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Ciao 2014 – Quel che resta in Europa

Non è mai facile trarre un bilancio dell’anno che si sta chiudendo senza sciorinare la consueta lista di banalità tipiche del periodo, così come non è semplice evitare la tentazione del resoconto pedissequo, magari preciso e puntuale, ma sterile e ripetitivo al punto da risultare ridondante o addirittura superfluo, sugli eventi che hanno segnato quest’anno solare 2014 del calcio europeo.

Tanto per cominciare, si può guardare per prima cosa al tabellone degli ottavi di finale della Champions League di quest’anno che, su sedici squadre qualificate agli ottavi, ne annovera ben undici che erano presenti anche nella scorsa edizione (più altre tre che dodici mesi fa non erano sopravvissute alla fase a gironi ma che invece erano agli ottavi di UCL 2012/2013). Tutto ciò cosa ci dice? Semplicemente che l’élite del calcio mondiale non muta in maniera sostanziale da anni. Certo, l’attuale formula così allargata della competizione favorisce che siano sempre le solite ad arrivare alla fase finale della Coppa dalle Grandi Orecchie tuttavia è pazzesco osservare come lo spazio per eventuali sorprese sia ridotto a una o, al massimo, due sole piazze. 365 giorni fa Olympiakos e Zenit s’inserirono tra le sedici nobili d’Europa, la stagione precedente toccò a Málaga e Celtic intrufolarsi tra i sedici invitati al banchetto calcistico più prestigioso del continente. La morale della favola è sempre quella: vincerà una delle solite note (Bayern, Real Madrid, Barcellona e Chelsea, in religioso ordine di quote SNAI), con possibilità di successo finale ridotte al lumicino per le outsider o, come va di moda dire adesso, gli underdog (per gli italianisti: le sfavorite).

Le compagini che si sono aggiudicate il trofeo negli ultimi dieci anni partendo senza i favori del pronostico alla vigilia si chiamano d’altra parte Liverpool, Milan, Inter o Chelsea, non proprio squadre scarse (guardando alle rose di allora) o prive di tradizione: chiamarle sorprese è lecito solo se si tiene in conto il livello ultraterreno delle favorite riconosciute dell’epoca o se ci si sforza di ricordare lo stato di forma apparentemente insuperabile mostrato da alcune avversarie in quelle particolari stagioni (comunque poi sconfitte dalle future vincitrici). Sarebbe senz’altro suggestivo se uno Shakhtar, un Porto, un Monaco, un Leverkusen o un Basilea dovessero procedere nella competizione ma la sensazione è che a queste compagini servirebbe già un mezzo miracolo anche solo per raggiungere la semifinale. Come italiani non c’è molto da ridere: la Juventus è sì superiore sulla carta a queste aspiranti cenerentole, ma non in maniera tale da poter pensare di arrivare in finale con agio (anzi).

 Andando invece ad analizzare i campionati nazionali il discorso si fa più variegato e interessante.

A cominciare dalla Premier League, a mani basse il torneo domestico più bello e interessante d’Europa, delle prime quattro dello scorso anno (City, Liverpool, Chelsea e Arsenal) ne troviamo solo una che s’è davvero evoluta rispetto alla passata stagione ed è il Chelsea 2.0 di Mourinho. Alcune prove generali di grandezza erano già state fatte nei precedenti dodici mesi ma adesso la sensazione è che i Blues siano effettivamente divenuti una macchina da guerra tale che può puntare a non lasciare nemmeno le briciole alle contendenti; la crescita esponenziale del gruppo di Mou si candida seriamente come miglior lascito del football albionico visto in quest’anno solare assieme alla solidità degli Skyblues di Pellegrini. Il Manchester City campione appare infatti relativamente stazionario sui livelli già ottimi dello scorso torneo, senza far segnalare miglioramenti notevoli: forti erano ieri, forti sono oggi. Il calcio inglese ci lascia, assieme col 2014, anche il ricordo sbiadito del bel gioco del Liverpool, quasi vincitore della Premier lo scorso anno e perso completamente adesso, tra lo scivolone di capitan Gerrard e la partenza di Suárez, nonché con l’immagine di un Arsenal detentore dell’FA Cup ma con mille interrogativi sui possibili esiti di questa stagione. A far da contraltare a queste grandi con mille problemi, però, ci sono la favola Southampton e un redivivo West Ham: volendo credere fino in fondo in queste due compagini, è lecito ipotizzare che terzo e quarto posto non saranno appannaggio automatico di United e Gunners (c’è anche il lunatico Tottenham) e sarebbe romantico se, in un ipotetico “Ciao 2015”, potessimo leggere di qualche successo dei Saints e degli Hammers.

In Spagna invece la solfa pare a prima vista sempre quella, con la semplice notazione che il tango a due di Real e Barça ora sembra essere stabilmente un foxtrot a tre con anche l’Atlético. Quest’anno che sta per finire ci consegna tuttavia la solidissima realtà del cholismo nella parte meno luccicante di Madrid: il ciclo rojiblanco non s’è esaurito con la conquista del titolo o con la finale di Champions (entrambi dopo dopo tanti anni), ora con l’Atleti bisognerà fare i conti per chissà quanto tempo ancora (o almeno finché rimarrà Simeone). Valencia e Siviglia, dal canto loro, paiono poi confermarsi come realtà minori in ascesa e specialmente il progetto – finanziato da soldi cinesi – dei Pipistrelli appare solido; la curiosità più grande in chiave futura però la desta comunque il Real di Ancelotti: ormai, più che chiedersi se vincerà, l’interrogativo che tanti si pongono è sul comeBlancos (che abbiamo anche già celebrato) costruiranno le loro affermazioni future. Il ciclo infinito di vittorie attualmente in corso, infatti, consegna l’immagine di una squadra apparentemente perfetta che, nel suo abbagliante splendore, aspetta solo di confermarsi vincente. Il Barcellona invece chiude l’anno con il sapore dolce-amaro del cantiere ancora aperto e con un gigantesco punto di domanda: va capito se il figliol prodigo Luis Enrique saprà riportare ai fasti di poco tempo fa i culé, onestamente raramente convincenti in questa prima fase di Liga 2014/2015. Nel “Ciao 2014” iberico c’è ben poco blaugrana, per la prima volta dopo veramente tanto tempo.

La Ligue 1 è a suo modo un torneo molto meno prevedibile di quanto si potesse pensare superficialmente una volta che è stato chiaro il progetto degli sceicchi del PSG: i parigini hanno sì vinto gli ultimi due titoli e l’ipotetica cartolina 2014 del campionato francese senz’altro presenta un’effige notevole di Ibrahimović & co. ma anche della rinascita di Lione e Marsiglia. I due Olympique svettano infatti sui ricchi capitolini e la resurrezione di queste due realtà storiche del pallone d’Oltralpe s’impone con prepotenza tra i titoli di coda di quest’anno, specialmente considerando le varie traversie della scorsa stagione. Tra il bielsismo costiero dell’OM e i ragazzini terribili del Rodano, forse la presente edizione di Ligue 1 sarà la più combattuta dopo il miracolo del Montpellier di un paio di stagioni fa. Ovviamente non si può non menzionare il sogno del Monaco apparentemente già decaduto: se dodici mesi fa chiunque si sarebbe sentito facile profeta nel prevedere un duopolio in stile Liga per le stagioni a venire di Ligue 1, oggi c’è invece da registrare un Rybolovlev probabilmente già stufo di giocare a Football Manager nella realtà. Per carità, la squadra non è affatto scarsa ma certamente non è diventata lo schiacciasassi mostruoso che era lecito attendersi appena un paio d’anni fa e, anzi, risulta impietosamente indebolita rispetto alla rosa della passata stagione. In tutto ciò merita una piccola menzione anche il Saint-Étienne, la compagine più titolata di Francia, che negli ultimi anni è sempre lì, pronta ad acciuffare un piazzamento europeo: nella cartolina di cui sopra è giusto che ci sia anche del verde.

La Germania è invece lo scenario più noioso, attualmente: il Bayern di Guardiola sembra essere di un pianeta talmente lontano rispetto alle rivali che la Bundesliga è ormai sostanzialmente un feudo dei bavaresi. Il bel Borussia Dortmund, dal canto suo, pare invece star vivendo una crisi senza fine (per quanto parzialmente bilanciata dal fantastico percorso in Champions) e quindi quel che resta impresso del campionato tedesco è un’autostrada a quattro corsie a disposizione del bolide di Lahm e compagni con tante piccole utilitarie al seguito, compresa una ex bella macchina giallonera che arranca disperatamente. Il saluto alla Bundesliga 2014 sa di noia bavarese e delusione per Klopp e i suoi e, nonostante si possano scorgere già ora i segni di una ribalta dichiarata del Wolfsburg, intenzionato a colmare il vuoto di potere lasciato dal BVB (d’accordo, si corre per la seconda piazza, ma è meglio di niente), è difficile pensare al campionato tedesco senza incocciare negli stilemi del “campionato già vinto” e della “crisi insospettabile” dopo che sia il Bayern sia il Borussia hanno esportato nell’ultimo lustro tutto ciò che c’era di meglio del movimento calcistico teutonico.

Anche dalle cosiddette realtà minori, infine, possiamo trarre delle diapositive finali di quest’anno da portare anche nel prossimo.
In Olanda, a fianco di un Ajax perennemente grande in patria e minuscolo all’estero, si staglia anche un PSV che ha completato il suo ricambio generazionale e si appresta a spezzare il monopolio ajacide dopo ben quattro anni (entrambe le compagini, comunque, esibiscono parecchi talenti in rampa di lancio i cui nomi andrebbero appuntati già ora e che andrebbero conservati ben oltre il prossimo anno); dalla Grecia invece è impossibile non conservare la visione di un generoso PAOK che sta provando seriamente a mettere in difficoltà la dittatura dell’Olympiakos (e nonostante il mercato geniale degli ateniesi, altra perla del 2014) o delle sfuriate alla stampa di Gattuso, apparentemente intenzionato a emulare le gesta – perlomeno comunicative – di Malesani (saranno i giornalisti ellenici o l’odore di ulivi e viti a dare alla testa dei tecnici nostrani?).
Della fredda Russia, al di là del CSKA ancora campione, vale la pena conservare il buon lavoro di Villas-Boas allo Zenit ma anche e soprattutto tutte quelle pensate (poco) geniali della federazione russa attuate in preparazione dei Mondiali del 2018, ultima delle quali il limite degli stranieri; in Portogallo invece va registrato ancora una volta un Benfica che cambia parecchi elementi ma resta dominante in patria, superando per ora agevolmente il progetto fin qui esteticamente apprezzabile ma discontinuo del Porto “spagnolo” di Lopetegui (da tenere d’occhio il prossimo anno, soprattutto in ottica mercato).
Della Turchia si hanno spesso aggiornamenti dai media sulle vecchie conoscenze di Serie A che militano nel Galatasaray nonché immagini nitide delle esperienze poco esaltanti di Mancini e Prandelli coi giallorossi, ma si tace della rinata competitività di Fenerbahçe e Beşiktaş, protagoniste di una lotta a tre per il titolo proprio col Gala che si preannuncia incandescente (ecco, qui, forse, più che un’immagine, portiamo nel 2015 un proposito: non accontentarsi dell’informazione televisiva media su queste realtà considerate marginali; la rete è un’immensa risorsa per approfondimenti seri e validi. Non vale solo per il campionato turco, ovviamente); il Belgio, infine, si conferma ancora come fucina di talenti. Brillano in particolare i gioielli biancomalva dell’Anderlecht ma non sono i soli (il Club Brugge di Preud’homme annovera anch’esso giocatori notevoli tra le sue fila, Víctor Vázquez su tutti), tuttavia è difficile non pensare all’anno che sta per terminare senza richiamare alla mente i nomi di Tielemans, Praet e Mitrović, brillanti anche in Champions.

In definitiva, a voler ben guardare, il 2014 ha regalato tanti spunti di riflessioni anche e soprattutto fuori dall’Italia, tra conferme, brillanti ascese e rovinose cadute la cui memoria porteremo anche nel prossimo anno sotto forma di storia cristallizzata e pronta per essere raccontata. Volendo ci sarebbe potuto essere anche più di un cenno a fattori sempre calcistici ma extra campo, come i soliti giochi di potere tra FIFA e UEFA, il dibattito sulla tecnologia tra opinione pubblica, Blatter e soprattutto Platini, la guerra finalmente dichiarata alle TPO e così via ma, in fin dei conti, quando si traccia il bilancio di un anno è meglio pensare alle cose belle, no?

E allora ciao 2014 del calcio europeo, ci sei piaciuto parecchio ma non ci mancherai: siamo certi che il 2015 sarà ancora meglio.