Muovere critiche all’unica squadra italiana che, sino a questo momento, ha fatto un mercato all’altezza del nome che porta potrebbe sembrare strano. Però a volte bisognerebbe imparare dai propri errori, correggere quei difetti storici che ogni società si porta dietro nel tentativo di migliorare la propria situazione: e l’Inter, di situazioni da migliorare, ne ha a dozzine. I nerazzurri sono la società che ha portato più giocatori professionisti in Italia, ha un vivaio tra i migliori eppure di giocatori veramente importanti, in prima squadra, non ne ha portato nessuno. Berni, Andreolli, Obi, Donkor, Khrin, Puscas e Bonazzoli: a eccezione degli ultimi due, anch’essi promesse per il futuro e non certezze per il presente, tutti gli altri sono giocatori che per la maggior parte delle volte si sono seduti in panchina, sia con Mazzarri che con Mancini. Soltanto Andreolli, nelle ultime settimane, sta trovando continuità ma a causa di squalifiche e infortuni a compagni di reparto.
E Mbaye? L’ho volutamente tralasciato da quella lista perché il senegalese, secondo le ultimissime voci di mercato, è pronto a fare le valigie in direzione Bologna, per indossare la maglia da titolare nella serie cadetta con gli emiliani. La formula? Prestito con diritto di riscatto pari a 2,75 milioni, l’ennesima svendita di una società che raramente ha dimostrato di voler puntare sui propri gioielli. Al di là di Balotelli, comprato per poche noccioline e rivenduto a peso d’oro, molte altre cessioni si sono rivelate un fallimento totale, un cattivo esempio di gestione amministrativa di una società di calcio. Specie in un periodo come questo, dove gli obiettivi reali nel breve non possono andare oltre a un semplice piazzamento in Europa League, la società dovrebbe puntare maggiormente sui propri talenti invece di cederli, a maggior ragione se per cifre relativamente basse come quelle citate prima. Ricordate Caldirola e Donati, partiti per la Germania due estati fa? Vista la penuria di terzini che sappiano fare la fase difensiva, è difficile credere che l’attuale esterno del Bayer Leverkusen non si sarebbe potuto ritagliare uno spazio almeno a livello di rosa, come cambio di lusso per una squadra che, nel suo ruolo, al momento conta Dodò, Nagatomo, Jonathan, D’Ambrosio e volendo Campagnaro. Non esattamente Maicon e Roberto Carlos, tanto per citare due vecchie conoscenze di San Siro.
Destro fu svenduto al Genoa nell’affare Ranocchia, a posteriore uno dei peggiori che io ricordi. Ancor prima venne svenduto Bonucci, oggi pluricampione d’Italia con la Juventus, mentre a Santon non venne concessa una seconda opportunità dopo un buon inizio in maglia nerazzurra. Potrei fare decine di altri nomi, a partire da quel Siqueira finalista d’Europa League con il Benfica e oggi, invece, stabilmente in campo con i vice campioni d’Europa sulla fascia sinistra. L’Empoli in rosa ha un signor difensore come Bianchetti, ma per quale motivo non gioca? Oltre a essere coperto da due ottimi giocatori quali Tonelli e Rugani, è ovvio che i toscani non abbiano alcun interesse che il difensore nerazzurro esploda, poiché il cartellino è di loro proprietà soltanto temporaneamente, e di conseguenza è meglio crescere i propri talenti: lungimiranza per poi, in futuro, ricostruire una squadra praticamente soltanto con le loro cessioni. E’ ovvio che a Empoli sia più facile imbastire un discorso del genere piuttosto che a Milano, dove si fischiano giocatori per partito preso ancora prima che scendano in campo, però l’Inter avrebbe potuto risparmiare quei tantissimi soldi spesi per giocatori che, alla fine, si sono rivelati soltanto onesti panchinari. Allora tanto valeva far scaldare la panchina a uno che respira l’ambiente Inter da anni, che non debba ambientarsi e che non pretenda uno stipendio milionario soltanto perché è nato in Sudamerica.
olte società di medio spessore, poi, si fiondano spesso sui talenti dell’Inter conoscendo questa propensione alla cessione da parte dei nerazzurri: nelle settimane scorse si è parlato di un’offerta del Genoa pari a 14 milioni di euro per il prestito e il relativo riscatto di Mbaye, Bonazzoli e Puscas. Sì, avrebbero ripagato immediatamente l’investimento ingente fatto per Shaqiri, ma il ragionamento da fare è un altro: ossia quanto potranno valere tra un tre o quattro stagioni, quando entrambi magari avranno una bella stagione di Serie B alle spalle condita con un’esperienza positiva nella massima serie? Decisamente di più. E siccome di Pogba se ne trova uno ogni decennio, e non è detto che arrivi nella tua squadra, iniziare a valorizzare i giovani che già si hanno in casa è l’unico modo per poter uscire da un tunnel diventato, in questi anni, un lungo traforo.