La strategia di Siniša

E niente, la macchina ha ricominciato a funzionare. Dopo un momento non proprio esaltante vissuto tra la fine di gennaio e tutto febbraio (cinque partite, tre punti e dieci gol subiti, compresi i cinque presi dal Torino un mese fa), sembra che Siniša Mihajlović sia riuscito ad aggiustare il motore della sua Sampdoria e che i blucerchiati abbiano ricominciato a correre.

Solo un paio di settimane fa avevamo visto un Siniša furioso, capace di prendere per il collo Regini al termine di un derby tiratissimo e finito con un pareggio, segno di un evidente nervosismo che attanagliava il tecnico serbo. complici anche i risultati che stentavano ad arrivare dopo un mercato di gennaio che non è sembrato particolarmente brillante e che ha visto la cessione di uno dei tre migliori giocatori della rosa (se non il migliore), ossia Gabbiadini, il capitano storico Gastaldello e un paio di elementi da tempo in squadra come Krstičić e Sansone che, sotto la gestione del tecnico serbo, erano diventati sostanzialmente rincalzi.

A rimpiazzare i partenti sono arrivati, com’è noto, Eto’o, Muriel, Coda, Muñoz, Acquah e il misterioso Correa (che qualcuno ipotizza possa essere stato semplicemente parcheggiato a Genova in attesa di ben altri lidi). In pratica, sono state cedute un paio di certezze di sicuro affidamento e sono arrivate delle belle scommesse dal rendimento non facilmente ipotizzabile (Muriel demotivato e poco impiegato, Eto’o al meriggio – per non dire crepuscolo – della carriera, Muñoz in procinto di firmare per un altro club già a giugno e potenzialmente con la testa altrove).

In generale, comunque, è parso più un calciomercato di quantità che non di qualità, per ampliare il parco giocatori – ora ben più nutrito – ma non fatto in maniera intelligente al 100%, prova ne sia che la squadra ha perso di duttilità tattica (né Eto’o né Muriel possono fare il lavoro sulla fascia che faceva Gabbiadini) e che il mister blucerchiato ha dovuto abbandonare il collaudato 4-2-3-1 per il 4-3-1-2, essendosi trovato a disposizione molte più punte “pure”. A tutto ciò va aggiunto anche il discorso relativo alla gestione dello spogliatoio: inserire in squadra una prima donna come il camerunense ex Inter essendo al tempo stesso privati da pochissimo di un senatore come Gastaldello non dev’essere stato facilissimo.

Alcune voci sostenevano dunque che Mihajlović non fosse proprio entusiasta delle operazioni compiute dal presidente Ferrero e dai suoi dirigenti e, indubbiamente, il serbo ci ha messo del bello e del buono a ridisegnare una squadra competitiva, nuovamente in grado di esibire un equilibrio tattico invidiabile come quello esibito dalla macchina quasi perfetta capace di rimediare un’unica sconfitta in campionato da agosto a gennaio (non a caso, i KO nel 2015 sono invece già tre). Il malumore dell’ambizioso Siniša sarebbe infatti generato dal timore che, d’ora in poi, alla Samp si attui un modello di gestione societaria simile a quello (ironia della sorte ma lo sappiamo: al fato non manca il sense of humour) del Genoa di Preziosi, con continue rivoluzioni nel parco giocatori e rose che cambiano completamente ogni due anni – con tutte le difficoltà del caso ad allestire un progetto tecnico credibile.

Come si può facilmente immaginare, quindi, un allenatore giovane e desideroso di arrivare ai massimi livelli come il nostro eroe serbo non può essere felice di una simile prospettiva e, adesso, Mihajlović si trova davanti a un bivio: o lasciare Marassi a fine stagione per cercare fortuna in una piazza più blasonata (ammesso e non concesso che una piazza simile lo cerchi) oppure restare a Genova e “finire il lavoro”, cioè costruire davvero un progetto che aspiri in pianta stabile alle prime sei posizioni di classifica, sperando che il recente mercato di riparazione sia stato solo frutto dell’inesperienza di un presidente che solo da poco è entrato nel calcio.

Se ancora non conosciamo la decisione di giugno, per ora possiamo però capire come Mihajlović ha deciso di arrivarci, osservando con attenzione le mosse del mister blucerchiato. Prima di tutto, Siniša sta palesemente corroborando i buoni risultati sul campo con una continua costruzione di un’immagine da “vincente a tutti i costi”, di cui la strigliata a Regini è solo l’ultima manifestazione eclatante e clamorosa; il processo comunicativo è in atto da parecchi mesi e si fonda prima di tutto sulle conferenze stampa dell’allenatore doriano, molto attento che si capisca che lui è in pieno controllo della situazione e che è molto sicuro di sé e dei suoi ragazzi, a prescindere dal registro espressivo che usa di domanda in domanda. La seconda deduzione è scontata: mai Mihajlović ha avuto la possibilità di raggiungere un’alta posizione di classifica come quest’anno ed è chiaro che voglia sfruttarla fino in fondo.

Dunque, d’ora in poi, bisogna aspettarsi una Sampdoria litigiosa e arcigna, lontana parente di quella vista a gennaio, nonché pronta a combattere fino all’ultimo per chiudere bene l’anno. Poi, a bocce ferme, chi vivrà vedrà. Indubbiamente, però, il nostro calcio s’è arricchito lo scorso anno di un personaggio che, dopo Firenze, forse avevamo sottovalutato troppo in fretta. La sensazione è che, comunque andranno le cose, dovremo fare per un bel po’ i conti con Siniša Mihajlović e le sue strategie.

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Giorgio Crico