Autore: Alberto Cassani per MondoPallone.it
L’era degli hooligan è finita da un pezzo. Quelle che una volta erano grandi bande di tifosi violenti e organizzatissimi, oggi sono piccoli e sparuti gruppi di ragazzi più interessati all’alcool che al calcio che si ritrovano ogni tanto per darsele di santa ragione lontano da stadi che non hanno voglia di frequentare. È rimasta una sola rivalità davvero violenta, nel calcio inglese di oggi: quella tra West Ham e Millwall. Una rivalità che, come molte altre in terra d’Albione, ha origini che poco o nulla hanno a che fare con il calcio. Origini talmente particolari e radicate nella storia di Londra da meritare sulle pagine di MondoPallone.it una puntata speciale di “Derby dal Mondo”.
Nella Premier League di questa stagione giocano sei squadre londinesi. Potrebbe esserci un derby ogni settimana o quasi. Di tutti i derby, però, il derby di Londra è – da sempre – quello tra Arsenal e Tottenham. In effetti, il Tottenham è la squadra della Capitale più odiata dai tifosi avversari. Se però l’odio sportivo nei confronti del Manchester United o dell’Arsenal, o quello più recente per il “Chelsky” di Roman Abramovich, deriva direttamente dal fatto che queste sono squadre vincenti per definizione, il disprezzo che tutti provano verso gli Spurs ha origini diverse.
Fin dai tempi di Enrico VIII, la zona di Londra Nord che oggi costituisce il distretto di Tottenham è stata un quartiere dove i ricchi amavano passare le assolate domeniche. La situazione cambiò solo negli anni Settanta del XIX secolo, quando l’apertura della Great Eastern Railway trasformò Tottenham in un sobborgo popolare. Fondato nel 1882, il Tottenham Hotspur Football Club ha sempre avuto un largo seguito tra la comunità ebraica che si era stabilita a North London e nel vicino East End nei primi anni del 900. Nell’ambito della mentalità calcistica, è abbastanza ovvio che una squadra di un quartiere storicamente altolocato e per di più supportata da ebrei finisca per essere malvista dai tifosi delle squadre dei quartieri popolari. Tant’è vero che in segno di scherno, i tifosi avversari si riferivano a quelli del Tottenham chiamandoli “Yids”, il termine inglese per indicare offensivamente gli ebrei. Per contrastare questa abitudine, gli stessi ultras degli Spurs presero allora a definirsi “Yid Army”, cosicché i cori degli avversari perdessero il loro valore offensivo.
Anche per quanto riguarda i tifosi del West Ham – che vengono da un quartiere popolare per eccellenza: l’East End, appunto – la rivalità col Tottenham è molto sentita, così come quella con il Chelsea, che è invece la squadra “borghese” per eccellenza. Come detto, però, la squadra in assoluto più odiata dagli Hammers è quella del Millwall.
Millwall è un’area portuale della zona est di Londra, nella piccola penisola in cui Enrico VIII teneva i suoi cani da caccia e che ha infatti preso il nome di “Isle of Dogs”. Anticamente era sede di numerosi mulini a vento, nei quali veniva lavorato il grano che arrivava a Londra per essere poi spedito ai panifici della Capitale. Nella seconda metà del XIX secolo, la zona divenne sede di alcuni stabilimenti siderurgici in diretta concorrenza con il lavoro dei Thames Iron Works, il cantiere navale in cui nel 1895 nacque il West Ham United: a Millwall si raffinava il ferro per farne acciaio, mentre a Canning Town lo si lavorava per farne navi. La rivalità tra i lavoratori dei due cantieri era talmente forte da sfociare a volte in violenti scontri nelle strade del porto di Londra, per poi trovare una nuova dimensione quando – nel 1885 – i lavoratori scozzesi di Millwall fondarono il Millwall Rovers Football Club, e poi ancora quando dieci anni dopo nacque il West Ham. La rivalità proseguì imperterrita anche dopo il 1910, anno in cui i Rovers si trasferirono sull’altra sponda del Tamigi, quindi a South London. Lo scontro tra i sostenitori di West Ham e Millwall arrivò però al suo primo picco durante lo Sciopero Generale del 1926.
Nel 1925 il settore minerario della Gran Bretagna attraversò una forte crisi, causata anche della situazione economica conseguente la Prima Guerra Mondiale. Il Governo conservatore di Stanley Baldwin assicurò, attraverso un sussidio di nove mesi, la stabilità dei salari dei minatori nonostante i proprietari delle miniere avessero in effetti ridotto gli stipendi. Contemporaneamente, un’apposita commissione avrebbe studiato il problema e tentato di trovare una soluzione.
Nel marzo 1926 la Commissione dichiarò che il settore minerario andava completamente riorganizzato, suggerendo al governo di ritirare il sussidio e sconsigliando la nazionalizzazione delle miniere. In sostanza, la soluzione che la commissione prospettava per risolvere la crisi era il taglio dei salari. Conseguentemente, i proprietari produssero un nuovo contratto di lavoro che prevedeva la diminuzione degli stipendi tra il 10 e il 25% e l’aumento delle ore di lavoro. Il termine ultimo che i proprietari avevano fissato per l’accettazione dei nuovi termini da parte dei lavoratori era il primo di maggio. Chi per allora non avrebbe accettato il nuovo contratto, non sarebbe potuto scendere in miniera.
In risposta alla mossa dei proprietari, il Consiglio Generale del Trades Union Congress – l’organizzazione che riunisce tutti i sindacati dei lavoratori del Regno Unito – deliberò uno Sciopero Generale che avrebbe avuto inizio il 3 maggio e avrebbe inizialmente riguardato solamente i lavoratori di alcuni settori chiave come le ferrovie, i porti e le fonderie, che rappresentavano comunque un quinto dell’intera popolazione adulta di sesso maschile. Per due giorni, le parti tentarono senza successo di trovare un accordo che scongiurasse lo sciopero. Grazie anche al lavoro di preparazione svolto nei nove mesi di sussidio, il Governo riuscì a evitare che il Paese rimanesse paralizzato, utilizzando le forze armate e sfruttando i lavoratori volontari per assicurare almeno i servizi di base.
Gli incontri continuarono per diversi giorni dopo l’inizio dello sciopero, ma un accordo sembrò sempre più improbabile. Il 12 maggio, il Consiglio Generale del TCU dichiarò la fine dello sciopero, dietro l’assicurazione da parte del Governo di Sua Maestà che gli scioperanti non avrebbero subito ritorsioni e che il Governo stesso si sarebbe impegnato per risolvere la crisi. La situazione di caos nelle miniere continuò però fino alla fine di Novembre, con i minatori che proseguirono lo sciopero in maniera indipendente, ed è certo che agli scioperanti più accesi fu impedito anche per diversi anni di riprendere a lavorare. In ogni caso, i minatori che ripresero il proprio posto furono costretti ad accettare turni più lunghi con stipendi più bassi.
Nel 1927 il Governo emanò una legge che impediva ai lavoratori di scioperare per solidarietà con i colleghi di altri settori, rendeva illegali i picchetti e impediva ai lavoratori dei settori di servizio di scioperare. Insomma, lo Sciopero Generale che avrebbe potuto essere la più importante manifestazione proletaria nella storia del Regno Unito si era trasformato in una completa e umiliante sconfitta dei lavoratori.
Cosa c’entra tutto questo con West Ham e Millwall? È semplice: mentre tutti gli operai dei Royal Docks, sulla sponda nord del Tamigi – ossia la zona di West Ham – aderirono allo sciopero, i portuali di Millwall continuarono a lavorare. Furono, insomma, tra quei “lavoratori volontari” che resero di fatto inutile lo sciopero indetto dal TCU. Ovviamente, i lavoratori che avevano scioperato rischiando il posto non la presero bene. Gli operai dell’East End, i proletari più proletari di tutta Londra, se la presero più degli altri e trasferirono l’ira nei confronti degli scozzesi del Millwall sulle gradinate del Boleyn Ground e del The Den. Le alterne fortune delle due squadre, comunque, hanno sempre evitato incroci diretti tra le tifoserie (solamente 25 incontri ufficiali in cento anni di storia), e negli anni Cinquanta l’odio tra i due club sembrava solo un ricordo. Nel corso del decennio successivo, però, la guerra scoppiò nuovamente. E anche questa volta, ebbe origine lontano dai campi di gioco.
La Londra degli anni Sessanta era in mano ai gangster. Due bande, in particolare, si dividevano la città: quella dei gemelli Kray, che aveva Londra est come proprio territorio, e quella dei fratelli Richardson, con base nella zona sud della Capitale.
Nel duro ambiente dell’East End del secondo dopoguerra, Ronnie e Reggie Kray iniziarono un racket protezionistico che li portò a occuparsi di furti, incendi e rapine a mano armata, e che permise loro di acquisire un piccolo impero di locali notturni e altre attività commerciali, ottenendo così un ruolo di primo piano nella Swinging London degli anni Sessanta. Le loro gesta ebbero grande eco sulla stampa dell’epoca e furono anche raccontate in un bel film del 1990 interpretato dagli ex Spandau Ballet Gary e Martin Kemp.
Molto più discreta ma non per questo meno violenta, la banda di Charlie ed Eddie Richardson negli stessi anni prese sotto il proprio controllo la sponda sud del Tamigi. Se i Kray facevano della pubblicità la fonte principale della propria reputazione ed erano interessati alla bella vita quanto al denaro, di rado la gang dei Richardson finiva sui giornali, anche se la zona sud di Londra era considerata “territorio indiano” per la completa impossibilità di far rispettare la Legge. Solo quando i due fratelli furono arrestati e processati divenne di dominio pubblico ciò che gli abitanti di South London già sapevano: oltre alla protezione dei locali notturni, i Richardson si dedicavano prevalentemente alle estorsioni e non andavano per il sottile quando si trattava di torturare le proprie vittime. È poi accertato che in tutta la loro carriera criminale Ronnie e Reggie Kray abbiano personalmente ucciso solamente tre persone, mentre per Charlie ed Eddie Richardson i morti si contano a dozzine.
In teoria, essendo Londra la grande città che è, non c’era nessun motivo per cui le due bande non avrebbero potuto coesistere. In realtà, invece, nel 1965 i gemelli Kray si ritrovarono in affari con uno statunitense che li aiutò a portare in Inghilterra una grossa partita di Buoni del Tesoro rubati in Canada in cambio della protezione dai Richardson. Da lì in poi l’attrito tra le due bande crebbe costantemente, fino a esplodere l’8 marzo 1966 con una sparatoria all’interno di un locale notturno sotto la protezione della famiglia Richardson. Il risultato di quella che fu definita la “Battaglia del Mr. Smith Club” fu la definitiva sconfitta dei Richardson, che furono arrestati dalla polizia e condannati nel susseguente processo.
Al di là dell’oggettiva difficoltà del vivere nella Londra di quegli anni, gli abitanti delle zone est e sud della Capitale portarono sulle gradinate degli stadi l’atteggiamento che le bande di gangster tenevano per le strade. La rivalità che era andata pian piano assopendosi tra Hammers e Lions esplose nuovamente. Questa volta non si trattava di far pagare ai crumiri il fatto di non aver scioperato, non era più solo la rivalità tra due gruppi di lavoratori: era una guerra tra due piccole “nazioni”, bisognava dimostrare di essere migliori degli altri, più duri, più fighi. Se la guerra tra i Kray e i Richardson terminò nella primavera del 1966, quella tra i tifosi che in quelle due gang in qualche modo si riconoscevano, si fece ancora più accesa, e toccò il suo picco nel decennio successivo.
Le stagioni calcistiche dei Settanta e degli Ottanta sono quelle che in Gran Bretagna videro lo sviluppo del fenomeno hooligan. Per quanto West Ham e Millwall, come detto, ebbero raramente modo di affrontarsi sul campo, la Inter City Firm e i Bushwackers cercavano di continuo occasione di scontro.
La dirigenza del Millwall certo non brillò per lungimiranza quando invitò al The Den proprio il West Ham per giocare la partita in onore di Harry Cripps, nel maggio 1972. Cripps era un rude ma corretto difensore centrale che aveva giocato anche nel West Ham ma che in 14 anni di carriera con i Lions disputò 436 partite ufficiali segnando anche 40 gol. Era un londinese alto e biondo, e al di là delle doti calcistiche questo suo look aveva senz’altro contribuito a farne l’idolo degli ultras di estrema destra della squadra. Quell’incontro del maggio ’72, sugli spalti come sul campo, fu tutto tranne che amichevole: fu anzi uno degli scontri più duri mai visti attorno a una partita di calcio.
All’epoca entrambe le tifoserie si ritenevano le più dure di Londra, forse dell’intera Inghilterra, e quella sembrò loro l’occasione giusta per chiarire definitivamente chi lo fosse davvero. Quello che in genere gli ultras vedevano come del sano teppismo, quella sera divenne una vera e propria guerra: non andavi allo stadio per partecipare a una rissa, ci andavi per cancellare i tifosi avversari dalla faccia della Terra.
Gli scontri nello stadio cominciarono violentissimi ben prima del calcio d’inizio, e debordarono in più di un’occasione dagli spalti al terreno di gioco. Alla fine della partita, gli incidenti si trasferirono all’esterno. Inizialmente proprio fuori dei cancelli, dove alcuni hooligan del West Ham pestarono a sangue tutti quelli che uscivano – senza distinzione – usando delle cesoie per lamiera, prima che la polizia a cavallo si decidesse finalmente a intervenire. Accompagnati a forza alla stazione della metropolitana, trovarono modo di far scoppiare un’enorme battaglia anche sul treno e da lì giù sulle banchine. Di nuovo, fu la polizia a disperdere i combattenti, ma alla fine di quella lunga notte i feriti gravi – di entrambe le fazioni – ricoverati in ospedale non si contavano.
Da lì in poi non ci fu via d’uscita, la guerra tra West Ham e Millwall era destinata all’escalation. Nel 1976 gli scontri tra le due tifoserie registrarono persino dei morti, ma i due gruppi di ultras continuavano a non perdere occasione per combattersi. Fortunatamente, la dura politica governativa in materia di sicurezza nel mondo del calcio che ha fatto seguito agli scontri di Luton Town del marzo 1985 (in cui furono coinvolti proprio i tifosi del Millwall), alla tragedia dell’Heysel e al disastro di Hillsborough del 1989 ha di fatto sciolto le bande più violente e messo fine all’hooliganismo direttamente legato al mondo del calcio e ai suoi luoghi. L’attrito tra i due gruppi di supporter non è però mai calato, tanto da rimanere – come accennato all’inizio – l’unica rivalità violenta dell’odierno calcio inglese.
Nel campionato di First Division 2003/04, Hammers e Lions si affrontarono per la prima volta da più di 10 anni. Il 28 settembre 2003 all’Upton Park finì 1-1, mentre il 21 marzo 2004 il Millwall vinse al New Den per 4-1. Prima della gara, però, gli scontri tra le due tifoserie costrinsero la polizia a cavallo a intervenire dai bordi del campo. Il 25 agosto 2009 le due squadre si affrontarono al Boleyn Ground nel secondo turno di Carling Cup, quando la doppietta di Junior Stanislas fu offuscata da tre invasioni di campo e un tifoso accoltellato. Niente di paragonabile a quella notte del maggio ‘72, per fortuna, ma come recitava un coro della ICF, «One man went to war, went to war with Millwall. One man and a baseball bat…»