Una sfida genuinamente internazionale
L’attesa è finita, torna il Sei Nazioni. Lo fa con stile, con una classica: questa sera Galles e Inghilterra si daranno battaglia in quel gioiello che risponde al nome di Millennium Stadium, lo scenario ideale per aprire la manifestazione.
A partire dalle 21:05, è sfida tra due squadre accoppiate anche nella fase a gironi della Coppa del Mondo, il prossimo 26 settembre a Twickenham (Londra). Dato che anche l’Australia si unirà alla combriccola, perdere lì sarebbe una mezza rinuncia ai quarti di finale iridati, eppure non sono sicuro che gallesi e inglesi firmerebbero in bianco, per perdere stasera e vincere in settembre: iniziare il Sei Nazioni nel migliore dei modi significa dare un segnale a tutto l’ambiente, in particolare a un’Irlanda (ahinoi) ampiamente favorita domani all’Olimpico, e in generale squadra irresistibile dopo i brillanti test di novembre.
Gli inglesi arrivano a questa prova non dico con l’acqua alla gola, ma con le spalle pesanti. Dopo il tonfo in Nuova Zelanda nel 2011, a Stuart Lancaster fu affidato il compito di preparare il mondiale 2015, da giocare in casa. Carta bianca a lui e al suo staff, con licenza di perdere (con moderazione), fosse servito a migliorare sul lungo termine; in generale è andata bene, eppure Robshaw – capitano con molto meno chilometraggio internazionale rispetto ai colleghi avversari – la coppa non l’ha mai alzata. Perché è un’Inghilterra che ci arriva spesso vicino, ma prima o poi scivola, rovinando tutto; è un’Inghilterra piena di complessi, con poco “decision making” e, forse, poca leadership. Quando si pensa alla squadra campione del mondo 12 anni fa, si pensa a un leader dopo l’altro: oggi non si può dire e questo è il campanello d’allarme più grave, una chiamata a cui dare una risposta forte e sicura.
Sulla stessa efficacia sul lungo periodo della rivoluzione Lancaster in tanti iniziano ad avere dubbi, soprattutto dopo novembre. Non che gli scarti dei ko con All Blacks e Sudafrica spaventino, ma raramente gli inglesi hanno dato l’impressione di potercela fare, di battere i più grandi: Londra è meno inviolabile di un tempo e l’Irlanda ha sorpassato, dichiarandosi l’europea più forte del mondo.
Anche i gallesi su questa partita ci puntano forte; vogliono impressionare piegando il vicino di casa ingombrante, per fare eco al primo posto degli Ospreys nel Pro 12 di quest’anno, o allontanare il mal di testa da brutta classifica di Scarlets, Cardiff e Dragons. Risultati di Champions Cup alla mano, non c’è partita: quattro inglesi tra le prime otto e nessuna gallese. Anche per questo stasera ci toccherà osservare tutto: è confronto tra scuole e momenti storici, cerchiato in rosso sul calendario.
Non sono prive di interesse le altre gare del weekend, con gli azzurri chiamati all’ennesima gara della vita con l’Irlanda, in condizioni davvero proibitive. Oltre la retorica, a quest’Italia manca tantissimo un ricambio generazionale, così come la profondità di rosa per rimanere in corsa più della classica ora di gioco. Sarà l’ennesimo Davide contro Golia e le prestazioni dei nostri club ci deprimono, spingendoci in un angolo: se dietro ogni problema c’è un’opportunità, ci servirebbe un autentico miracolo sportivo, magari col supporto di tutto il popolo del nostro rugby. Ma avverrà tutto dopo il venerdì sera, dopo una partita che si preannuncia di altissimo profilo e di livello genuinamente internazionale.
Ecco, Galles e Inghilterra. Da un lato i campioni 2012 e 2013, che nel Vecchio Continente giocano da leoni ma inciampano con le grandi dell’Emisfero Sud; dall’altro, chi non porta a casa il torneo dal 2011 ma ha una “tradizione” più iridata, nell’era del professionismo. Dovrebbe esserci da divertirci, oggi come domani (Italia-Irlanda, Francia-Scozia); da casa, alla tastiera e allo stadio, noi ci saremo: non si vive di solo calcio, no?