L’anno che verrà: verso la Coppa d’Asia 2015

In concomitanza con la Coppa D’Africa , il 2015 si aprirà con un’altra competizione continentale: la sedicesima edizione della Coppa d’Asia, che forse non ha ancora il fascino tecnico della Coppa d’Africa, né produce la stessa eco in Europa, ma tuttavia coinvolge milioni di spettatori non solo asiatici, vista la capacità di rimbalzo globale delle grandi manifestazioni ai tempi del web.

Per quei tanti appassionati del pallone, sempre più inclini ad diversificare le proprie attenzioni oltre l’asfittico tetto basso della Serie A, si tratta dell’occasione di seguire un’avventura esotica ancora oggi salgariana, dal tasso tecnico crescente ma anche dai risvolti sociali che vanno oltre il semplice fatto calcistico.

La prima particolarità della Coppa d’Asia è che non si gioca in Asia, bensì in Australia, essendo il Paese Oceanico tanto il più attrezzato ad ospitare l’evento, quanto l’unico che si è candidato. Tra il 9 e il 31 gennaio, si affronteranno 16 squadre suddivise 4 in giorni da 4, da cui poi si dipartiranno i turni ad eliminazione.

Nel 2011, vinse il Giappone, allora allenato da Zaccheroni. E proprio il Giappone sarà la prima avversaria di una squadra al debutto assoluto nella competizione: la Palestina. La presenza della rappresentativa calcistica di una terra che non ha un univoco riconoscimento statuale alle Nazioni Unite, accresce di valori simbolici questa partecipazione. La storica qualificazione è avvenuta nello scorso maggio, superando le Filippine per 1-0, grazie ad un gol su punizione del trequartista Ashraf Nu’uman. Pochi giorni dopo, il primo agosto, tra le vittime civili del conflitto con Israele, rimase sotto le macerie di un bombardamento Ahed Zaqout, 49 enne ex nazionale palestinese, il più grande talento della storia palestinese. Pur considerata la cenerentola delle partecipanti, i motivi per vedere in una ribalta calcistica internazionale i “Leoni di Canaan”, non mancano.

Così come sarà interessante vedere all’opera le nazionali del Golfo: Oman (unica squadra, oltre alla debuttante Palestina, a non essere presente nella precedente edizione), Qatar, Emirati Arabi, Bahrein, Kuwait (la cui fama calcistica resta legata al Mundial ’82 e alla bizzarra invasione di campo dello sceicco che pretese l’annullamento di un gol del francese Giresse). In prospettiva del Mondiale del Qatar del 2022, potremo visionare se il transito delle stelle sudamericane ed europee per i campionati dei petroldollari ha anche vivificato la capacità agonistica delle loro nazionali.

Parteciperanno anche altri Paesi dove vivere non è semplice, solitamente citati dalle cronache internazionali per ben altri motivi, afferenti a operazioni militari, fondamentalismi, e minacce terroristiche, quali Iran e Iraq.
In particolare l’Iran, dopo aver ben figurato ai recenti mondiali brasiliani, potrebbe rappresentare la principale sorpresa della Coppa, anche tenendo presente che in panchina siede il veterano portoghese Queiroz. La militanza all’estero di molti calciatori, ha sicuramente aumentato la capacità competitiva dell’Iran.

Né mancano la Corea del Nord e la Corea del Sud, da oltre sessant’anni divise sul 38° parallelo e ora possibili avversarie in Australia.

C’è poi la Cina, dove Lippi ha fatto scuola nel Gaungzhou Evergrande e la crescita del movimento è vertiginosa. Anche se i tempi non sono ancora maturi per sognare una vittoria, stabilire lo stato dell’arte di un calcio dalle potenzialità esponenziali in una competizione internazionale di prestigio, rappresenta un rilevante parametro effettivo di misurazione.

Completano il quadro le rappresentative di Giordania (assente agli ultimi Mondiali per aver perso lo spareggio con l’Uruguay), Arabia Saudita (movimento un tempo apprezzabile, oggi in declino) e Uzbekistan (movimento in crescita).

I favori del pronostico vanno ai padroni di casa dell’Australia di Cahill e ai detentori del Giappone di Nagatomo e Honda, seguiti da Iran e Corea del Sud (allenata dal tedesco Stielike).
I bookmaker sono in fermento, tonnellate di noodles si apprestano ad essere consumati. Siamo pronti ad aprirci al calcio che viene dall’Est?

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Paolo Chichierchia