In Belgio, per guardare e imparare

Torniamo a scrivere di Jupiler Pro League, e vi chiederete il perché. In effetti non è che sia un campionato così qualitativo, ma personalmente lo ritengo pieno di fascino per un motivo molto semplice: valorizza come pochi altri il proprio parco giovani. Non a caso, la nazionale belga è attualmente quarta nel ranking FIFA; è reduce da un discreto mondiale, e in giro per l’Europa, di giocatori nati calcisticamente nella Pro League, ce ne sono un’infinità: da Nainggolan (Beerschot) a Mertens (Aalst), da Lukaku (Anderlecht) a Courtois (Genk), da Van Buyten (Charleroi) a Fellaini (Anderlecht, pure lui).

Seguendo di settimana in settimana ciò che accade in Belgio, allora, noto con piacere che la tendenza di puntare sui talenti non è assolutamente una moda passata. D’altronde, vincere la Jupiler non è un qualcosa di così proibitivo: il Club Brugge, attualmente, è in vetta, ed è una squadra che potete vederlo in Europa: non ha poi tutta questa qualità. Ma è comunque prima (a +4 sull’Anderlecht) e grazie al gioco veloce e divertente conferitogli da Preud’Homme sta riuscendo a confermarsi di settimana in settimana come la prima della classe.

Dicevamo: non è così difficile vincere in Belgio, campionato in cui di investimenti, sul mercato, se ne fanno anche parecchi, ma tutti di medio-basso profilo. D’altronde, il campione non va a giocare in Jupiler Pro League, nonostante passione e tifo siano comunque caldissimi. Il ragionamento, di conseguenza, vien da sé: coltivare i propri talenti nella maniera migliore, può portare doppi benefici: da un lato, ricavare tanto dal mercato; dall’altro, costruirsi dall’interno una squadra capace di diventare competitiva anche per grandi traguardi, a livello nazionale.

Dopotutto, in Belgio c’è la consapevolezza di non godere del fascino che hanno i principali campionati europei, ed è anche per questo che di pressione ce n’è poca, e di talenti ne possono nascere tanti, con calma, e bene. Di nomi, quanti ne volete, ve ne cito qualcuno: Benito Raman, del Gent, classe 1994, mio pupillo, uno di quelli che promettono veramente bene; Mechele, proprio del Club Brugge, classe 1993, difensore centrale; Praet e Tielemans dell’Anderlecht (rispettivamente 1994 e 1997, due campioncini, nella foto); e ovviamente Paul-José M’Poku, centrocampista classe 1992 oramai ex Standard Liegi, praticamente venduto a un fondo arabo, che molto presto lo farà approdare a qualche grande squadra europea.

Come potrete notare, si tratta di giovani già importanti, non gregari. Giovani già protagonisti, in un campionato che non sarà il massimo dell’entusiasmo, ma è assolutamente all’avanguardia in termini di innovazione ed evoluzione (del modo di fare e concepire il calcio). Saremo – noi come calcio italiano, noi come Serie A – sicuramente avanti in termini di blasone, ma dare un occhio al Belgio, soprattutto in termini di progettazione del proprio futuro, non ci farebbe poi tanto male.

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Alex Milone