Alessio Cerci torna all’Olimpico di Torino, se gioca. Alzi la mano chi avrebbe creduto, a inizio anno, a un’eventualità simile. Pochi, se onesti, perché l’azzurro aveva lasciato in estate l’Italia alla volta della Spagna, per varcare la soglia di un campionato – risultati di Champions League alla mano – competitivo e in continua evoluzione, al di là di luoghi comuni e idee superate.
Pochissimi avrebbero immaginato Cerci a Torino, da avversario. Almeno quest’anno, a meno di una (improbabile) “retrocessione” del suo Atlético Madrid in Europa League e un sedicesimo di finale contro il suo recente passato. Ci ha messo del suo, in questo, un’avventura spagnola mai realmente iniziata, a metà tra la bocciatura e il ritorno a casa con la coda tra le gambe.
Chi scrive non fa parte, di certo, della schiera di coloro che si sono fatti gioco di Cerci all’indomani del suo ritorno in rossonero, riportando certe (polemiche) dichiarazioni sul “calcio che conta”, e la sensazione di un’emigrazione rumorosa, con un’aggiunta di veleni gratuita o comunque pesante. Sarebbe il caso di non esagerare, in queste situazioni, e usare i social network con la giusta attitudine; prendendoli come un gioco, al limite un mezzo per una comunicazione diversa, più immediata. Naturale, forse, se non istintiva, ma ricordandosi sempre da dove si è partiti, di quale comunità si è fatto parte. E non per non sputare nel piatto da cui s’è mangiato, tutt’altro: perché il futuro spesso è dietro l’angolo, e non si sa mai quali giri il calcio – come tutte le cose della vita – può fare in pochi mesi.
Né c’è da esagerare sull’idea di figliol prodigo, o godere del mancato salto di qualità: se Alessio Cerci, punto fermo o in ogni caso giocatore importante per la Nazionale Italiana e autore lo scorso anno di un campionato pazzesco, non ha sfondato in Champions League è una sconfitta di tutto il movimento, è un’occasione persa. Perché all’Italia mancheranno l’esperienza internazionale e quella cattiveria che solo il chilometraggio ad alti livelli può garantire. E anche perché è più “allenante”, di questi tempi, giocare coppe europee e Liga Spagnola che giocare col Milan (con tutto il rispetto), se vogliamo essere realisti.
Ai rossoneri spetta, adesso, dare senso a questa operazione. A Cerci e al Milan il compito, a partire da un gennaio insolitamente movimentato a livello di mercato, di rialzare la testa e tornare in Europa. Dove Cerci era a inizio anno, ma da dove è dovuto scappare: buon Toro-Milan, la partita dell’ex che ritorna casa, con l’altra casacca. In attesa di vedere quale accoglienza riserveranno l’Olimpico e la Maratona all’eroe del campionato di Serie A più soddisfacente dell’era Cairo.