Un Destro per svegliare El Shaarawy

Quando l’estro di Stephan El Shaarawy era all’apice della follia, a fine 2012, il piccolo Faraone aveva stupito tutti. Arrivato dal Genoa nella stagione precedente, in pochi si sarebbero immaginati un impatto così devastante con la Serie A, a maggior ragione in una piazza difficile come quella rossonera. Difficile perché quella maglia, qualunque sia la fede calcistica di ognuno di noi e qualunque sia la sua posizione in classifica, in ogni caso trasuda rispetto e pressione per essere l’erede di grandissimi campioni che hanno calcato il prato di San Siro. Eppure c’erano partite, come quel Napoli-Milan del novembre 2012, in cui da solo trascinava la propria squadra al pareggio, al San Paolo, dopo un primo tempo da incubo. Gol fantastici, tipici di un giovane in rampa di lancio pronto a prendersi il Milan e la maglia di inamovibile anche nella nazionale italiana. Un predestinato, insomma.

Poi l’arrivo di Balotelli, i tanti infortuni e quel gol che sembra essere diventato un incubo, più che un’aspirazione. Insomma tutte le problematiche che hanno attanagliato questo talento in due lunghi anni, eventi che hanno sicuramente smosso la testa e la coscienza del campione originario di Savona. E’ impossibile, per uno con quelle doti tecniche e quell’atletismo, sbagliare un gol uno contro uno con Handanovic. Detta così potrebbe sembrare forse un’iperbole, perché Samir è un portiere di tutto rispetto e potrebbe aver complicato le cose. In realtà il Faraone era lanciato a rete, con il numero uno sloveno posizionato malissimo, e tutta la porta spalancata. Risultato? Traversa soltanto scheggiata e tanti rimpianti per un gol che, a posteriori, avrebbe potuto risollevare il morale a lui e a tutto l’ambiente rossonero. Perché battere i cugini, che tu sia primo o a metà classifica, è sempre una goduria immensa. Nemmeno il gol di Genova, contro la Sampdoria, un destro sul secondo palo dopo essere rientrato alla Eden Hazard, ha permesso il recupero mentale di El Shaarawy; un dispiacere per chi ama il calcio in generale.

Ma siamo sicuri che lo scambio con un altro talento in difficoltà del calcio italiano, Mattia Destro, potrebbe riportare in auge i due attaccanti italiani? La risposta è no. Le motivazioni sono tante, ma principalmente i due non s’integrerebbero nelle rispettive nuove rose sia per un motivo prettamente tattico, sia perché nelle gerarchie dei nuovi allenatori, probabilmente, non sarebbero in cima alle preferenze. E allora tanto vale rimanere altri sei mesi a casa propria. Il Milan che ha stupito molti, a inizio campionato, è stato trascinato da Jeremy Menez versione falso centravanti, quel tipico attaccante di movimento che non fornisce punti di riferimento ai difensori centrali, che parte dalle retrovie o si decentra per trovare lo spazio per far male alle difese avversarie. Portare Mattia Destro a Milano con l’etichetta di salvatore della patria, implicherebbe il fatto di vederlo titolare quasi o sempre: e allora l’alternativa sarebbe spostare di nuovo sulla fascia Menez, rischiando di fare quello che il Milan ha fatto, due anni fa, a El Shaarawy con Balotelli. Ossia far rendere peggio quella che al momento è una certezza, scommettendo su una possibilità. Eppure un giocatore che la butti dentro, a questo Milan, servirebbe davvero ma sinché Filippo Inzaghi siederà sulla panchina del Milan, non vedo possibilità d’integrazione.

Discorso diverso, invece, per Stephan El Shaarawy. L’italo-egiziano per caratteristiche sarebbe perfetto nel gioco di Rudi Garcia: un esterno veloce, con piedi buoni e che possa puntare l’uomo accentrandosi, tuttavia non credo sarebbe in cima alle preferenze del tecnico francese. Gervinho è al momento intoccabile e, nonostante la Coppa d’Africa possa togliergli energie, al suo ritorno sarà di nuovo, giustamente, titolare inamovibile; Iturbe è stato pagato più di trenta milioni di euro e, nonostante sei mesi non proprio eccezionali, non si può già bocciare e mettere in panchina. Il tutto mentre Adem Ljajic si è dimostrato un elemento chiave della Roma di quest’anno, sempre partendo largo nel tridente, e la pressione di giocarsi lo scudetto potrebbe chiudere ancora di più mentalmente El Shaarawy. Con un’operazione del genere, quindi, più che recuperare si rischierebbe di affossare ancor di più due talenti che, vista la penuria di attaccanti, farebbero molto più che comodo alla causa azzurra di Antonio Conte. Il gioco vale davvero la candela?

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Alessandro Lelli