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L’anno che verrà – Ancora a rincorrere l’Europa che conta

Dieci anni. Che possono essere visti come “dieci anni buttati” o come “dieci anni dal nostro splendore”, ma sono entrambi punti di vista negativi. E veri.

Il calcio italiano è in crisi, è in crisi vera, di quelle che ti attanagliano la gola e non ti mollano finché non crolli a terra esausto.
Non credete alle parole di chi dice che è “una crisi passeggera e che dipende dalla situazione economica italiana, che inevitabilmente sta affossando anche il mondo del calcio”. Balle. È una crisi che parte da molto prima, da lontano, da quando eravamo noi a dominare in Europa ed è figlia, purtroppo, solo di un atteggiamento miope e scellerato dei potenti del nostro calcio: incapaci a capire come stava cambiando tutto il mondo che gira intorno al campo da gioco e immobili nel momento di riparare alla voragine che ci stava separando dal resto d’Europa.

I dati sono chiari e — purtroppo — inquietanti: la Juventus sta al Real Madrid in Europa come la Sampdoria (con tutto il rispetto per i blucerchiati) sta alla Juventus stessa in Italia. Nel senso: nell’arco dei novanta minuti si può anche pareggiare, ma sulla durata di una competizione non può esserci storia, così come in fase di mercato.
E il nome della Juventus non è fatto a caso, visto che è la squadra italiana con più fatturato. Se la nostra squadra migliore fattura circa la metà dei campioni d’Europa, allora ci aspettano ancora molti anni — e non solo il 2015 — in cui dovremo rincorrere.
La rabbia, però, sale guardando questo grafico, pubblicato sabato 3 gennaio sulle pagine de “La Gazzetta dello Sport”: nel 2003/2004 Milan e Juventus fatturavano poco meno di Real Madrid e Manchester United, mentre l’Inter si assestava poco dietro, al pari di Bayern Monaco e Barcellona; nel 2013/2014 il divario è, dal nostro punto di vista, imbarazzante.

Grafico fatturati big europee

Abbiamo buttato al vento l’occasione di stare al passo con le più grandi, di dominare in Champions League (nel 2002/2003 eravamo noi a portare tre squadre in semifinale, adesso esultiamo se una italiana riesce ad arrivare ai quarti di finale), di far giocare i grandi campioni come Messi, Ronaldo, James, Falcao, Rooney, Silva e via discorrendo da noi anziché in Spagna, Inghilterra o Germania.

dati magliette vendute in europaMa come è potuto accadere? Per un sacco di fattori, tra stadi, marketing, merchandising e sfruttamento del marchio. Mentre in Italia i nostri presidenti litigavano per i diritti televisivi (che da noi sono arrivati a pesare circa il 50-60% del fatturato totale), nel resto d’Europa costruivano nuovi stadi in grado di offrire ogni tipo di esperienza al visitatore, vendevano il proprio marchio nei mercati asiatici e sudamericani, strappavano grosse sponsorizzazioni con le più grandi multinazionali al mondo.
Se l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, allora si può dire che il calcio italiano è fondato sulla tv. Ed è sbagliato.

È anche inutile star qui a fare tutti gli esempi di gestione virtuosa delle proprietà di Real, Barcellona, Manchester United o Bayern, ma, per capire meglio il problema, è necessario prendere i dati dei ricavi dallo stadio dei bavaresi.
Il Bayern Monaco nel 2003/2004 ricavava dal suo vecchio stadio 22 milioni di Euro l’anno, contro i 28 del Milan e i 29 dell’Inter. Un vecchio stadio, progettato per far vivere allo spettatore solo l’esperienza visiva della gara.
L’anno dopo hanno inaugurato l’Allianz Arena e nel 2013-2014 hanno ricavato 145 milioni di Euro dallo stadio (tra biglietti, affitto per eventi, area vip, ristoranti, parcheggi, ecc.) contro i 30 milioni del Milan e i 19 dell’Inter, ancora legate agli incassi dei botteghini.

Il calcio italiano è indietro e ci resterà anche nel 2015, scrivere che potrebbe essere l’anno della riscossa sarebbe dire una brutta bugia. La verità è che siamo rimasti negli anni ’90, ma il mondo è cambiato. Il calcio è cambiato. Quando ce ne accorgeremo sarà sempre troppo tardi.