La cifra del calcio italiano

Quando MondoPallone.it ha visto la luce, la crisi era iniziata da almeno tre anni. Era una crisi di origine economico-finanziaria, di dimensioni mondiali, e ancora non si intravedeva una via d’uscita (notizia di ieri: nel primo trimestre, che peraltro è solo a due terzi di corsa, il Paese dovrebbe crescere dello 0,1% – come essere rassicurati con tanto poco). C’era un continuo balletto di cifre, tra miliardi da trovare e spread (un tempo si sarebbe detto differenziale) da colmare.

Pochi dubbi, in questi giorni, su quali invece siano le cifre in ballo nel calcio italiano: 250, 1, 7.500. La prima è (grossomodo) quella dei tesserati del Parma; la seconda è quella spesa da Manenti per l’acquisto della società; la terza è il capitale sociale della sua società (la Mapi Group). Una società con capitale sociale da 7.500 euro che si compra una squadra di Serie A oberata di debiti (quasi 200 milioni lordi, che al netto degli attivi diventano poco meno della metà)?

Si fa presto a parlare, a dire che verrà pagato tutto e che tutto tornerà in regola (tipo qui). Poi devono seguire i fatti: e i fatti dicono di bonifici irregolari, tanto per cominciare. E di una società allo sbando (ne parliamo da settimane). Vogliamo fare un paio di confronti? Technogym, colosso cesenate della produzione di attrezzatura sportiva, ha un capitale sociale di 10.000.000 di euro; Vorwerk Folletto, sponsor dei ducali che ieri si è schierato con la squadra (e contro la società), ha un capitale di 3.821.000 euro. Normale che una società sportiva possa avere cifre minori; ma non da bilancio familiare con capofamiglia pensionato.

Cifre, ancora cifre. Come i soldi che sarebbero potuti entrare disputando l’Europa League (a proposito: complimenti al Torino, più che degno sostituto). Se solo avessimo provato a capire che la negata licenza UEFA era uno dei primi segnali. Come lo erano i 250 tesserati: che di fatto vanno a patrimonio, e le cui cessioni possono generare plusvalenze (utili a edulcorare i bilanci).

Questo anche per dire: non ce l’abbiamo con Manenti (i 250 tesserati non sono certo opera sua), né con nessuno in particolare. Con tutti e contro tutti, secondo verità. Però dobbiamo anche guardare le cose con realismo. Può un individuo con una solvibilità del genere comprare (e risanare, e gestire) una squadra di Serie A? Possiamo fidarci delle cifre?

Un monte di debiti, un monte di tesserati, un montarozzo di presidenti (quattro in due mesi). La realtà è che lo sport italiano, dopo essere stato una scuola successi (il Mondiale 2006, al netto di Calciopoli, è il frutto di due decenni in cui, a livello giovanile, abbiamo prodotto le squadre più vincenti), adesso è il proscenio di speculatori e di clientelismi vari.

Claudio Lotito, consigliere federale, distintamente Le chiedo: non può fare una telefonata a qualcuno, giusto per vedere se si riuscisse a spuntare un mega-rateo (23 anni, per gradire) per salvare anche il Parma? Dov’era la Federazione quando Parma scivolava giù? Dov’era la Lega? Occhei: detto che un «non lo sapevo» istituzionale non è una scusa ma un’autoaccusa, la finiamo con le domande retoriche. E passiamo alle affermazioni.

Primo: in Europa non vedo altri campionati con squadre prossime al ritiro a stagione in corso (bye bye campionato più bello del mondo, e da mo’).

Secondo: ormai il denaro, la speculazione, viene prima di tutto: della competizione, della squadra, dello staff, dei tifosi. Prescindendo dal caso singolo del Parma, comunque tutto è abbandonato in nome della produzione (o distruzione – insinuo: o riciclaggio?) del denaro; il caso Lotito-Iodice è indicativo.

Terzo e ultimo: lo sport è un bene comune: riprendiamocelo. E possibilmente evitiamo di trattarlo col disprezzo che riserviamo alle cose che non sono di nessuno.

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Pietro Luigi Borgia