Cristiano, atto III

Il settimo episodio della nota serie televisiva Scrubs – Medici ai primi ferri vede il protagonista, JD, in competizione con gli altri specializzandi dell’ospedale per entrare nelle grazie dei dottori insegnanti. Il nostro prende sempre più confidenza con l’ambiente e il lavoro e quindi persino il primario di medicina, il famigerato dr. Kelso, inizia a elogiarlo pubblicamente per la sua attenzione, la sua precisione nelle risposte e nelle altre faccende, eleggendolo un po’ suo “cocco”; di conseguenza, JD si sente “il re” della corsia. Almeno fino a che non appare un concorrente: l’altro specializzando Nick Murdoch, infatti, ruba la scena al protagonista e diventa lui l’astro nascente di quella parte di ospedale. Tralascio di raccontare il resto della puntata, ma il preambolo mi serviva perché tutto l’episodio ruota attorno alle riflessioni dei protagonisti sul fatto che «è difficile essere il re», esemplificato dal fatto che sia JD sia Nick faticano molto a essere all’altezza del ruolo.

Ecco, questo è il concetto chiave che mi interessa accostare a colui che, ieri, è stato nuovamente proclamato “monarca” del calcio europeo (e non solo): Cristiano Ronaldo. Se è vero – e lo è, non dubitiamone – che essere il re non è affatto facile, allo stesso modo quanto è difficile confermarsi “miglior giocatore del mondo”? Perché non solo la concorrenza è agguerritissima ma pure lo standard che lo stesso CR7 aveva mantenuto lo scorso anno per scippare la palma del migliore a Messi era altissimo. L’asso lusitano però ce l’ha fatta: quest’anno si sta addirittura migliorando ed è di nuovo lì, a esultare sul tetto del mondo come 365 giorni fa. Il migliore è ancora lui, per la terza volta in carriera.

Il risultato è notevole, non c’è granché da obiettare: tre Palloni d’Oro non sono da tutti, solo dei grandissimi come Platini, Cruijff, van Basten o lo stesso Messi hanno potuto vincerne così tanti. Ed è vero che un tempo il premio era limitato ai soli europei e i sudamericani (uno su tutti: Maradona) non potevano accedervi per regolamento, così come è vero che il criterio d’assegnazione del riconoscimento da quando è stato accorpato al FIFA World Player è molto discutibile, ma alla fine resta l’albo d’oro. E l’albo d’oro riporta che, alle voci 2008, 2013 e 2014, corrispondono i nomi Cristiano Ronaldo, Cristiano Ronaldo, Cristiano Ronaldo. E così resterà negli annali.

D’altra parte Cristiano è stato il primo giocatore che ha seriamente dato l’idea di poter trascendere il livello umano, sin dagli anni di Manchester: completissimo dal punto di vista tecnico, prestazioni di qualità sempre alta, devastante, risolutore. L’approdo a Madrid l’ha ulteriormente trasformato in una macchina da guerra e ha fatto deflagrare ogni sua statistica, specialmente quelle realizzative: i gol in blanco sono già talmente tanti che ci si chiede se lui stesso se li ricordi tutti. Ma non è solo l’approccio al campo che colpisce. CR7 ha infatti deciso di diventare il più forte di tutti, quasi a tavolino. E per farcela ha sviluppato un’etica del lavoro assolutamente incredibile, che lo porta a lavorare sul suo fisico e suoi suoi limiti anche in solitaria ancora, ancora e ancora. Praticamente, un ragazzo benedetto dal talento che si allena come un ragazzino che deve ancora dimostrare tutto. Impressionante ma l’abbiamo detto: è difficile essere il re.

Infine, come non citare la sua potenza mentale? Gli è costata molta fatica diventare il migliore. Poi, un bel giorno, proprio all’inizio dell’era dopo CR7, è apparso quello che all’epoca era un ragazzino argentino… E gli ha fregato la corona prima ancora che finisse di lucidarla, iniziando tra l’altro un periodo di dominio assoluto, mica un exploit isolato. Ma come? Non era Cristiano quello che voleva essere il re, quello che lo aveva deciso? E invece s’è trovato davanti il numero 10 del Barça, un piccoletto che incantava tutti, in una squadra che piaceva a tutti, con un allenatore che stimavano tutti. Ce n’era per accontentarsi di essere il numero due, no? Ronaldo però non s’è abbattuto ma l’ha sfidato, l’ha inseguito, ha cercato il confronto più diretto possibile. Voleva sapere chi fosse migliore tra loro due, ne aveva bisogno, e doveva anche studiarlo più da vicino. Per batterlo.

Ha dovuto masticare amaro qualche stagione, lavorare sempre di più e sempre più duramente, attendere la giusta chimica coi suoi compagni nonché gli elementi più adatti a giocare con lui – perché in nessun caso si diventa grandi da soli, nel calcio – ma alla fine ce l’ha fatta: ora il re è di nuovo lui e il trono è stabile, ha resistito anche allo scossone Neuer (che come fisico e potenza di spallata non scherza, tra l’altro). Forse stavolta un po’ di paura di non farcela ce l’aveva, forse quell’urlo dopo il discorso di ringraziamento indica più sollievo che altro. Comunque sia, è stata una grande fatica coronata da un successo che splende.

Ieri il trionfo dunque, ma oggi? Oggi si ricomincia. E statene certi, Ronaldo non avrà bagordato troppo ieri sera perché stamattina si doveva alzare prestissimo, per tornare ad allenarsi. E sapete perché? Perché è difficile essere il re e nessuno lo sa meglio di CR7, non si molla niente, mai.

Lunga vita a sua maestà Cristiano.

Published by
Giorgio Crico