Pagellone tennis 2014 (parte 1)
In attesa che il 2015 della racchetta esca dai blocchi di partenza, e per combattere l’astinenza da tennis giocato, ripercorriamo la stagione conclusa con le pagelle dei dieci tennisti che maggiormente si sono distinti nel circuito ATP. In questa prima puntata le posizioni dalla 6 alla 10; alle ore 14 appuntamento con la seconda e ultima parte per le prime cinque posizioni.
6) Nishikori: 7,5
Onestamente un peccato che debba rimanere ai piedi della top five: migliorato in tutti i comparti del gioco (a rete, però..), pare ormai in grado di battagliare anche con i “grandi”. Dominato a sorpresa il torneo di Barcellona, regola con autorità tutti gli avversari anche a Madrid salvo arrendersi in finale ad un problema fisico dopo aver disposto per quasi un’ora di un inerme Nadal. Quindi la grande cavalcata di Flushing Meadows (conclusasi solo in finale al cospetto di un super-Čilić) che l’ha visto battere in fila Raonic, Wawrinka e Djoković in tre partite che avrebbero stroncato anche il supereroe di un manga giapponese; chiude la stagione onorando il Master fino all’ultimo turno di servizio. Se il fisico regge, il prossimo anno ci sarà anche lui per vincere i tornei che contano. Samurai
7) Raonic: 7+
Il tocco taumaturgico di Ljubicić ha trasformato il ragazzone impacciato tutto diritto & servizio in un tennista in grado di occupare stabilmente la top ten. Essenziale, scolastico, ma regolare. Drasticamente migliorato nei movimenti laterali, paga ancora la ricerca ossessiva del diritto da ogni posizione: un’ulteriore crescita non può che passare per un miglioramento del rovescio. Un solo titolo, a Washington, in una stagione condita però da grande continuità: quarti a Parigi, semifinale a Wimbledon, Roma e Cincinnati, finale a Bercy, e la meritata qualificazione per il Master di fine anno. Il futuro ci dirà se può aspirare a qualcosa in più di un’onesta carriera “alla Ferrer”, che ad oggi sembra rappresentare la dimensione a lui più congeniale. Diligente
8) Dimitrov: 7
La vittoria su Murray a Wimbledon con annessa semifinale raggiunta poteva essere un punto di partenza, invece si è rivelata la vetta più alta della sua stagione. A 23 anni ha cantierato il salto di qualità per poi fermarsi sul più bello: ridotta la distanza dai big, ma senza dare l’impressione di poterli agganciare a breve termine. Sa fare tutto, e anche bene, ma manca il colpo risolutivo: il rovescio è elegante e variegato ma non ti lascia mai fermo, il diritto è più robusto ma non è ancora trainante. Dei tre titoli conquistati il più prestigioso è l’Atp 500 di Acapulco: è evidente che se ti sei imposto al grande pubblico come baby-Federer è ancora un po’ pochino. Incompiuto
9) F. López: 7
Un premio ad un tennista fuori da ogni dogma del tennis moderno. Torna tra i primi quindici e vi chiude la stagione; sull’erba si consacra come uno dei migliori vincendo Eastbourne, perdendo il Queen’s per un soffio e uscendo a Wimbledon solo al cospetto di un signor Wawrinka. Parte lento, inizia a scaldarsi a Madrid dove si ferma ai quarti solo per mano di Nishikori (che in finale andrà a malmenare Nadal per un’ora buona) e chiude con le due semifinali raggiunte ai Masters di Toronto e Shanghai. Ma soprattutto, fa tutte queste cose a 33 anni e giocando il 70% dei rovesci in back. Per nostalgici
10) Gulbis: 6,5
La semifinale di Parigi è un bell’acuto, ma non basta. Dà sempre la sensazione di viaggiare al di sotto delle sue reali potenzialità, e poi molto di rado di riuscire a spingersi oltre. Quando gioca da par suo, e il nuovo diritto “antiestetico” fa il suo dovere, non teme nessuno: è uno dei pochi tennisti a potersi permettere di sopraffare sul piano del gioco gente come Nadal e Djoković, ma la sfrontatezza diventa limitante quando non sa cedere mai all’umiltà. Un passo avanti dal punto di vista della continuità (ma partiva da un livello infimo) che però non è ancora sufficiente per stare al passo dei migliori: per quello serve una gestione ben più matura delle sconfitte. Cane sciolto