Ci possiamo girare attorno quanto vogliamo ma la verità è che anche il campionato 2014/2015 sarà bianconero. Troppo forte la Juventus, troppo bravi i suoi giocatori, troppo furbo persino Allegri e troppo poco minacciose le avversarie perché sia possibile strappare il tricolore dal petto a Madama.
Anche ieri sera, nella gara con il Milan, la Vecchia Signora ha dato una dimostrazione della sua forza sorniona: come ha scritto il nostro Stefano Giovampietro, infatti, è bastata una normal-Juve per aver ragione sì di un povero Diavolo, ma comunque un Diavolo più agguerrito e propositivo di quello desolante “ammirato” a gennaio. In modo molto diverso dalla Juve di Conte, più famelica, bulimica, nervosa e iper-cinetica, dotata di una forza quasi grezza, la Juventus di Allegri è tremendamente realista, quasi minimalista in alcuni tratti, ma rimane ferocemente mortifera. Scomodando un paragone artistico parecchio audace – me ne rendo conto – si potrebbe quasi dire che mentre l’armata bianconera dell’attuale CT dell’Italia aveva un’irruenza e una violenza espressiva degna del Goya e del suo periodo nero, quella di Allegri ha un legame con la realtà più spiccato e sanguigno, quasi da farla sembrare banale, come ha tutta l’opera verista di Millet, autore dell’Angelus: la calma e la forza che trasmette la Madama allegriana quando gioca sfiorano (e talvolta toccano, volendo trovarle un difetto) una sensazione di noia e di sterilità, salvo poi accelerare il ritmo e colpire l’astante con lampi di oggettiva bellezza. Una bellezza che non sconvolge, che non lascia interdetti ma che comunque soddisfa, proprio come l’opera di Millet: apparentemente ridondante ma solida e veritiera.
Poi, sia chiaro, quando la Juventus si specchia troppo in se stessa assistiamo anche a partite mortalmente noiose e ripetitive, come può essere stata quella di Udine: siamo ancora ben lungi dalla calma olimpica e geometricamente ben strutturata tipica delle squadre di Ancelotti – per dirne uno – al suo meglio. L’eleganza prospettica che ha avuto a tratti il Real di Carletto (come a loro tempo ebbero il Milan o il Chelsea, meno il PSG) è degna di Piero Della Francesca, e reca con se una tendenza metafisica e un’aspirazione alla perfezione che il verismo senza addobbi di Allegri proprio non possiede. Ma se si parla di efficacia il tecnico toscano sta compiutamente facendo ciò che è pagato per fare, specialmente nel contesto bianconero: vincere.
E lo sta facendo bene: oggi la Roma partirà da un -10 che a livello morale può contare parecchio, visto l’attuale condizione psico-fisica della Lupa, non proprio la migliore possibile e immaginabile. Anche se Garcia e i suoi dovessero ritornare a -7 immolando il Cagliari sull’altare del sogno scudetto, la sensazione è che, comunque, la capolista rimanga imprendibile: troppo quadrata e ben ancorata a quell’erba dove macina punti su punti la Juve, che sfibra ogni avversaria dando la continua impressione che, sì, può avere qualche passaggio a vuoto ma che la normalità è la vittoria.
E inseguire qualcuno che sai non voler rallentare mai al punto da far quasi pensare che nemmeno disponga di un freno è incredibilmente frustrante. Provate a chiederlo dalle parti di Trigoria, dove stanno provando a farlo da più di un anno: non lo ammetteranno mai apertamente, ma tenere il ritmo (soprattutto mentale) di questa Juventus è veramente arduo. Esattamente come rimirare a lungo l’Angelus di Millet e non pensare, infine, che nonostante appaia come un quadro semplice, possiede una forza espressiva e un’efficacia estetica incredibili.