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Due quadrati non fanno un tondo

Togliere di mezzo Mazzarri per cercare di risollevare le sorti dell’Inter avrebbe tutto sommato potuto avere il suo perché, se al posto del tecnico livornese non fosse arrivato Roberto Mancini. Direte: certo, è facile parlare adesso, quando gli argomenti te lo consentono. Rispondo: lo faccio adesso solo perché ieri sera ho avuto l’ennesima dimostrazione di un pensiero che reputo più che valido. Mazzarri, nel suo tempo all’Inter, ha vissuto un periodo di alti e bassi preoccupanti; Mancini, in questo suo secondo periodo nerazzurro, sta facendo vivere ai suoi tifosi emozioni degne di un film horror. Il perché è perfino scontato:

Uno. Mancini non è un allenatore capace di dare un gioco alle squadre che allena. Basta ricordarsi lo scudetto vinto nel 2007: sta ancora ringraziando Ibrahimović. All’estero? Tanta esperienza, certamente, e tanto stile in più nel suo modo di essere, ma sempre poca, troppo poca sostanza in ciò che produce. L’Inter non ha un gioco, non si capisce se preferisca manovrare a palla bassa o a palla alta, non si capisce se preferisca giocare sugli esterni o per vie centrali, non si capisce se prediliga le conclusioni dalla distanza o i tocchi di prima, e i giocatori più che ispirarsi a un ambizioso tiki-taka vanno per un più goliardico “kiti-kaka”, e spesso fanno di testa loro. Vedi Icardi che non l’ha data a Osvaldo, e tutto ciò che ne è scaturito poi.

Due. Seppur Mancini fosse un allenatore capace di dare un gioco alle squadre che allena, non è una squadra, questa, costruita secondo le sue richieste. Cosa che magari – anzi, sicuramente – avrebbe cambiato poco, ma tant’è: sono arrivati Podolski e Shaqiri, due ottimi giocatori, ma in estate, quando è stata costruita la squadra per la stagione, la dirigenza ha lavorato per Mazzarri. Non per un Mancio che è arrivato, doveva sistemare le cose, ma sta facendo rimpiangere il suo predecessore.

Tre. Mancini è in completa confusione, più dei suoi ragazzi. E la cosa è paradossale: giunto alla Pinetina con il fare del tipo che “ora vengo e vi metto tutti in riga”, si è ritrovato ingarbugliato in una matassa in cui il bandolo solo Iddio sa dove si trova. Matassa in cui è ingarbugliato anche Thohir, ne è ingarbugliata la dirigenza intera e tutta la schiera dei consiglieri. Vedere come si è chiuso il “mercato di riparazione”: serviva un difensore per sistemare una retroguardia che fa preoccupare, si puntava Rolando, e quest’ultimo ha preferito andare all’Anderlecht (a parità di offerte, sia chiaro). Ho detto tutto.

Dunque: dirigenza in confusione, tecnico senza soluzioni, squadra senza personalità. Lungi da me definire tragica questa situazione, tutto è recuperabile nel mondo, nella vita, nello sport. A tutto si può rimediare. Iniziando, però, a ragionare, senza farsi prendere dalla foga del momento, senza addossare a qualcuno colpe totali e sostituirlo con chi non è in grado di risolvere alcunché. L’Inter di oggi non è fatta di campioni (con quelli son buoni a vincere tutti, perfino Allegri con la Juventus) ragion per cui ha bisogno di un allenatore vero, uno che sappia cosa siano geometrie, tattica, corsa e idee. Uno che sappia cosa sia il calcio a tutto tondo, e mi par ovvio che non può esserlo chi, all’estero, ha imparato a essere spigoloso nello stile, nei modi di pensare, di ragionare e concepire un calcio che lo rende un bambino di seconda elementare alle prese con una maledetta equazione differenziale.