una buona carriera si è spento troppo presto, all’età di quarantuno anni lì dove tutto era cominciato, nella più classica delle partitelle tra amici a Pasadena. Il basket gli deve tanto proprio per aver elevato il concetto di pallacanestro a livelli indefiniti. E dopo tanti pare che stia proprio accadendo questo.

Come? Nel più classico dei corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico. Quasi trent’anni dopo la sua morte tutti gli amanti della Nba hanno notato che qualcuno con il numero 30, casacca dei Golden State Warriors, la faccia da ragazzino spavaldo (proprio come Pete) e le dita da pianista sta ripercorrendo le sue gesta.

Non esistono giocatori uguali, non si può credere in una reincarnazione di un giocatore, ma, in un’evoluzione sì.

Ci aveva già provato lo sfortunato Drazen Petrovic, ma anche lì le divinità del basket avevano scelto per lui altre vie. La ruota gira, però, tutto torna e oggi Maravich da lassù ha realmente trovato il suo erede in Stephen Curry.  E se non ci credete guardate voi stessi e confrontate le giocate del numero 30 dei Warriors con quelle del giocoliere ex Atlanta Hawks, New Orleans Jazz, Utah Jazz e Boston Celtics, che ha incantato per anni i parquet degli Stati Uniti d’America.