E’ scomparso in questi giorni Frank Borghi, un nome che di sicuro dirà poco o nulla agli appassionati di calcio. Italo-americano, è stato il portiere degli Stati Uniti nella scioccante vittoria sull’Inghilterra ai Mondiali 1950. Maturata anche grazie alle sue prodezze. Un estremo difensore atipico, che arrivando dal baseball, addirittura non sapeva calciare un rinvio da fondo campo.
Sangue italiano
Nato a St. Louis (Missouri, Stati Uniti) il 9 aprile 1925 da genitori italiani, prestò servizio durante la Seconda Guerra Mondiale in qualità di medico di campo. La sua attività sportiva aveva intrapreso la strada del baseball, in cui Borghi si rivelò abbastanza bravo da militare nelle leghe minori. Militò come catcher nei St. Louis Cardinals. Per mantenersi in forma anche durante l’inverno, decise di provare con il calcio. Si unì ai Simpkins-Ford come portiere. Un numero uno atipico: Borghi, infatti, non aveva alcuna dimestichezza con il pallone tra i piedi. Per effettuare le rimesse da fondo campo chiamava un compagno al rinvio, ma spesso celava questo suo difetto con potenti rilanci con le mani. Abituato com’era nel baseball…
In Nazionale
La sua abilità tra i pali lo fece rapidamente conoscere ed eccellere nel ruolo, tanto da meritare la chiamata nella Nazionale statunitense. Il suo debutto internazionale è datato 4 settembre 1949 a Città del Messico, per Messico-USA, qualificazioni mondiali. Borghi consolida il suo posto da titolare nelle gare successive, di nuovo contro i messicani e due volte opposto a Cuba. Gli Stati Uniti staccano il pass per la Coppa Rimet in Brasile. Borghi viene selezionato dal C.T. William “Chubby” Lyons. L’esordio iridato contro la Spagna vede gli USA cedere per 3-1. Nella seconda gara è previsto lo scontro con l’Inghilterra, favorita del torneo, che proprio nel 1950 decide di misurarsi per la prima volta con il Mondiale. I “Maestri”, con grande presunzione, sono sicuri della propria superiorità sul resto del mondo calcistico. Il migliore giocatore in rosa, la leggenda Stanley Matthews, venne tenuto a riposo. Un eccesso di spocchia che gli inglesi pagheranno a caro prezzo.
The Game of Their Lives
Una delle pagine più clamorose della storia del calcio viene scritta il 29 giugno 1950, a Belo Horizonte. Di fronte la grande Inghilterra di Mortensen, Finney, Mannion e i dilettanti statunitensi. Una partita che sulla carta non dovrebbe avere sorprese, diretta dall’italiano Dattilo. Addirittura i bookmakers inglesi danno la vittoria degli USA 500 a 1. Insomma, risultato scontato. Ma non andò così, come vedremo… Borghi fu bombardato dagli attaccanti britannici già dai primi minuti. Mortensen calciò subito a rete poco dopo il via, trovando l’opposizione del portiere italo-americano. Nei primi 12 minuti l’Inghilterra tirò in porta 6 volte, colpendo 2 pali e una traversa ma senza riuscire a violare il fortino USA. La sensazione nell’aria era quella di una goleada solo rimandata. Inutile sottolineare l’approccio puramente difensivo degli uomini di Lyons, schiacciati dall’esperta retroguardia inglese. Tuttavia, agli americani non mancava lo spirito combattivo. Furono immeritatamente premiati al 38° minuto: l’insegnante di educazione fisica Walter Bahr calciò in porta da fuori area, il portiere Williams si mosse verso la sfera ma fu anticipato dal tuffo di testa del lavapiatti Joe Gaetjens. Inghilterra 0, Stati Uniti 1. Clamoroso. Dopo l’intervallo gli USA sfiorarono addirittura il raddoppio. Poi, man mano che il tempo cominciò a stringere, il match si fece più fisico. Gli americani si fecero notare anche per alcuni “placcaggi” di stampo rugbistico. Borghi neutralizzò due pericolosi calci di punizione e salvò sulla linea un colpo di testa di Mullen. L’impressionante statistica dei tiri in porta fu di 20 a 2. Il portiere di St. Louis disputò, come i suoi compagni, la “Partita della Vita“. Una partita che vide un epilogo storico: gli inventori del football erano stati sconfitti dagli amatori americani. Incredibile.
Eroe tra gli eroi
Al fischio finale gli statunitensi festeggiarono increduli, come i visi degli sconfitti che non si capacitavano dell’accaduto. Lo stesso Borghi rievocò, anni dopo, la sportività e la cordialità degli inglesi all’aeroporto di Rio dopo la gara. Vale la pena ripercorrere la formazione di quella squadra, che quel lontano giorno impartì una lezione indimenticabile agli inglesi: Borghi, Bahr, Maca, Keough, Ed Souza, Wallace, McIlvenny, Gaetjens, Colombo, John Souza, Pariani. La magia di quella giornata non ebbe seguito, con la sconfitta nell’ultima gara contro il Cile. Un’irriconoscibile Inghilterra, segnata dai fatti, perse anche la terza partita e tornò anch’essa a casa. La squadra degli eroi fu inserita in blocco nella U.S. Soccer Hall of Fame nel 1976. Borghi collezionò in tutto 9 presenze con la Nazionale, partecipando anche alle sfortunate qualificazioni mondiali del 1954. Lasciato il calcio, Frank divenne direttore di un’agenzia funebre operante nell’area di St. Louis, fino al 2003. Nel 2005 vide Gerard Butler interpretare il suo personaggio nel film “The Game of Their Lives“, di David Anspaugh, che ripercorre quella storica vittoria. E’ scomparso nella sua città natale il 2 febbraio 2015, due mesi prima di compiere 90 anni.