Real. Di nome e di fatto
Sul tetto del mondo ci va il Real. Una squadra etimologicamente vincente. Voglio dire, i neo campioni del mondo per club, oltre ad avere un nome di per sé trionfante, hanno una corona bella grande in cima al loro simbolo, e non può certo essere un caso se lassù, nell’olimpo degli dei del calcio, ci sono loro. E allora di che stiamo parlando? Eppure i vinti stavolta godevano delle simpatie di qualcuno che un poco conta in Vaticano. Ma nemmeno questo ha portato bene al piccolo San Lorenzo de Almagro. Perché il Real Madrid è semplicemente più forte, punto.
Comprensibile, dunque, l’euforia della stampa spagnola, che ha esaurito le parole per qualificare un gruppo capace di alzare quattro trofei nell’anno solare che volge al termine: Copa del Rey, Champions, Supercoppa Europea e, infine, Mondiale per club. E con questo sono 18 titoli internazionali, come il Milan, che da oggi dovrà condividere con i blancos la scritta sul club più titolato al mondo.
Dopo le grandi vittorie, sono solito dare uno sguardo ai principali titoli sul web e la prima cosa che balza all’occhio è proprio il ricorso a frasi iperboliche, in cui sembra si gareggi per trovare l’espressione più azzeccata, quella che maggiormente renda omaggio ai vincitori. Se Marca.com colloca il Real su un piano ancora terrestre (El mundo a sus pies), As.com, invece, tra il blasfemo e l’irriverente, apre la sua home con un titolo da incorniciare: El Madrid se gana el cielo. E pazienza se Papa Francesco tifa per gli avversari, in campo ci vanno i campioni.
Per la verità, il campione numero uno, quello con la media superiore a un gol a partita, in questo mini torneo è rimasto a secco. E, vittoria Real a parte, questa è la notizia più singolare. Anche ieri, Cristiano Ronaldo “il cannibale” ha fatto di tutto per entrare nel tabellino della finale del Mondiale, il primo giocato e vinto dagli spagnoli (dopo le tre Coppe Intercontinentali), ma non ci è riuscito. Per fortuna del Real e di sor Carletto, ci hanno pensato altri due specialisti del gol al momento giusto e nel posto giusto: Sergio Ramos e Gareth Bale. Entrambi già a segno nella finale di Lisbona contro i cugini dell’Atlético, che ha portato in bacheca la décima.
In tutto questo, permettetemelo, un pizzico di orgoglio italiano per l’impresa centrata da Ancelotti ci sta tutto. Carletto è riuscito laddove i suoi quotati predecessori avevano fallito (Mourinho su tutti). Se il calcio italiano è allo sbando, i nostri tecnici continuano a diffondere il verbo calcistico e sono ancora fra i maestri più prestigiosi nel gioco del pallone. E, nel caso del Real, sappiamo benissimo che non è facile accontentare una platea come quella madridista, abituata ad avere un palato a dir poco raffinato.
Archiviamo il 2014 di calcio internazionale con un pensiero rivolto ai curatori del museo del Bernabéu: di questo passo, avranno bisogno di spazi maggiori e di qualche teca in più. A loro va tutta la nostra solidarietà.