Si apre la prima crisi dell’era Rudi Garcia. E’ ancora la Fiorentina a mettere i bastoni tra le ruote della Roma, ancora quel Mario Gomez che contro i giallorossi sembra essere ritornato il carro armato di Monaco, quando mieteva vittime in Germania e in Europa. La squadra dell’anno scorso, quella che si divertiva e faceva divertire, sembra essere un lontano ricordo: le giocate a un tocco in mezzo al campo sono diventate sempre più sporadiche, la posizione di Totti comporta la mancanza di punte in mezzo all’area, per non parlare poi della solidità difensiva del duo Benatia-Castan. Se Manolas è un degnissimo sostituto del primo, nonostante la giovane età, Astori invece ha sino a questo momento deluso le aspettative dimostrando di essere molto sopravvalutato. I problemi veri, però, sono soprattutto a centrocampo: dov’è finito quel Pjanic che dispensava giocate degne di pochissimi in Europa? Strootman è continuamente falcidiato dagli infortuni mentre De Rossi, guardandolo in campo, sembra non essere tranquillo quando effettua la giocata, come se un peso insostenibile lo comprimesse e lo facesse diventare piccolo piccolo. I due che tengono veramente alta la bandiera giallorossa in mezzo al campo sono Nainggolan e Keita, quelli che inizialmente erano stati presi per fare legna in mezzo al campo e soltanto come prime alternative al più dotato trio Strootman-De Rossi-Pjanic.
Totti ha smesso d’illuminare dopo la doppietta nel Derby, ma la Roma giocava un calcio mediocre già da prima. A dir la verità è tutto l’anno che fatica in maniera palese, se si escludono gli ottimi sessanta minuti di Torino contro la Juventus e sporadiche giocate qua e la. Empoli, Parma e Udine sono soltanto alcune trasferte in cui i giallorossi hanno ottenuto i tre punti non macinando però gioco: colpa anche di una campagna estiva fallimentare nei colpi più importanti, vedi Astori – di cui ho già parlato – e Iturbe, il fenomeno esploso a Verona ma che tanta fatica sta facendo a integrarsi negli schemi di Rudi Garcia. L’assenza di Gervinho, poi, ha palesato la mancanza di giocatori in grado di cambiare ritmo e volto alla squadra, saltando l’uomo e creando quella superiorità che, con Florenzi e Ljajic, spesso è difficile trovare.
Se l’innesto di Spolli, secondo me, non cambierà assolutamente gli equilibri e le gerarchie in difesa, tuttavia sono convinto che Doumbia e Ibarbo possano quanto meno ritagliarsi un posto importante in questa squadra. Soprattutto nelle partite importanti, quando la Roma dovrà per forza di cose anche difendere e ripartire in contropiede, quella fase che da sempre è stata il regno di Gervinho e, da quando è partito per l’Africa, non ha trovato né in Ljajic né in Iturbe un degno erede. Ma come scardinare sistemi difensivi con nove elementi, se non addirittura dieci, a fare muro davanti al portiere? In quel caso serve qualità e tecnica per sbloccare la partita, non esattamente doti che si abbinano immediatamente al nome di Ibarbo. Per questo motivo la Roma è giunta al punto di non ritorno, quel momento in cui o la va o la spacca, perché la Juventus nell’ultimo turno ha graziato i giallorossi ma, in caso di ulteriore mezzo passo falso dei capitolini, non si farà problemi a chiudere un campionato dominato sin dalle origini.
E’ ora di cambiare musica, Rudi, altrimenti sarà meglio iniziare a guardarsi dietro (in particolare a sud, direzione Napoli) invece che davanti, dove la preda sta lentamente scivolando dalla portata del cacciatore.