Sarà il primo trofeo “di grido” a venire assegnato, in questo 2015 appena inaugurato: cambiata la tradizione, dal 2013 negli anni dispari la Coppa d’Africa apre il calcio che conta. Sarà preceduta di pochi giorni dalla Coppa d’Asia, in realtà – ma per tanti motivi (uno fra tutti: la preponderanza di giocatori africani in Europa) è una competizione che abitualmente viene considerata di meno.
Da anni sentiamo gli allenatori di Serie A (e non solo) lamentarsi: la Coppa d’Africa falserebbe i campionati, privando le squadre di forze altrimenti giudicate indispensabili. Può anche esserci del vero, in ciò; ma non ho idea se invece i semplici tifosi del calcio sarebbero disposti a rinunciarvi. È la tradizione di questo periodo, è un evento che attendiamo.
E mai come quest’anno, in realtà, c’è stato il rischio che non venisse disputata: a causa della paura di un contagio di Ebola, il Marocco, paese organizzatore, aveva chiesto un rinvio di un mese; cosa che però non sarebbe stata possibile né auspicabile (chi glielo va a dire, a tifosi e squadre, che i giocatori mancheranno in un diverso periodo dell’anno?). Proposta rifiutata e Marocco escluso (era qualificato come ospitante… ma non ospiterà nessuno), strenua ricerca di alternative. Se volessimo essere cattivi, potremmo dire che per il Mondiale per Club l’Ebola c’era già, eppure nessuno si è mosso per chiedere rinvii.
Batti e ribatti tra le nazioni escluse: ci sono i mezzi economici, ma non la volontà politica. Sudafrica, Angola, Nigeria, tutti passano la mano… fino alla Guinea Equatoriale. Chi? La Guinea Equatoriale: stato di circa 740.000 abitanti (meno della sola Torino), già co-organizzatore due edizioni fa (con il Gabon). È una regola usuale: se salta il paese ospitante, ci si rivolge a chi più di recente ha organizzato la stessa competizione (è un tormentone anche per le Olimpiadi).
Gli Nzalang Nacional (Tuono nazionale) non si erano qualificati: nel primo incontro del primo turno delle qualificazioni, gli equatoguineani avevano schierato Thierry Fidieu Tazemeta, giocatore nato in Camerun e poi naturalizzato, ma che non aveva completato tale riconoscimento di fronte alla FIFA: una specie di tesseramento irregolare, insomma. Tutto risolto, adesso (si spera), con la qualificazione d’ufficio: mai sul campo, ma primi di sempre a organizzare due edizioni su tre consecutive.
Tre anni fa non era andata benissimo: scarse le capacità di accoglienza (in parole povere: pochi abitanti significa anche pochi alberghi all’altezza – per giocatori, staff, addetti ai lavori e tifosi), e persino la rete di telecomunicazioni fu messa duramente alla prova. Però nel 2012 c’erano state grandi spese per modernizzare un paese (e la cosa era finita anche sotto l’occhio di Human Rights Watch: stadi nuovi in un paese dalle grandi diseguaglianze) retto dal 1979 da Teodoro Obiang Nguema, “succeduto” allo zio Francisco Macías Nguema dopo un colpo di Stato. Giustiziato in poche settimane: fratelli africani, ma anche parenti serpenti.
A ogni modo: pur tra molte perplessità, la Coppa si terrà: si giocherà ancora a Bata, sulla costa, e nella capitale Malabo, oltre che nei due nuovi stadi di Mongomo e Ebebiyín, nell’entroterra: impianti dalla capacità ridotta (a Ebebiyín solo 5.000 spettatori), ma meglio di niente.
Perché il lato positivo è che si giocherà, e non era più così tanto scontato. Si giocherà e il calcio africano tornerà a puntarsi i riflettori addosso, malgrado gli allenatori autoctoni siano soltanto 3 su 16: Congo, Sudafrica e Zambia conteranno su tecnici locali e non europei. Per lo Zambia (habituée della Coppa da molte edizioni), poi, ritornare in Guinea Equatoriale ha un sapore speciale: nel 2012, sotto la guida del francese Hervé Renard, è arrivato il primo e unico titolo (poi non bissato nel 2013, né nelle qualificazioni mondiali).
Il resto è un parterre di squadre che ripescano a piene mani dall’Europa: mancano la Nigeria (campionessa in carica) e l’Egitto (eptacampione), ma ci sono il Ghana (solo quattro titoli: gioca per accorciare) e l’Algeria (vittoriosa solo nel 1990, ma dotata di uno squadrone). Il pallone è l’Adidas Marhaba: benvenuto in lingua araba. Come il benvenuto a questo anno appena iniziato. Seguiremo la Coppa d’Africa (anche via Facebook): se vorrete, potrete seguirla con noi.